Consenso sulla dichiarazione del Global Stocktake. Per la prima volta si chiede l’uscita dai fossili, con nuova terminologia, e la neutralità dalle emissioni entro il 2050. Il presidente Al Jaber apre e chiude la sessione plenaria senza dibattito
«Nessuno ci credeva, siamo orgogliosi del nostro lavoro». L’emiratino Al Jaber apre la sessione plenaria con piglio autoritario e senza nessuna discussione pubblica, per la prima volta nella storia della Cop, annuncia il raggiungimento di un «accordo storico» che prevede «latransizione fuori dai combustibili fossili» e di accelerare tale azione «in questo decennio cruciale al fine di raggiungere le emissioni zero nel 2050».
Si chiude così la ventottesima Conferenza sul clima con un colpo di scena (o di mano). «È la prima volta che i combustibili fossili entrano nell’accordo finale», dice trionfante il presidente emiratino che ha scelto la strada del “prendere o lasciare”, dopo un negoziato durato tutta la notte, che alla fine ha vinto anche le resistenze dei Paesi produttori. L’annuncio è stato accolto da un’ovazione nella sala e da molti abbracci fra i delegati.
È in effetti la prima volta che una dichiarazione finale della conferenza Onu sul clima le parti si impegnano ad abbandonare i combustibili fossili (petrolio, gas e carbone) anche se si sceglie una parola leggermente più morbida – «transitioning away» – appunto, invece del termine «phase out» (uscita) richiesta dai Paesi più ambiziosi ma rifiutato dai Paesi produttori, Arabia Saudita in testa.
Il testo riconosce la necessità di riduzioni profonde, rapide e durature se l`umanità vuole limitare l`aumento della temperatura a 1,5°C. Richiede «l’abbandono dei combustibili fossili nei sistemi energetici, in modo giusto, ordinato ed equo, accelerando l’azione in questo decennio critico». Afferma che la transizione deve avvenire in modo da raggiungere le zero emissioni nette di gas serra nel 2050, seguendo i dettami della scienza del clima. Prevede che il mondo raggiunga il picco di emissioni entro il 2025, ma lascia spazio di manovra alle singole nazioni (come la Cina) per raggiungerlo più tardi.
Soddisfatta l’Unione europea, che guidava il gruppo dei più ambiziosi: «Il mondo ha adottato una decisione storica alla Cop28 per mettere in moto una transizione irreversibile e accellerata fuori dai combustibili fossili», ha detto uscendo dalla plenaria il commissario Woepke Hoekstra. Approvazione piena anche di John Kerry, che molti individuano come il grande tessitore dietro le quinte dell’accordo: «Un motivo per essere ottimisti» in un mondo in conflitto. «Che vi piaccia o no, l’eliminazione dei combustibili fossili è inevitabile. Speriamo che non arrivi troppo tardi», commenta su X il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres.
Durissimo invece il commento del negoziatore delle isole Samoa, che guida l’Alleanza delle piccole isole e che si è lamentato del fatto che l’approvazione del testo sia avvenuta mentre loro non erano ancora entrati nella sessione plenaria.
Il testo dell’accordo chiama tutti i Paesi, su fasce temporali diverse, determinate dalle circostanze nazionali, a triplicare la capacità di rinnovabili e duplicare gli sforzi per l’efficienza. Il nucleare entra per la prima volta in una dichiarazione COP, che riconosce anche il ruolo delle «tecnologie di abbattimento e rimozione, come la cattura e l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio (CCUS), in particolare nei settori in cui è difficile abbattere le emissioni». Una concessione ai Paesi produttori è la menzione del ruolo per i «combustibili di transizione», che restano indefiniti. Il gas non viene più citato, rispetto a bozze precedenti, ma potrà facilmente rientrare in questa categoria.
Il testo riconosce anche che «il fabbisogno finanziario per l’adattamento dei Paesi in via di sviluppo è stimato in 215-387 miliardi di dollari all’anno fino al 2030 e che è necessario investire circa 4,3 mila miliardi di dollari all’anno in energia pulita fino al 2030, aumentando poi a 5 mila miliardi di dollari all’anno fino al 2050, per poter raggiungere le emissioni nette zero entro il 2050». Debole il sostegno alla transizione: «L’aumento di nuovi e ulteriori finanziamenti basati su sovvenzioni, agevolazioni e strumenti che non ricadono sul debito rimangono fondamentali per sostenere i Paesi in via di sviluppo, in particolare nella fase di transizione verso un’economia giusta e equa».