Tipo di Contenuto: Innovazione | leadership | sostenibilità
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Da diversi anni la parola “sostenibilità” era praticamente scomparsa dalla top ten di Google. Una perdita progressiva di significato, una percezione svanita nel greenwashing. Eppure fino a qualche tempo fa bastava evocarla per rendere più desiderabili capi d’abbigliamento, prodotti alimentari, servizi e gadget tecnologici. Poi la pandemia, ed ecco che improvvisamente tutto cambia, e il termine ricompare all’apice dei motori di ricerca. Il messaggio è chiaro: l’emergenza sanitaria ha messo a nudo tutte le criticità dell’ambiente in cui viviamo, delle nostre città, degli stili di vita, della fragilità delle imprese, dell’affollamento nei centri urbani, della debolezza delle attuali infrastrutture tecnologiche che ci rendono ancora dipendenti da modelli obsoleti, dei livelli d’inquinamento che hanno favorito la diffusione del coronavirus. L’onda d’urto pandemica ci ha travolto pandemicamente, obbligandoci a cambiare abitudini, modo di vivere e lavorare, e costringendoci a realizzare definitivamente che così non si può più andare avanti, perché non arriveremo da nessuna parte. I segnali ci sono tutti. L’Overshoot day, il giorno del sorpasso, è ormai una costante da 15 anni, la data drammatica in cui l’uomo ha consumato tutte le risorse biologiche rinnovabili che il pianeta produce in un anno. Nel 2005 cadde il 25 agosto, poi sempre prima, fino al 29 luglio nel 2019. Con il lockdown il triste anniversario è stato posticipato di un mese, il 22 agosto, e le emissioni di carbonio sono scese del 14,5 % grazie alla flessione dei consumi energetici. Nel nostro Paese abbiamo risparmiato 1,5 miliardi di cibo (-25%), annullando gli sprechi, riciclando in cucina gli avanzi, prestando una maggiore attenzione alle scadenze degli alimenti, fino alla spesa a chilometro zero.

Basterebbe soltanto che questo si verificasse a livello globale per ritardare l’Overshoot Day di 32 giorni. In tanti ormai l’hanno capito. La sostenibilità, con la pandemia di COVID, ha assunto un significato più ampio e profondo, che dall’ambiente è passato ad abbracciare anche la dimensione economica e sociale, acquisendo una considerazione più trasversale, inclusiva e soprattutto etica.

Per comunicare la “sostenibilità”  bisogna però scegliere le parole giuste. È necessario trovare modi diversi per raccontarla, che portino prima di tutto a un cambio di mentalità in ognuno di noi. E questo non è per niente facile, così come non è sempre scontato comprendere che ci troviamo nel mezzo di una rivoluzione culturale che ha al suo centro l’ambiente, la salute, l’impresa e l’etica. Humane vuole provare a stimolare un confronto tra idee diverse, parlando in modo etico, con una riflessione sull’agire umano e sulle possibilità di orientare il futuro verso un bene comune. Vogliamo  raccontare anche la sostenibilità come cultura d’impresa, che ha senso solo se messa in relazione a una strategia lungimirante in cui il bene della collettività diventa centrale. E l’attenzione va soprattutto alle generazioni future, i Millennials e gli iGen, che considerano la salute del pianeta e il benessere personale aspetti determinanti nelle loro scelte, perché credono veramente che un mondo diverso sia possibile.

Grande spazio nel magazine sarà riservato all’economia circolare, come filiera corta, qualità e durabilità, così come alle esperienze virtuose di tante aziende che sono riuscite a ridurre l’impatto ambientale del proprio ciclo produttivo, un lavoro sempre lungo e meticoloso. Verranno considerate visioni e azioni ambiziose, cambiamenti a livello organizzativo, mutamenti culturali e soprattuto innovativi, che sono poi le condizioni fondamentali per l’evoluzione di un’azienda verso la sostenibilità dei processi, della produzione e delle collezioni, rappresentando un impegno concreto e quotidiano. Una narrazione che coinvolgerà numerosi leader, convinti che non vi sia futuro nello sviluppo se non viene prima percepito il valore della comunità come espressione di un destino comune.

Di questa coinvolgente avventura faranno parte il Galileo Visionary District, con tutti i suoi professionisti specializzati nel design, web, open innovation e digital transformation, Forema per la sezione relativa ai percorsi formativi a sostegno della crescita umana e professionale del sistema d’imprese, con particolare attenzione al tema della sostenibilità del lavoro, Robert Jhonson, coacher americano di fama mondiale, che guiderà i leader nel loro percorso di cambiamento, oltre a molti altri protagonisti ed esperti di sostenibilità, economia circolare, governance e innovazione.

Il magazine sarà on Line, consultabile anche sui canali social, e verrà periodicamente aggiornato.

Se avrete piacere di seguirci in questo percorso un po’ visionario, saremo felici. Vi aspettiamo numerosi, buona lettura!

 


Isabella Zotti Minici
Direttore Responsabile Humane World Magazine