Categorie: Editorial
Tipo di Contenuto: energia | europa | Transizione energetica
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Il sentimento di un’Europa unita non può essere una variante della storia. Nei paesi che oggi compongono il Parlamento europeo e gli organismi collegati, espressione di volontà popolare, è urgente rafforzare alcuni pilastri. Sembra scontato, non lo è, ma gli egoismi nazionali non producono mai nulla di buono. Unità è senso di appartenenza.  In una crudele e immaginaria lista dei disastri provocati dalla guerra in Ucraina, dopo le migliaia di morti e feriti, le deportazioni di bambini, le devastazioni di città e villaggi, bisognerebbe inserire il tema degli approvvigionamenti di energia. Fino all’invasione dell’Ucraina i tre quinti dell’Europa dipendevano dalle importazioni di gas dalla Russia con contratti e negoziazioni dirette. Nessuno, o solo qualche leader, poteva immaginare che Vladimir Putin avrebbe aggredito un paese frontiera con l’Europa gettando nello scompiglio il mondo intero. La questione energetica era marginale poichè l’Europa per combattere i cambiamenti climatici aveva elaborato un piano pluriennale con la fuoriuscita dai combustibili fossili e quindi la progressiva riduzione di importazioni di gas. Dove siamo arrivati oggi a metà del 2024 ? Siamo al punto spiegato da Mario Draghi nel ricevere il Premio Europeo Carlo V dalle mani del re Felipe VI di Spagna. Se l’Europa vuole continuare a crescere e avere un futuro prospero deve assicurarsi l’energia. Deve creare un mercato unico che accresca la competitività e il benessere. Pochi giorni dopo l’elezione del nuovo Parlamento Draghi ha messo sull’avviso la leadership Ue dai rischi di una frammentazione nazionale su un tema irreversibile. L’Europa conta 450 milioni di consumatori, decine di migliaia di imprese e le sfide climatiche ed energetiche reclamano un “livello di cooperazione e coordinamento tra gli Stati membri dell’Unione Europea mai visto prima”. Draghi sa bene che tra i 27 ci sono differenti vision sul futuro ma la transizione verde è di un’importanza cruciale. Va difesa anche con l’imposizione di dazi doganali per bloccare concorrenza sleale. Conta spiegarlo bene ai cittadini europei in quanto le tecnologie verdi o le automobili elettriche made in Cina, sono compatibili con la transizione green, ma inconciliabili con una progressione produttiva dell’industria europea. Anche le guerre commerciali non giovano alla pace e al rispetto del pianeta. Tuttavia il gas, energia privilegiata dello sviluppo europeo per cinquant’anni- non arriverà più con le stesse condizioni commerciali degli anni scorsi. Si è chiusa un’era e le tecnologie per salvaguardare l’ambiente, i posti di lavoro, avere innovazione, devono essere sostenibili. L’Europa è in ritardo sull’installazione di nuova capacità di energia pulita e solo da qualche mese la Commissione ha autorizzato i paesi membri a cercare materie prime critiche. Tutto ciò che la Commissione guidata da Ursula von der Layen ha lasciato alla prossima che si insedierà, va ripreso, evidentemente aggiornato. I nuovi deputati hanno a disposizione decine di dossier e norme da far rispettare. Le opzioni nazionaliste, che sfruttano combustibili fossili, nascondono malamente le responsabilità sulla salute umana, attaccano la credibilità della scienza sui cambiamenti climatici, sono destinate a cadere. L’Europa, come dice Mario Draghi, ha a cuore “i valori di equità sociale, inclusione e l’indipendenza del continente”. Più chiaro di così.

 

di Nunzio Ingiusto