La tempesta Vaia è un ricordo ancora vivido in chi l’ha vissuta, sono passati cinque anni ma i segni sono ancora evidenti nelle persone e sul territorio. Dopo tre giorni di forti piogge, la sera del 29 ottobre 2018 raffiche di vento fino a 200 chilometri orari colpirono in Italia il Trentino Alto Adige, il Veneto, la Lombardia e il Friuli Venezia Giulia. Otto morti e 8,6 milioni di metri cubi di legno abbattuti in pochi minuti per danni calcolati in quasi tre miliardi di euro. Ma che significato ha un evento così catastrofico nella vita di una comunità fortemente legata al bosco? Oltretutto ad Asiago dove in passato, a causa dei combattimenti della Prima Guerra Mondiale, il 60 per cento del patrimonio forestale era già stato distrutto?
Per il territorio di Asiago, la tempesta è stata pari a una seconda Prima Guerra Mondiale. Come allora si ripianta, ma stavolta con specie miste, così da evitare le stesse conseguenze del 2018 in caso di eventi estremi futuri. E si certifica bio
«Vaja ha scavato un solco nella memoria delle persone e, con le dovute proporzioni, c’è un parallelo con le vicende della Prima Guerra Mondiale» , dice Alberto Pauletto, communications manager Fsc Italia, associazione no-profit legata a Fsc International (organizzazione internazionale non governativa, indipendente e senza scopo di lucro, nata nel 1993 per promuovere la gestione responsabile di foreste e piantagioni). Così come al termine del conflitto è iniziata una massiccia opera di piantagione, anche oggi è in corso un’attività di ripristino. Il progetto “Oltre Vaia” – realizzato dal Comune di Asiago con il Dipartimento Tesaf dell’Università di Padova, Fsc Italia e Treedom – è un intervento sperimentale, il primo in Italia, per la ricostituzione del patrimonio forestale con l’obiettivo di favorire una maggiore biodiversità.
«Dopo la Prima Guerra Mondiale gli alberi furono piantati sulle rovine e fu fatto il primo grande sforzo della storia forestale di Italia ed Europa mettendo a dimora dieci milioni di alberi», racconta Daniele Zovi, scrittore e divulgatore, esperto di foreste e animali selvatici. La riforestazione fu fatta con l’abete rosso perché «dal punto di vista economico era il più redditizio». Ma un bosco di solo abete è fragile. All’epoca non si sapeva, «il bosco misto con tante specie diverse è un’idea recente che abbiamo imparato osservando le foreste vergini in giro per l’Europa e dagli studi ecologici», aggiunge Zovi. La tempesta Vaia è stata un fenomeno nuovo, «non era mai accaduto nella storia ma è stato anche un invito a ripensare al paesaggio», uno stimolo, secondo Zovi. Senza dimenticare il legame fortissimo della comunità con i boschi, «tutti hanno diritto a una quota di legna da ardere e per fare il tetto della casa», commenta ancora lo scrittore.
La nuova minaccia
Inoltre, alla perdita di 2.300 ettari di bosco in tutto l’Altopiano e 400 circa nel Comune di Asiago, si è aggiunto il Bostrico tipografo. Questo insetto dell’ordine dei coleotteri ha la caratteristica di mirare agli alberi indeboliti, deposita le uova sotto la corteccia da cui nascono le larve. Impedendo alla linfa di circolare, la pianta diventa secca nel giro di pochi mesi, oltre al fatto che il Bostrico apre la strada ad altri insetti. «È un attacco di grande virulenza. Per questo è importante l’intervento dell’uomo», conclude Zovi.
Strumenti per valorizzare
Anche Diego Rigoni, consigliere comunale delegato al Patrimonio Boschivo del Comune di Asiago, ricorda Vaia: «È stata un’esperienza che ci ha colpito molto emotivamente ma ci ha portato a fare scelte importanti. Il valore del patrimonio che abbiamo è immenso per i Comuni che vivono di questa economia ma bisogna ripensare a come saranno le foreste del futuro». Proprio con l’obiettivo di valorizzare il bosco e il territorio, è iniziato il percorso per la certificazione di Gestione Forestale Fsc che garantisce la gestione responsabile delle aree boschive secondo alti standard ambientali, sociali ed economici. Poi ottenuta nel marzo 2018. «L’idea è nata perché le ditte boschive della zona avevano la richiesta di materiale certificato Fsc ma dovevano andare all’estero per acquistarlo», racconta Rigoni. Da qui la decisione di valorizzare e promuovere il territorio in modo sostenibile anche attraverso il progetto «Asiago Go Green». Come spiega Rigoni, «nell’ottica di mettere a disposizione dei cittadini e dei turisti un ecosistema sostenibile, ad agosto abbiamo incominciato un percorso di certificazione bio dei pascoli per poi allargarlo alle ottantatré malghe» a cui si aggiungeranno altre certificazioni dei servizi legati al bosco.
La nuova messa a dimora
Nel 2020 è iniziata poi la prima fase del progetto sperimentale «Oltre Vaia». Un’area di tre ettari sulla cima del Monte Mosciagh, sull’altopiano di Asiago, in parte è stata destinata alla messa a dimora di circa 6mila piantine e in parte lasciata all’evoluzione naturale. Èun laboratorio a cielo aperto dove si è puntato sulla diversificazione. Non più solo abete rosso, come avvenuto dopo la Prima Guerra Mondiale, ma anche abete bianco, faggio, betulla, larice, sorbo e altre specie autoctone. «Oggi si cerca di simulare la dinamica di un bosco ma ci vorranno almeno dieci anni per capire se le piante hanno attecchito», spiega Marco Pellegrini, dottore agronomo e forestale Studio Tecnico Pellegrini. Il progetto vuole essere un esempio di come sia possibile ricreare e aumentare la biodiversità e il sito è diventato anche un laboratorio didattico dove studenti o turisti, grazie anche alla presenza della cartellonistica, possono comprendere l’evoluzione delle foreste. «Dopo Vaja ci sono stati altri tre eventi nei Comuni locali. Forti temporali e venti saranno fenomeni sempre più frequenti, i danni ai patrimoni forestali saranno sempre maggiori», conclude Pellegrini. Bisogna farsi trovare preparati ai cambiamenti in atto.
di Maria Elena Viggiano