Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi semplicemente nell’indice dei profitti? Non vi è al di là del ritmo apparente qualcosa di più affascinante, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica?
Adriano Olivetti, Ai lavoratori
L’invisibile Covid-19 ha disvelato senza pietà le contraddizioni, le tensioni e le distorsioni, di un modello di sviluppo insostenibile. Certi delle nostre inaffondabili sicurezze, lanciati a tutta velocità verso un futuro non futuro, siamo stati fermati da un nemico invisibile che ha minato certezze costringendoci a pensare, a guardare avanti e a chiederci che mondo vogliamo per i nostri figli. La crisi da Covid-19 ha messo in evidenza come l’impatto sociale ed ambientale sostenibile sia un dovere anche per il mondo economico. Infatti, mai come oggi l’umanità è posta di fronte a scelte strategiche, che coinvolgono il modo in cui abbiamo pensato alla nostra organizzazione sociale ed economica.
Una prima risposta era stata già nel 1987 nel documento Our Common Future (Rapporto Bruntland) che afferma la necessità di definire un modello di sviluppo capace di utilizzare le risorse senza intaccare la disponibilità delle stesse per le generazioni future. Nasce un nuovo paradigma nel quale per la prima volta appaiono fortemente interconnessi i concetti di ambiente, capitale naturale, risorse, persone, presente e futuro. Dall’1987 si è compiuto un lungo cammino, ma oggi le questioni sono diventate urgenti. La scarsità delle risorse ambientali, la valutazione degli impatti delle attività economiche e l’esponenziale crescita demografica del pianeta impongono nuovi modelli di sviluppo.
Dal 2012 a Rio con la green economy inizia a discutere in maniera significativa della necessità di ridurre le emissioni di carbonio e l’inquinamento, di aumentare l’efficienza energetica e prevenire la perdita di biodiversità. È la nascita dell’Economia Circolare, fortemente sostenuta anche dell’Unione Europea dal 2015, all’interno della quale sono particolarmente enfatizzati l’efficienza dell’uso delle risorse e la riduzione della produzione di rifiuti. Ma bisogna andare oltre e per superare le sfide dei cambiamenti climatici e il degrado ambientale, l’Europa ha bisogno di una nuova strategia per la crescita che trasformi l’Unione in un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva in cui la crescita economica sia dissociata dall’uso delle risorse, nessuna persona e nessun luogo sia trascurato con un obiettivo di carbon neutral da raggiungere nel 2050. È il Green Deal europeo, la tabella di marcia per rendere sostenibile l’economia dell’UE.
A livello globale l’ONU sta rendendo sempre più incisiva l’adozione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, articolata in 17 obiettivi – i Sustainable Development Goals (SDGs) un piano di azione integrato per le persone, il pianeta, la prosperità e la pace.I nuovi obiettivi intendono essere una spinta soprattutto per il mondo economico. L’era SDGs riconosce alle aziende un ruolo chiave e determinante per lo sviluppo sostenibile. A tutte le imprese, di qualunque dimensione settore e localizzazione geografica, è richiesto un approccio fortemente proattivo allo sviluppo sostenibile per i prossimi 15 anni, attraverso lo sviluppo di nuovi modelli di attività economica responsabile, di investimenti, d’innovazione, di potenziamento tecnologico e d’azione in partnership.
La capacità di innovare sotto il profilo dei processi produttivi e dei prodotti, di promuovere e testare nuove logiche organizzative della produzione, di focalizzarsi sulle dinamiche sociali ed economiche dei concetti di territorio prossimo e di comunità, è ciò che viene chiesto oggi ad una realtà produttiva. Ed è in questa cornice che si inserisce il nuovo modello organizzativo rappresentato dalle Benefit Corporation e dalle Società Benefit.
Il movimento delle B-Corp prende le mosse nel 2006 negli Sati Uniti dalla visione di imprenditori-benefattori che, nel solco della grande tradizione charity, hanno voluto disegnare un nuovo modello organizzativo per un’impresa. Oggi essere benefit corporation è uno stato giuridico in 35 Stati Americani. Non più solo profitto da distribuire agli azionisti, ma un approccio “multi stakeholder” nel quale il coinvolgimento è nei confronti dell’ambiente, delle persone e del territorio. Sono aziende che hanno interiorizzato un modello di business che integra le tre dimensioni della sostenibilità quella economica, sociale ed ambientale.
Innovazione, inclusione e sostenibilità sono i punti di forza delle Benefit Corporation. Le aziende si impegnano ad operare in modo trasparente, facendo leva sulla responsabilità, valore strategico. E a cascata questo modello di business si ribalta anche sulla catena di fornitura che così è sollecitata ad attivarsi sui temi della sostenibilità e della responsabilità. Se correttamente intrapreso quello delle B-Corp è un modello di generazione di valore condiviso, capace di produrre valori che vanno al di là di quelli economici, e che rientrano negli asset intangibili, considerati oggi leve strategiche per competere.
Diventare una B-Corp significa fare un percorso rigoroso di accreditamento. B-Lab, la no profit americana ente certificatore, ha definito un set corposo di indicatori, vero e proprio protocollo di misurazione degli impatti. Le aziende che vogliono diventare B-Corp si sottopongono al BIA (Benefit Impact Assessment) che fornisce indicazioni sulla performance economica sociale ed ambientale, prendendo in considerazione oltre al modello di business quello di governance, la comunità e il territorio, le persone e l’ambiente. La scala va da 0 a 200 punti, la soglia di ingresso è 80. Dopo la fase dell’autovalutazione per ottenere la certificazione, è necessario passare all’ analisi documentale sul campo. Oggi in tutto il mondo il movimento B-Corp è presente in 150 settori diversi e oltre 70 paesi.
In Europa, l’Italia è stata il primo paese dopo gli Stati Uniti nel 2016 ad intercettare e comprendere il valore delle B-Corp andando più in là del semplice recepimento della certificazione, introducendo nel proprio ordinamento la forma giuridica delle Società Benefit con la legge n. 208 del 28 settembre 2015. Lo spirito della legge è stato quello di promuovere un modello di impresa capace di iscrivere nel proprio DNA, all’interno del proprio atto costitutivo, non solo la dimensione relativa alla realizzazione dei profitti, ma anche l’individuazione di uno “scopo” e di un beneficio comune individuando finalità rivolte ad incrementare il benessere sociale nei confronti dei dipendenti, del territorio, delle persone e dell’ambiente. Le società Benefit fanno una scelta di campo “ontologica”, che va oltre la strategia. Definiscono un modello produttivo ed organizzativo nel quale gli impegni, i programmai e le politiche sono finalizzati al raggiungimento dello scopo societario. Temi strategici quali CSR, filantropia, relazioni istituzionali, relazioni industriali, sono improntati su queste logiche.
Attualmente in Italia sono oltre 500 le società benefit di cui oltre 100 certificate B-Corp, distribuite in particolar modo al centro nord del paese.
È l’italiana Nativa la prima azienda in Europa ad ottenere la certificazione B-Corp nel 2013. Nativa, oggi country partner su mandato di B-Lab, ha saputo guardare al futuro con lungimiranza dando impulso e accelerazione all’intero movimento delle Benefit Corporation. Dal food alla meccanica, dall’health care ai servizi, dalla chimica alla formazione, i settori merceologici coperti sono estremamente variegati. Olio Carli, Daviness, Gruppo Chiesi, Sloow Food, D’Orica, Aboca, Mellin, Novamont, Politenico di Milano e Danone, solo per citare alcuni tra i più noti.
Se le società Benefit operano con un “purpose” scritto nell’oggetto sociale, le B-Corp scelgono di misurare la loro scelta di campo con un processo di accreditamento che conduce ad una certificazione. Comunque sia le due realtà sono modelli complementari, le B-Corp entro 2-3 anni devono trasformarsi in Benefit Corporation per mantenere la certificazione e queste ultime non esisterebbero senza la visione e l’esistenza stessa delle B-Corp.
Oggi, le società Benefit e le B-Corp sono una goccia nel mare se pensiamo ai numeri globali delle imprese italiane, ma incarnano una visione. Sono aziende con un purpose orientate alla produzione di valore condiviso, che scelgono un percorso accreditante che consente di misurare gli impatti prodotti sul fronte economico, sociale e ambientale. Essere una B-Corp significa migliorare il capitale relazionale, quello reputazionale, costruire una politica di gestione del rischio e definire rapporti con gli stakeholder fondati sulla responsabilità, il rispetto e la fiducia, in una parola essere concretamente sostenibili.
Gloria Milan è comunicatrice di professione con oltre 20 anni di esperienza maturata a livello nazionale e internazionale nei diversi mondi della comunicazione. Fondatrice di ICDLAB Sostenibilità e Comunicazione società che aiuta le aziende a trovare la strada della sostenibilità e a comunicarla. Già cultrice della materia in comunicazione sociale all’Università di Padova, è autrice de La comunicazione Ambientale nelle PMI all’interno del Libro Bianco sulla comunicazione ambientale, curato da S. Martello e S. Vazzoler per i tipi di Pacini Editore.
Tra le altre cose, si occupa anche di formazione per aziende e istituzioni sulle tematiche della sostenibilità e della comunicazione. È socia Ferpi.
Gloria Milan
Fondatrice di ICDLAB – Socia Professionista FeRPI
Federazione Relazioni Pubbliche Italiana