Secondo Banca d’Italia, esiste una relazione tra economia e climate change. Nel 2100, l’aumento delle temperature nel Belpaese porterà a un calo del 4% del Prodotto Interno Lordo al Sud
Nelle scorse settimane, una fortissima ondata di caldo ha colpito l’Italia con temperature record: la Sardegna ha segnato i 48 gradi; la Sicilia, invece, sta cercando da giorni di domare gli incendi (spontanei e non); in Salento, in particolare nella marina di Ugento, le fiamme hanno costretto turisti e abitanti a evacuare l’area. Violente grandinate e trombe d’aria, invece, hanno colpito il Nord. Tutto questi eventi climatici estremi sono il risultato del climate change, provocato dalle azioni umane.
Oltre le (prevedibili) conseguenze negative per la salute, un altro aspetto della vita degli italiani sta peggiorando per colpa del caldo persistente: l’economia. L’impatto delle ondate di calore nei confronti delle finanze del Paese va oltre il calo del turismo:interesserà, infatti, anche la produzione nelle industrie, il sistema di costruzioni, i settori più esposti al caldo come l’agricoltura, addirittura il campo delle assicurazioni, che stanno cercando di adattare il loro lavoro a una richiesta sempre più intensa e a giornate ad alte temperature (killing degree days) sempre più frequenti.
Nello specifico, lo studio di Banca d’Italia, Dinamica delle temperature e attività economica in Italia: un’analisi di lungo periodo, ha calcolato l’effetto del caldo in Italia dal punto di vista economico, dimostrando che, in effetti, la questione ambientale non può essere solo d’interesse degli esperti ambientalisti: l’analisi ripercorre tutte le serie storiche annuali delle temperature a livello provinciale che si sono verificate tra il 1871 e il 2001, con annessi impatti economici. Le relazioni clima-economia sono state studiate, negli ultimi anni, con particolare attenzione: l’obiettivo è stato misurare le conseguenze della crisi climatica globale causata dall’essere umano, anche per stimarne gli effetti futuri; per questo, sono stati identificati dagli scienziati elementi e prove per gli ultimi 150 anni, ma anche previsioni riguardo gli aumenti delle temperature globali e il loro impatto sull’economia.
Nel 2021, l’Ipcc (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha dichiarato che la temperatura della superficie terrestre crescerà fino a metà secolo a causa delle emissioni. L’incremento del riscaldamento si aggirerà tra 1,5 e 2 gradi a meno che l’inquinamento e la quantità di CO2 prodotta non verranno ridotte drasticamente. Nel caso più estremo, la temperatura globale potrebbe aumentare di 4,5 gradi (al 2100).
L’economista Willliam Nordhaus ha evidenziato che circa il 20% della differenza di reddito tra i Paesi in via di sviluppo e quelli più industrializzati può essere imputato a fattori dovuti alla collocazione geografica e, conseguentemente, a temperature e precipitazioni
Inoltre, nel 2014 è stato scoperto come negli Stati ad alte temperature ci sia una riduzione del Pil di circa l’8,5%; l’anno dopo, invece, nel 2015, è stato realizzato un sistema di associazione per cui, a 1 grado di temperatura in più rispetto alla media, corrisponda un reddito pro capite inferiore dell’1,4% (per i Paesi a basso reddito).
Nel caso specifico dell’Italia, è stato rilevato che, in un eventuale scenario al 2050, dove l’aumento della temperatura raggiunga lo 0,9 gradi, si registi una riduzione del Pil in media dell’1%.
In generale, è stato previsto che nel 2100 il riscaldamento interesserebbe specialmente il Sud del Paese (ad un aumento della temperatura corrisponderebbe una riduzione del 4% del Pil) e un peggioramento del settore agricolo (con un calo del valore aggiunto fino al 35%).