Paragonata a Greta Thunberg, la fondatrice di Encode Justice ha una strategia molto diversa. Ma l’obiettivo è lo stesso: far sentire la voce della Gen Z su temi critici per il futuro
La prima notorietà l’ha ottenuta nel 2020, quando Sneha Revanur, a soli 15 anni, ha partecipato attivamente alla campagna per bloccare la Proposition 25 in California: una proposta di legge che avrebbe sostituito la libertà su cauzione con una valutazione di rischio affidata a un sistema di intelligenza artificiale.
Troppo elevati i pericoli in termini di discriminazioni ed errori – ormai noti da anni – per permettere che decisioni così delicate e con ricadute così importanti venissero automatizzate. Da quell’esperienza, conclusasi con successo, è nata la ong Encode Justice, fondata da Sneha Revanur non solo per combattere contro i pericoli legati all’utilizzo dell’intelligenza artificiale, ma soprattutto per assicurarsi che, sul tema, la voce della Generazione Z venga ascoltata.
Nata a San Jose, nel cuore della Silicon Valley, nel 2004, Revanur fa infatti parte a pieno titolo della generazione “nativa digitale”. Quella che, nel bene e nel male, dovrà quindi fare i conti con le conseguenze a lungo termine delle innovazioni tecnologiche che stiamo in questi anni sviluppando in tutta fretta.
Cosa fa la sua associazione
Il focus di Revanur e di Encode Justice sulle discriminazioni e l’abuso dei sistemi algoritmici fa intuire come i rischi contro i quali si batte abbiano poco a che fare con i fantascientifici “scenari Terminator” che vengono spesso evocati. Così come aiuta a inquadrare meglio la questione anche il parallelismo – fatto dai movimenti giovanili che si occupano di tecnologia – con i social media, a cui è stato permesso per oltre un decennio di non fare i conti con il loro impatto negativo e che sono oggi accusati, tra le altre cose, di aver compromesso il benessere psicologico dei più giovani.
È proprio l’attenzione sulle ricadute che le (mancate) decisioni di oggi possono avere sulle generazioni di domani ad aver fatto sì che Sneha Revanur – che oggi frequenta il secondo anno del Williams College, in Massachusetts – venisse soprannominata la “Greta Thunberg dell’intelligenza artificiale”.
In realtà, la sua associazione Encode Justice (800 membri in 30 paesi del mondo e finanziata principalmente dal fondatore di eBay, Pierre Omidyar) segue modalità d’azione molto differenti dai Fridays for Future e ancor più dai gruppi radicali come Extinction Rebellion. Lo si è notato una volta di più lo scorso anno, quando Encode Justice e altri movimenti hanno inviato una lettera al Congresso degli Stati Uniti chiedendo di essere maggiormente inclusi nei processi decisionali relativi all’intelligenza artificiale.
Un approccio quindi meno conflittuale e più collaborativo, scelto anche alla luce della mancanza di competenze che spesso Revanur e i suoi compagni hanno rilevato nei loro confronti con i politici. “Parliamo quasi sempre con personale della Giustizia o del Commercio”, ha spiegato Revanur sottolineando la necessità di una classe politica ferrata direttamente in materie tecnologiche.
La rivoluzione dell’AI generativa
L’avvento delle intelligenze artificiali generative in stile ChatGPT ha inoltre reso, secondo Revanur, ancora più urgente l’azione della sua e delle altre associazioni, portandole a focalizzarsi anche sui rischi di manipolazione da parte dei deepfake e sugli usi scorretti o pericolosi di una tecnologia alla quale ci affidiamo sempre di più per svolgere compiti e mansioni di ogni tipo.
“L’intelligenza artificiale dovrebbe essere progettata per soddisfare i bisogni dell’essere umano ed essere responsabile nei nostri confronti. Senza il nostro intervento, la AI potrebbe presentare gravi rischi per la nostra società, economia e democrazia. Abbiamo bisogno di una supervisione attenta per controllare il suo sviluppo”, ha spiegato sempre Revanur parlando con il Times of India.
Se la situazione dovesse peggiorare, e soprattutto se dovessero esserci segnali che questa tecnologia stia in qualche modo sfuggendo al nostro controllo, Revanur non esclude nemmeno di cambiare il suo approccio collaborativo: “Sicuramente possiamo espanderci anche nella direzione dell’azione diretta, perché abbiamo tantissimi giovani che agiscono sul territorio”.
Nonostante sia stata inserita da Time nella lista delle 100 persone più influenti nel campo dell’intelligenza artificiale, e nonostante il tema sia di enorme attualità, Sneha Revanur ed Encode Justice devono ancora conquistare l’enorme attenzione mediatica ottenuta da Greta Thunberg e dai Fridays for Future.
Non è però da escludersi che, in futuro, le loro azioni possano convergere: uno dei temi più sottovalutati nel dibattito sull’intelligenza artificiale riguarda infatti le enormi emissioni causate da questa tecnologia, il cui impatto ambientale non può più essere sottovalutato. Potrebbe essere l’unione tra due battaglie politiche di fondamentale importanza: quella per il pianeta e quella contro l’abuso dell’intelligenza artificiale.
di Andrea Daniele Signorelli