In prima fila, i due presidenti di Confindustria Bergamo e Brescia, due città che – ha ricordato Giovanna Ricuperati, timoniera di Confindustria Bergamo – si collocano rispettivamente al secondo e al primo posto nella classifica “dei 170 territori ad alta densità manifatturiera; se fossimo una sola provincia saremmo primi in Italia in metallurgia, macchinari, prodotti in metallo, gomma, plastica, e secondi in chimica, tessile, mezzi di trasporto esportando 41 miliardi di valore”. In platea c’era la summa dell’imprenditoria locale, al Kilometro Rosso di Bergamo per accogliere Mario Draghi intervenuto sui temi caldi del noto Rapporto sulla competitività europea commissionatogli da Ursula von der Leyen.
Introduzione affidata al padrone di casa, Alberto Bombassei (Brembo), seguito dal rettore dell’Università cittadina, il direttore dell’IIT di Genova, dell’Istituto Negri e del Kilometro Rosso, che ha colto l’occasione per ricordare che “i 350 milioni destinati dal Pnrr al trasferimento tecnologico non sono arrivati ai parchi tecnologici”. E da qui parte l’intervento dell’ex presidente Bce e del Consiglio, perché il futuro dell’Europa- tema del Rapporto – passa dall’innovazione. Fra noi e gli Usa c’è una distanza ampia quanto l’Oceano in tema di investimenti in innovazione. “Nel nostro paese ad essere all’avanguardia nella spesa per ricerca e innovazione sono le case automobilistiche, una situazione che negli Usa si è verificata vent’anni fa: oggi in America queste imprese sono hi-tech. L’interscambio tra università e imprese negli Stati Uniti è continuo: i professori trascorrono periodi di studio all’interno dei centri di ricerca. Ogni anno negli Stati Uniti le aziende private spendono in ricerca e sviluppo 280 miliardi di dollari in più di quelle europee”, dice Draghi.
Se l’Europa vuol tener testa ai due giganti d’Oriente e Occidente deve essere coesa, se è difficile una sinergia fra tutti gli Stati, è auspicabile almeno un interscambio fra “gruppi di Paesi, meglio sarebbe andare tutti assieme ma ora è più importante decidere e agire”. Il Rapporto “indica cosa fare”, viceversa “decresceremo felicemente e felicemente diventeremo più poveri”, la chiosa finale, seguita da uno scroscio d’applausi che solo il presidente Sergio Mattarella raccoglie dal palco reale a ogni Prima della Scala.
Se fino a “a tre-quattro anni fa, parlando con politici e industriali, c’era un senso di tranquilla sicurezza, questa percezione è cambiata ed è diventata ansia, consapevolezza che occorre agire, decidere. Il senso di allarme di quanto terreno abbiamo perso è diventato sempre più pressante. Negli ultimi cinque anni il mondo è cambiato, e per noi Europei non in meglio”, rimarca Draghi. Che sgombra il campo dai dubbi e si pone dunque risponde alla domanda-mantra: “Si potranno fare tutte le cose suggerite”? La risposta complessiva è sì, “sono ottimista”. Per accelerare l’innovazione tecnologica in Ue servono 800 miliardi annui, lo ha stimato la Commissione Ue e la Bce, e si basa su “impegni annunciati e obiettivi approvati”, le indicazioni sono indirizzate alla Commissione europea che le ha già accolte inserendo alcuni punti nelle lettere consegnate ai singoli commissari (ndr scelti da von der Leyen e incaricati il 17 settembre). Certo, è necessario un mercato unico dei capitali per poter investire, emettere, finanziarsi, prendere mutui, su scala europea, in sintesi per mobilizzare la cascata di miliardi pari al doppio del Piano Marshall.
Draghi passa al tema dell’energia, da due a quattro volte più cara di Usa e Cina, a fronte di un’Europa che coltiva gli obiettivi di cambiamento climatico più ambiziosi della Terra. Per cui se è vero che la decarbonizzazione è da intendersi non come ostacolo, semmai come stimolo alla crescita, è vero che un ostacolo c’è e scaturisce dal “disallineamento delle politiche finalizzate alla concorrenza e alla competitività. Nel campo delle tecnologie di decarbonizzazione siamo all’avanguardia: il 25% dei nuovi brevetti sono europei. Il primo interesse comune a livello europeo deve essere la costruzione di reti, il progetto strutturale più urgente”. Al settore automobilistico — continua Draghi —, l’Ue ha chiesto di rispettare certi obiettivi, senza chiedere la stessa cosa ai fornitori di energia. Non sono state costruite le reti, con perdita di energia del 40%”.
Altro nodo cruciale: la semplificazione. La Commissione deve semplificare tante normative degli ultimi 20 anni, per esempio “nel campo digitale ci sono due leggi che si sovrappongono e a causa degli obblighi burocratici non gestibili rendono la vita difficile, se non impossibile, alle Pmi che tentano di entrare nel mondo dell’IA. L’idea è di creare un ufficio attraverso il quale vengano filtrati i regolamenti per capire se questi effettivamente aumentino la competitività o se sia meglio che la commissione deleghi ai singoli paesi”.
di Piera Anna Franini
Fonte: https://forbes.it/2024/09/20/mario-draghi-per-l-innovazione-tecnologica-ue-servono-800-miliardi/