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Quando pensiamo a Oakley, la mente va subito a occhiali sportivi realizzati con un design che sfida le convenzioni. Dietro a un prodotto così iconico c’è una storia di audacia e innovazione.

Per scoprirne le origini ho visitato la sede centrale a Foothill Ranch, in California, dove incontro Davide Pegoraro, Product Development Manager all’interno del team di Engineering. Davide lavora in Luxottica da cinque anni e si è trasferito negli Stati Uniti nel 2022. Mentre mi guida nel museo del brand californiano, mi racconta prima il mito dell’azienda e poi la sua esperienza come espatriato.

Oakley fu fondata da James Jannard nel 1975. Il nome dell’azienda deriva dal suo cane, un setter inglese chiamato appunto Oakley. Curiosamente, il primo prodotto venduto da Jannard non era un paio di occhiali, ma una serie di manopole da motocross. Queste impugnature erano realizzate in Unobtanium, un materiale innovativo che l’azienda utilizza ancora oggi per diverse componenti dei suoi occhiali. Lo slogan iniziale della compagnia, “Almost an unfair advantage” (quasi uno svantaggio sleale), rifletteva l’innovatività del prodotto e l’audacia dell’attività.

Dopo aver venduto materiali e mascherine Googles da motocross, il primo vero prodotto rivoluzionario di Oakley nel settore degli occhiali fu l’ “Eyeshades” del 1984. L’idea nacque mentre Jannard stava guidando lungo la Pacific Coast Highway, la strada che unisce San Francisco a S. Diego. James si rese conto che la luce del sole entrava lateralmente attraverso le lenti normali, causandogli fastidio. Per risolvere il problema, si mise al lavoro per creare il primo occhiale avvolgente, capace di offrire una protezione completa dalla luce solare. Utilizzando una lente presa da una mascherina da motocross, la tagliò e la modellò, aggiungendovi delle aste ricavate da una gruccia per abiti, che si adattavano perfettamente alla curva dell’orecchio. Nacque così un prodotto rivoluzionario che non aveva precedenti sul mercato.
Nel 1985 si aggiunsero alla collezione i “Frogskins”, degli occhiali da sole lifestyle colorati che tuttora sono venduti in larga scala.
Negli anni successivi, Oakley continuò a innovare. Durante gli anni’90, l’azienda introdusse la linea “X- Metal”, caratterizzata da montature in metallo con design organici, realizzati tramite un complesso processo di fusione a cera persa. Questi occhiali, come i “Mumbo” e altri modelli iconici, contribuirono a consolidare Oakley come un leader nel design di occhiali sportivi e prodotti high-tech.

Questo momento cruciale per la storia del brand venne raccontato attraverso l’iconica campagna di marketing che aveva come protagonista il personaggio di Max Fearlight. Il lancio pubblicitario evocava un futuro distopico in cui l’umanità viveva in un bunker per proteggersi da un disastro termonucleare, con Oakley che offriva occhiali in grado di proteggere dai raggi UV e dalle condizioni ostili. La narrativa, che combinava immaginario futuristico e funzionalità tecnologica, ha lasciato un’impronta indelebile nel brand.
Un cambiamento significativo avvenne nel 2007, quando Oakley fu acquisita da Luxottica. Questo portò a un’espansione della capacità produttiva e del design, mantenendo tuttavia la produzione di occhiali finiti in California. Oakley ha continuato a innovare, utilizzando tecnologie avanzate come la stampa 3D.


Oggi l’azienda californiana sta riprendendo il suo passato per raccontare il marchio nato nel 1975 e traghettarlo nel futuro. Brian Takumi, vicepresidente di Creative & Soul di Oakley, ha realizzato una serie di video chiamata “Future Genesis” che riprende quella del ’92.

Il payoff del brand è alquanto efficace “Designed for the future, delivered to the present” e mostra quanto il marchio sia improntato all’innovazione e a una continua ricerca di prodotti basati sulle reali necessità dei clienti, sportivi e non.

Dopo avermi raccontato la storia di Oakley, Davide mi parla della sua avventura negli States.

Qual è il tuo background professionale?

Mi sono formato come ingegnere meccanico al Politecnico di Milano, svolgendo poi un talent program di 6 mesi in Luxottica nel 2018/2019. Una volta assunto con un contratto di apprendistato, ho lavorato presso la sede di Agordo fino a maggio del 2022.

Inizialmente, nel Bellunese, ho lavorato nello sviluppo del prodotto all’interno dell’ufficio tecnico occupandomi di progettazione CAE avanzata e ricerca sui materiali, passando successivamente a supervisionare un team composto da 6 persone. Dopo il primo triennio in Luxottica, ero alla ricerca di un contesto dove poter ampliare il mio orizzonte lavorativo con l’ambizione di occupare un ruolo manageriale e strategico. Quando si è aperta un’opportunità negli States in Oakley, non ci ho pensato due volte.

Una volta in USA, ho ricoperto la figura di Senior Product Development Engineer progredendo in un anno e mezzo fino all’attuale ruolo di Product Manager responsabile dei modelli del brand prodotti fuori dalla California. La parte che più mi appassiona è guidare lo sviluppo dei prodotti dalla fase iniziale di design al lancio dei primi lotti in produzioni, cercando sempre nuove soluzioni.

 Quali sono gli elementi distintivi del tuo lavoro qui in America ?

Uno degli aspetti peculiari riguarda l’innovazione e la propensione al rischio. Nello specifico quando si realizza un nuovo progetto, questo viene concepito da zero, permettendo il fiorire di nuove idee. A seconda delle situazioni queste possono funzionare o meno, ma la cultura del rischio è vista in maniera positiva e il fallimento fa parte del processo. Si sperimenta, si prova, si studia un piano B in parallelo, nel caso le cose dovessero andare male. Un’altra caratteristica è il lavoro di team. All’interno di esso si sviluppano idee disruptive e contagiose. Una volta segnata la strada, tutto il reparto lavora in unica direzione. In un motto “Team work makes the dream work”.

Nel mio nuovo contesto lavorativo internazionale ho dovuto adattarmi in tempi rapidi a un ambiente molto dinamico e ricco di stimoli differenti.

Hai un consiglio di un libro e un podcast che ti hanno permesso di entrare meglio in sintonia con la realtà Americana?

Il libro è “Greenlights” di Matthew McConaughey da cui ho estratto il mantra “Less impressed, more involved”. La frase per me significa che quando ci si ritrova in un ambiente nuovo e vengono a mancare delle certezze è fondamentale non farsi sopraffare dalla paura. E ‘importante non essere uno spettatore passivo ma un attore coinvolto che accetta la sfida che gli si pone di fronte.

Il podcast è di Francesco Costa, “Da Costa a Costa”, un programma che spiega la società americana con spirito critico e disincantato da parte di un giornalista innamorato degli States.

Come viene percepita la pratica sportiva da dipendente in Oakley?

Un aspetto che mi ha permesso di sentirmi maggiormente incluso è l’attività outdoor, molto presente nella cultura di Oakley. Da appassionato di BMX, bici e surf ho trovato un luogo perfetto dove condividere gli sport nel tempo libero. Lavorare in una realtà dove in pausa pranzo si fa un giro in mountain bike, nelle montagne dietro la sede di Foothill Ranch rappresenta un sogno. L’essenza di Oakley può essere racchiusa in una nostra frase pubblicitaria “Our R&D department works weekends”. Questa frase significa che l’area ricerca e sviluppo testa i propri prodotti nella pratica degli sportivi nei fine settimana ed in maniera del tutto genuina.

Quale consiglio daresti a un giovane che sogna di vivere la tua stessa esperienza?

Non è sicuramente un’avventura per tutti. Ma se una persona coltiva l’ambizione di vivere e lavorare in un contesto del genere, suggerisco con decisione di provarci. 

Alla fine del giro dell’azienda Davide ricorda sé stesso, tre anni fa, quando ha preso quel volo per la California che gli ha cambiato la vita. E mostrandomi con un occhio emozionato le prime manopole da motocross, da cui è nato il mito di Oakley, mi trasmette l’essenza del suo lavoro: raccogliere i sogni dei designer e tradurli in realtà.

 

di Marco Camporese