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Centonovantasei croci. Sono quelle che il 21 ottobre potrebbero trovare i delegati riuniti a Cali per la sedicesima conferenza delle parti (Cop16) al summit delle Nazioni Unite per la Biodiversità. Sono le croci che ricordano gli ambientalisti uccisi soltanto nel corso del 2023 in tutto il mondo. E ben un terzo di questi sono stati assassinati in Colombia. Lo rivela l’ultimo rapporto della Ong Global Witness, che dal 2012 monitora gli attacchi a attivisti che combattevano contro le miniere illegali, indigeni che dall’Indonesia al Brasile difendevano l’ambiente dalle multinazionali della deforestazione, ricercatori in lotta per fermare le ruspe in Amazzonia.

Il triste record della Colombia. Sono ormai oltre 2 mila e 100 le vittime contate dal primo rapporto di Global Witness e degli attivisti uccisi nel 2023 ben il 43% appartenevano a comunità di indios; il 90% erano uomini. Davanti a simili numeri appare debole e ancora vano l’appello di Gustavo Petro, presidente della Colombia, perché si ponga fine al massacro e ai tanti altri atti di violenza contro gli ambientalisti. Nel sud-ovest del suo Paese, chi difende le foreste finisce spesso nel fuoco incrociato delle organizzazioni criminali che controllano la coltivazione e il traffico della coca. E più in generale – evidenzia Global Witness – oltre il 70% delle vittime dell’anno scorso – ben 166 – sono state uccise tra Colombia, Brasile (25), Messico (54) e Honduras (18), Nicaragua (10). Proprio la Colombia è passata dalle 33 vittime del 2021 alle 60 del 2022, alle 79 dello scorso anno: con un totale di 461 omicidi di attivisti fra il 2012 e il 2023, il governo di Bogotà deve far fronte al triste primato del Paese più letale del mondo per numero di ambientalisti uccisi. Vittime degli squadroni della morte assoldati spesso dall’industria delle miniere si contano anche in Guatemala (4) e a Panama (4). Nel complesso, ben 23 dei 25 omicidi di ambientalisti sicuramente collegati allo sfruttamento minerario sono stati registrati in America Latina.

L’ultima vittima dell’anno Uno degli ultimi combattenti per la foresta assassinati nel 2023 è stato Quinto Inuma, un indio peruviano leader della comunità Kichwa, ucciso all’inizio di dicembre in una zona remota della regione settentrionale di San Martin. Lo hanno freddato a colpi di pistola dopo averlo più volte picchiato e minacciato per la sua battaglia in difesa dell’Amazzonia. Anche dall’altra parte del globo la situazione non è meno grave: attacchi mortali contro gli attivisti verdi vengono sferrati nelle Filippine (17 vittime nel 2023), in Indonesia (5) e in India (3), dove spesso chi si ribella ai reati contro la natura – chi si batte contro il devastante impatto di alcune industrie, contro il furto di terre, contro il taglio indiscriminato delle foreste – viene rapito e picchiato, come prima forma di avvertimento. E chi insiste nelle battaglie green può essere eliminato. “Anche dopo il rilascio seguito al nostro rapimento, le minacce sono continuate. Stiamo affrontando difficoltà nel tornare alle nostre case e comunità. Stiamo ancora subendo sorveglianza e intimidazioni” racconta . Jonila Castro, un’attivista filippina rapita nel 2023 con altri attivisti dall’esercito filippino e oggi minacciata di processo e detenzione.

Messi a tacere, anche in Europa e Usa Il rapporto di Global Witness non trascura di evidenziare il crescente clima di intimidazione contro gli ambientalisti: se non puoi essere eliminato, devi essere messo a tacere. Gli attacchi per togliere voce ed eco ai combattenti green mettono in discussione la difesa della protezione dell’ambiente e dei diritti delle persone . “La devastazione ambientale e le violazioni dei diritti umani sono interconnesse, entrambe sostenute dai governi e dai sistemi estrattivi che difendono”, evidenzia il rapporto. E “la repressione degli attivisti green cresce anche in Gran Bretagna, in Europa e negli Stati Uniti, dove le leggi vengono sempre più utilizzate come armi contro i difensori della Natura” e dove vengono sempre più spesso imposte dure condanne a coloro che hanno avuto un ruolo nelle proteste sul clima.

Proteggere gli ecosistemi per frenare il climate change Una situazione resa ancora più grave dall’urgenza di combattere i cambiamenti climatici proteggendo gli ecosistemi: “Violenze, intimidazioni, omicidi sono all’ordine del giorno mentre noi ci battiamo per mettere un freno a quelle attività responsabili di accelerare il surriscaldamento globale”, sottolinea Laura Furones, coordinatrice del team che ha steso il rapporto di Global Witness, in un messaggio rivolto ai delegati da tutto il mondo che si riuniranno a Cali. “Gli attivisti green e le loro famiglie sono essenziali per la difesa dell’ambiente dall’aggressione delle industrie. Non possiamo sopportare né tollerare ulteriori perdite di vite umane”.

di Luca Zanini

Fonte:  https://www.corriere.it/pianeta2030/24_settembre_10/ambientalisti-assassinati-2023-b9f3f879-5160-4739-9ae2-22123de44xlk.shtml