Tipo di Contenuto:
Tempo di lettura: 3 minuti

Nellelenco dei 17 goal dellAgenda 2030 ONU per lo sviluppo sostenibile, ogni obiettivo ha la sua pagina dedicata, tranne uno: lultimo. Proprio al 17° sono dedicate due facciate in cui si preme, si calca, sullaiuto che i paesi sviluppati dovrebbero dare ai paesi in via di sviluppo, sul piano finanziario e (eco)tecnologico. Partnership per gli obiettivi, che tradotto con altri verbi vuol dire cooperare, concordare, aiutare, sostenere, rispettando la coerenza macro-economica e le politiche interne ed esterne, nel rispetto della sovranità statale. Obiettivo: eliminare la povertà e promuovere lo sviluppo sostenibile.

Si ammetta e si conceda con qualche riserva tali obiettivi; tuttavia, sempre di obiettivi si tratta. Il che non presuppone nulla di controproducente, se non fosse che lutilitarismo con il quale si perseguono, e le parole utilizzate – perlopiù volte a circoscrivere tale centralità – mancano di un afflato rivoluzionario; non per la rivoluzione in sé, ma per il bisogno di cambiare metodo, e valori, volti a una presunta sostenibilità globale.

Non più luomo, ma una sigla, è la misura di tutte le cose, con buona pace di Protagora. Per esempio, al punto 17.2: I Paesi sviluppati adempino pienamente ai loro obblighi di aiuto pubblico allo sviluppo, tra cui l’impegno da parte di molti Paesi sviluppati di raggiungere l’obiettivo dello 0,7 per cento di APS/RNL per i Paesi in via di sviluppo e da 0,15 a 0,20 per cento di APS/RNL per i Paesi meno sviluppati; i donatori di APS sono incoraggiati a prendere in considerazione la fissazione dellobiettivo di fornire almeno 0,20 per cento di APS/RNL per i Paesi meno sviluppati.

APS e RNL, ovvero Aiuto Pubblico alla Sviluppoe Reddito Nazionale Lordo– nel caso non foste avvezzi alle nomenclature – in rapporto tra loro indicano lammontare percentuale di quanto un paese del Primo mondo dovrebbe, o potrebbe, investire in aiuti alle nazioni meno abbienti. Detto, fatto: lobiettivo numerico stabilisce quel vertice, punto dincontro, tra due Paesi diversamente sviluppati, prevedendo poi lattuazione di politiche coordinate volte – si presume – a non dilapidare tale punto di partenza economica, ma di sfruttarlo in maniera adeguata per sopraggiungere allautonomia statale di un Paese altrimenti più sfortunato, o meno propenso a questo sviluppo (occidentale); si vada a sapere poi perché vi è un discrimine tra Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo, e quali sono i parametri che stabiliscono il confine.

Il resto, è tutta politica, tutta cooperazione internazionale, fatta di grandi parole e, di nuovo, di obiettivi morali a lungo termine – inclusione, libertà, legge, partenariato multilaterale – che non tengono conto dellaltra faccia della stessa medaglia etica: la strada da percorrere tra noi e quegli obiettivi. Una deontologia, in termini filosofici, che stabilisca le regole con le quali stare al mondo – anche e soprattutto a livello politico – e che possano catalizzare le finalità collaborative auspicate nel goal 17. Una deontologia che non si può fermare, kantianamente parlando, al solo pensiero dei principi primi dettati dalla ragione; piuttosto, attraverso i piani emotivi, dal singolo individuo allintera comunità, che diano esperienza di come la vita non sia (ancora) solo valutazione economica e strumenti tecnologici, ma anche sentimenti.

Il che non significa trasformare il mondo in un grande abbraccio collettivo e un voemose ben, a prescindere da tutto. Significa tener conto che il ricco non aiuterà il povero solo perché ha la possibilità di farlo, ma vorrà un tornaconto; significa realizzare che il conflitto morale non si ha tra bene e male, ma tra diversi modi di intendere il bene; che lemotività di un essere umano varia tra positività e negatività, ma nessuna di queste è da scartare a prescindere, dipende dal loro utilizzo sul piano relazionale e sulla comprensione che si ha luno dellaltro.

La Partnership per gli obiettivi sarebbe quindi meglio comprensibile se divenisse una partnership per strade intraprese, tenendo conto del fine ultimo – il vivere bene collettivo – e ricercando passo passo quale sia il modo migliore, nellautonomia di una singola comunità, e nel rispetto dei suoi spazi vitali (dove lintervento economico non diventi uningerenza finanziaria). Non solo un obiettivo, ma una strada moraleda perseguire insieme a un altro, dove lalterità” è chiunque abbia la voglia, e lintenzione, di percorrere un tratto in compagnia. Se non altro per restare umani, allinterno di quel più ampio fine denominato sviluppo sostenibile.

 


di Damiano Martin