Abbiamo pensato ad alcuni approfondimenti sul tema della leadership per scoprire il significato più profondo del termine, le caratteristiche che distinguono l’azione di un leader e le sfide più complesse in ambito aziendale.
Iniziamo da Paola Bellis, ricercatrice di Leadership & Innovation presso la School of Management del Politecnico di Milano.
Partiamo dando una definizione di leadership.
Da un punto di vista umano–comportamentale possiamo affermare che la leadership di una persona ispira e guida gli individui verso il raggiungimento di quelle che sono le loro aspirazioni.
Facciamo un confronto tra manager e leader, due facce di una stessa medaglia, apparentemente sovrapposte, ma con caratteristiche intrinseche diverse. Il manager è per sua natura un decisore, guidato da competenze e considerazioni perlopiù di natura tecnica e analitica, il cui dovere è gestire e coordinare risorse tecnologiche, finanziarie e umane. Il leader è invece colui che guarda alle persone in modo più olistico riuscendo quindi a valorizzarne non solo le competenze tecniche ma anche le aspirazioni, le motivazioni e i valori. Competenze manageriali e di leadership coesistono in ognuno, motivo per cui siamo abituati ad assegnare la leadership a un individuo e a concretizzarla in una serie di qualità che lo riguardano (carisma, ottimismo, determinazione, capacità di visione, capacità di ascolto). Nella realtà, studi più recenti dicono che la leadership è una caratteristica che si manifesta nelle interazioni sociali attraverso i comportamenti agiti dalle persone. Questo perché lo stesso individuo, interagendo con persone diverse in contesti differenti, potrebbe manifestare comportamenti eterogenei. Le caratteristiche individuali di ciascuno rappresentano pertanto solo un potenziale di leadership, il modo in cui si manifesta dipende strettamente dalla situazione in cui l’individuo si trova: una persona può essere un ottimo leader in un contesto e fare fatica in un altro. Avere quindi consapevolezza dei propri comportamenti e dei loro effetti su chi ci circonda è il primo atto concreto di leadership che ciascuno di noi può implementare, non solo nel contesto lavorativo, ma anche nella vita di tutti i giorni.
Quali sono i focus su cui si deve concentrare l’azione del leader?
Sono tre, tutti con la P: Purpose, People e Performance.
Con Purpose s’intende che il leader aiuta la persona a comprendere la direzione verso cui ci si sta muovendo e perché ha senso, questo vuol dire aiutare a comprendere perché le è richiesto di fare qualcosa o di agire in un determinato modo aiutandola a trovare la sua motivazione.
People significa avere un focus sul benessere delle persone, aiutarle a trovare il “loro posto” all’interno di una visione strategica e motivarle a sviluppare la missione aziendale.
Infine, la Performance è un fattore che indica che non va dimenticato il risultato da raggiungere. Quest’ultimo aspetto può creare fraintendimenti perché si può pensare che un bravo leader sia una persona buona, accomodante, piacevole non strettamente orientata all’obiettivo. Invece un bravo leader deve saper perfettamente dove si sta andando e con quale performance attesa, apparendo talvolta anche duro o pronto a prendere decisioni impopolari. Ci sono stati esempi di leader incredibili con personalità estremamente forti che, in determinati frangenti non sono stati molto amichevoli, ma sono stati capaci di portare non solo un’azienda, ma anche le persone a risultati eccezionali consentendo il raggiungimento degli obiettivi aziendali e al contempo la crescita individuale.
All’interno di un’organizzazione, tra chi la conduce e chi ne fa parte, ci sono inevitabilmente dei momenti di difficoltà o di contrasto. Quali sono le fonti di crisi tra un leader e il proprio team? Come si risolvono?
L’ingrediente fondamentale per il corretto funzionamento di un team, in tutte le sue dinamiche, è la cosiddetta “psychological safety”. Significa un ambiente di lavoro in cui le argomentazioni, le idee contrastanti e la proattività sono incentivate senza aver timore di un giudizio negativo a prescindere. Lavorare senza questa condizione significa operare in un ambiente dove manca la fiducia. Perché ci sia questo elemento, è indispensabile conoscersi ed essere completamente trasparenti gli uni con gli altri. Questa non è una conoscenza che nasce dall’oggi al domani. E’ un processo continuo, che va nutrito nel tempo, e che deve essere sempre presente nelle persone che sono all’interno di un team. Se questa operazione si ferma, manda in crisi l’intero sistema. Lo spiega molto bene il modello di Lencioni sui Team Disfunzionali: se manca la fiducia, manca il confronto. E di confronti ce ne devono essere comunque di quotidiani, altrimenti non si progredisce. Se non si accetta di entrare in un conflitto, si perdono delle opportunità di crescita. Il confronto e il dialogo, invece, conducono a soluzioni condivise. Il senso di ownership verso ciò che generiamo ci porta ad avere maggiore responsabilità nel vedere come le cose accadono e in che modo hanno un impatto. Questo conduce a risultati migliori. La fiducia, in conclusione, è la base di tutto.
Parliamo ora di design thinking. Cosa significa e come può essere cruciale nella leadership?
I designer hanno una competenza determinante nel generare prodotti e servizi che hanno un senso e un proprio “perché”. Il consenso dei prodotti di design deriva dal fatto che le persone trovano significato in essi, sviluppando un attaccamento per quegli oggetti. Viviamo in un periodo storico in cui la vita cambia costantemente, ogni giorno c’è qualcosa di diverso, dalle micro situazioni della vita ordinaria, agli eventi macroeconomici che impattano sul nostro mondo. Siamo portati costantemente a cambiare, a chiederci dove andiamo, cosa facciamo, come ci muoviamo. Siamo perennemente alla ricerca di un senso: cosa ha senso fare? dove ha senso lavorare? Sviluppare abilità che portino alla creazione di significato è una strada decisamente innovativa. La scommessa è prendere ispirazione da queste pratiche, tipiche del mondo del design, e portarle in un contesto in cui si guidano delle persone. La sempre maggiore presenza di Chief Design Officer in molte grandi aziende del mondo è significativa. Sono storie incredibili perché riguardano persone che non hanno un background in business, management, finance o marketing. Hanno una formazione in una disciplina che si avvicina molto di più al mondo delle Arts and Humanities. In moltissimi casi sono professionisti partiti da zero che hanno scalato i vertici dell’azienda, trovando il consenso nell’organizzazione e molte volte cambiandone la cultura organizzativa. Questo è successo in Coca-Cola, Pepsi, Starbucks, Philips, 3M, solo per citare alcuni esempi.
Un altro aspetto importante è il cosiddetto “framing”: che cosa vuol dire e che ruolo ha nell’esercizio della leadership?
Il “frame” può essere definito come il punto di vista che ognuno di noi ha su una determinata cosa. “Frame” è letteralmente la cornice attraverso cui noi guardiamo il mondo. Questo contorno è definito da quelle che sono le nostre esperienze, relazioni sociali, vissuto ed educazione, che ci portano ad affacciarci al mondo attraverso una visione specifica. Il “framing” non è altro che il processo di interpretazione alla base dello sviluppo di questo schema. Dal punto di vista della leadership è un concetto estremamente importante, perché dobbiamo essere consapevoli che facciamo continuamente “framing” e “reframing”. Dove per “reframing” s’intende ridefinire o modificare la “cornice” mentale attraverso cui interpretiamo la realtà.
E’ fondamentale dunque avere una consapevolezza attiva. Il leader deve sapere che ogni volta che incontra qualcuno, questa persona potrebbe dire qualcosa che non rientra nel proprio “frame”. Bisogna allora sforzarsi di capire il punto di vista dell’altra persona, e il “frame” che ha portato quella persona a dire una determinata cosa. Invece di criticare, bisogna avere la curiosità di capire il motivo per cui si è espressa in un determinato modo.
E’ molto importante perché consente di avere più opportunità di apprendimento e di aumentare l’apertura mentale, sviluppare il pensiero laterale e cogliere opportunità che altrimenti andrebbero perse.
Da un altro punto di vista è una skill estremamente centrale per un leader perché lo porta ad essere più inclusivo. Consente di essere in una posizione di ascolto e sviluppare uno spirito critico. In Italia, la “critica” storicamente è sempre associata a un termine negativo, criticare molto spesso è sinonimo di giudizio. In realtà “crino”, dal latino e poi “critique” dal francese, vuol dire valutare e valorizzare, ottenere una conoscenza condivisa che aiuta a far crescere la comprensione del mondo, le idee e i pensieri.
Un po’ di consigli per chi esercita la leadership, come imprenditore, all’interno di una PMI?
Probabilmente quello che ci siamo detti può risultare ovvio. Nel senso che una persona, come un imprenditore di successo, è un individuo che di per sé è già disposto a mettersi in gioco, ascoltare, crescere e fare continuamente “reframing”. È un soggetto che deve saper portare con sé altre persone per il successo della propria iniziativa e ha bisogno di avere collaboratori fidati, come ci siamo detti sopra, di estrema fiducia, capaci di far emergere le differenze di idee.
Diciamo che una prima buona azione per un leader è avere molta autoconsapevolezza dei propri comportamenti, degli effetti delle proprie azioni e di come le decisioni prese andranno a impattare non solo nei processi e nelle iniziative ma anche sulle persone. Dalla mia esperienza nell’insegnamento della leadership, mi accorgo che spesso trasferiamo concetti che si traducono in semplici principi di buon senso. Tuttavia, la complessità delle organizzazioni in cui operiamo e i ritmi lavorativi accelerati fanno sì che poi questo buon senso venga dimenticato, sottovalutato o dato per scontato.
In conclusione possiamo affermare che padroneggiare la leadership è un compito molto complesso che prevede un ascolto attivo e l’instaurazione di un legame di fiducia, senza ovviamente dimenticare l’importanza di arrivare a una performance. La costruzione di significati condivisi nell’operato aziendale è fondamentale nel processo di lavoro di un’organizzazione, e questa deve necessariamente passare da un leader capace di fare scelte consapevoli e mantenere comportamenti che possano essere d’ispirazione per il proprio team.
La fiducia non è solo il pilastro di un gruppo di lavoro efficace, ma anche il terreno fertile per un’innovazione efficace: quando ogni membro si sente libero di esprimere le proprie idee, l’azienda può affrontare più positivamente e con successo tutti i cambiamenti.
di Marco Camporese
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