Qualcuno nella stanza dei bottoni ha già deciso: recessione sia! E non (soltanto) perché il mondo si avvia verso una lunga fase di tensioni geopolitiche che possono degenerare in vere e proprie guerre regionali o peggio (anche perché a farle bisogna sempre essere in due e non è così certo che ci si arrivi), bensì soprattutto perché gli economisti della Federal Reserve Bank of America (FED) hanno fatto e rifatto i loro conti e hanno scoperto (bontà loro, da noi bastava chiedere alla sciura Maria) che per combattere seriamente l’inflazione che loro stessi hanno scelleratamente generato (e che loro stessi hanno deliberatamente ignorato lo scorso anno, quando era oramai cosa fatta) ci vorrà una cura da cavallo basata sul combinato disposto di due farmaci micidiali: tassi alti per riportare i rendimenti reali in territorio positivo e repressione monetaria, per ridurre il livello di indebitamento complessivo del sistema globale.
GLI EFFETTI DELLA CURA DA CAVALLO
Il che equivale a dire che -a meno di avere mal interpretato ciò che essi intendono- andiamo incontro ad almeno due anni di crescita economica negativa conclamata. E visto che i tassi alti e la decrescita (infelice) comporteranno forti dubbi circa la tenuta degli ingenti debiti pubblici occidentali, magari anche qualche default di stato! Se non è questa una cura da cavallo è solo perché forse si addice di più ai pachidermi e agli ippopotami…
Il punto è che forse l’andamento delle borse poteva, fino ad oggi, essere considerato scollegato rispetto a quello dell’economia reale, ma se a farla traballare ci sarà una decisa impennata dei tassi d’interesse allora non soltanto le valutazioni dei titoli azionari quotati, bensì l’intero mercato finanziario, potrebbe subire uno scrollone di quelli memorabili! Possibile che a tavolino si sia deciso di agire in maniera così radicale? Ed è possibile che ciò avvenga senza alcun timore di generare, a sua volta, onde d’urto significative a livello politico, sociale e persino geopolitico (molti paesi del terzo mondo rischiano di tornare a fare la fame)?
LE CONSEGUENZE
Sembra che ciò non sia soltanto possibile, ma forse addirittura probabile e ci sono diverse chiavi di lettura che spingono i grandi decisori a delineare le determinanti -e noi osservatori a individuare le conseguenze- di uno scenario così funesto. Proviamo ad esaminare allora queste chiavi di lettura e proviamo a soppesarne la (relativa) verosimiglianza:
- La prima è più ovvia è la lotta all’inflazione: siamo oramai anni luce lontani dalla nozione di “fenomeno passeggero” che qualcuno pretende ancora di evocare a proposito dell’inflazione tirando in ballo teorie ed analisi astruse! È divenuto così ovvio che l’inflazione non si riassorbirà presto in modo consistente che in molti mercati si è preferito centellinare i rialzi dei prezzi per evitare lo shock alla clientela. Nonostante infatti i prezzi di quasi tutti i fattori della produzione siano cresciuti bruscamente tra la fine del 2021 e l’inizio del 2022, per molti industriali è stato all’inizio letteralmente impossibile trasferire i maggiori costi a valle della produzione e lo stanno facendo oggi, anche perché iniziano a flettere le aspettative di un ritorno a livelli più modici di quei costi. Dunque già solo per questo meccanismo gli aumenti dei prezzi al consumo in molti casi continueranno anche dove ci fosse un’inversione di tendenza per i primi.
- La seconda chiave di lettura riguarda le possibili radici dell’inflazione, a partire da quella più ovvia (ce ne sono diverse altre tutte molto difficili da dimostrare con i numeri alla mano): ancora oggi, a fine Maggio 2022 il mondo affoga nella liquidità creata in precedenza dalle banche centrali, alcune delle quali non lo hanno fatto per obbedire a chissà quale teoria economico-finanziaria, bensì per supportare il mercato dei titoli di stato, che necessita di continui “rabbocchi” soprattutto per il debito dei paesi periferici come il nostro. Dunque non soltanto è chiaro che se la Banca Centrale Europea (BCE) dovesse smettere di fornire liquidità a quei titoli ii primi a rimetterci saremmo noi italiani. D’altronde se la BCE non dovesse seguire la FED, soprattutto laddove quest’ultima ci desse dentro fortemente, il dollaro americano si rafforzerebbe ulteriormente sull’Euro e magari la nostra inflazione supererebbe quella americana (mentre sino ad oggi è soltanto rimasta in “arretrato” di un mese o due.
- La terza chiave di lettura riguarda i tassi d’interesse, che non potrebbero che accelerare la loro risalita (anche in Europa) qualora la FED manovrasse decisamente in tal senso, lasciando semplicemente “troppo indietro” la BCE rispetto alla realtà del mercato. Le conseguenze di quest’ultima chiave saranno probabilmente le più devastanti sull’economia reale, perché qualche impresa non troverà altre risorse monetarie che saranno volate verso i mercati più remunerativi, gli Stati non potranno sostenere il livello attuale del debito e persino i cittadini pagheranno più cari i loro mutui.
Dunque si delinea uno scenario ove si può toccare con mano la consistenza del vecchio adagio:”non combattere contro le banche centrali” e ancor più non combattere contro la regina delle banche centrali (la FED) anche se sei un’altra banca centrale, perché non ce la potresti fare!
LA RECESSIONE SAREBBE GARANTITA
Qualora insomma la FED decidesse di “attaccare” il risultato sarebbe un campo di battaglia pieno di morti, sebbene soltanto finanziari e non fisici. Il punto è che a guardare bene cosa potrebbe succedere sembra oramai una decisione assunta a tutti i livelli e dunque lo tsunami che ne conseguirà sembra proprio in arrivo. E se arriverà sui mercati è piuttosto probabile che la recessione che ne conseguirà sarà tanto conclamata quanto duratura.
Questo è il primo di una serie di due articoli. Nel secondo proveremo ad esplorare tanto le conseguenze pratiche di tale potenziale minaccia per i mercati e l’economia quanto le possibili strategie di difesa.
Stefano di Tommaso