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Barbara Pozzo, «observer» alla Cop26: «Ora gli ambientalisti citano in giudizio gli Stati. E vincono». La strategia partita negli Usa, dove i casi sono già 1800, esplosa in Europa dopo l’Accordo di Parigi. «Giusto portare in tribunale gli inadempienti»: in Italia prima causa su emissioni e diritti umani

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Se i governi si fanno beffe degli accordi internazionali sul clima e le emissioni continuano ad aumentare, c’è un altro modo per costringerli ad agire: trascinarli in tribunale. È un fenomeno, quello della «climate litigation», destinato a prendere sempre più piede man mano che le ong imparano dalle cause vinte e i giudici s’ispirano ai precedenti giurisprudenziali per emettere sentenze sempre più aggressive. «La prima ondata di cause ha avuto successo quasi esclusivamente negli Stati Uniti, ma ora il fenomeno comincia ad attecchire anche in Europa e in Asia», spiega Barbara Pozzo, docente di diritto comparato e «observer» di Fondazione Lombardia per l’Ambiente alla Cop26. Stando all’ultimo rapporto Global Trends in Climate Litigation, dagli Anni 80 a oggi sono state intentate circa 1800 cause climatiche, di cui 1000 solo negli ultimi sei anni.

Come mai questa impennata?

«Uno dei fattori decisivi nell’impennata delle cause è stata la firma dell’Accordo di Parigi, siglato alla Cop21 del 2015, che finalmente imponeva obiettivi vincolanti ai firmatari. Da allora il numero di cause climatiche è decollato».

In Europa ha fatto da apripista la Fondazione Urgenda, ancora prima dell’Accordo di Parigi.

«Non è un caso che le prime sentenze importanti in Europa siano state pronunciate nei Paesi Bassi, vista l’acuta consapevolezza degli olandesi di essere in prima linea nella battaglia contro la crisi del clima e l’innalzamento dei mari. La Fondazione Urgenda, affiancata da 900 cittadini, ha portato in giudizio il governo olandese già nel 2015, chiedendo di prendere misure più stringenti per ridurre le emissioni di almeno il 25 per cento rispetto ai valori del 1990 entro il 2020. La causa di Urgenda è stata intentata prima della Cop21 e faceva dunque riferimento al Protocollo di Kyoto, ma ha avuto lo stesso esito positivo. Nel 2019 la Corte Suprema ha dato ragione ai cittadini e condannato lo Stato a essere più incisivo nel contrasto all’emergenza climatica. In effetti i Paesi Bassi sono riusciti a tagliare le emissioni del 24 per cento, mancando di poco il traguardo imposto. Urgenda ora sta valutando il passo ulteriore cioè quello di riportare il governo in tribunale per danni».

Dopo l’Accordo di Parigi, le cause si sono moltiplicate…

«Nel 2017 l’associazione Friends of the Irish Environment ha fatto causa allo Stato irlandese, accusato in questo caso di aver adottato un piano di riduzione delle emissioni “eccessivamente vago”. Nel 2020 la Corte Suprema irlandese si è espressa a favore dei ricorrenti, imponendo allo Stato d’introdurre una nuova legge climatica, che è stata approvata nel luglio del 2021 e ora obbliga l’Irlanda a ridurre le emissioni del 51 per cento entro il 2030. A questo ha fatto seguito nel 2019 in Francia la causa divenuta nota come “L’affaire du siècle” e intentata da alcune associazioni ambientaliste sulla scorta di 2,3 milioni di firme. Con sentenza del 3 febbraio 2021 il Tribunale Amministrativo di Parigi ha riconosciuto responsabilità e carenze dello Stato francese dinanzi all’emergenza climatica. Ancora più interessante è la causa presentata da un gruppo di giovani attivisti tedeschi nel febbraio del 2020, in cui accusavano il governo di aver promulgato una legge federale sulla protezione del clima poco ambiziosa. Nell’aprile 2021 la Corte Federale ha giudicato la legge parzialmente incostituzionale e il governo ha dovuto alzare l’asticella delle riduzioni. Qui il messaggio è chiaro: ai governi non è consentito lasciare alle generazioni future il compito di risolvere problemi su cui loro non sono intervenuti».

Anche in Italia è stata da poco lanciata una causa basata sul nesso fra diritti umani ed emergenza climatica.

«In Italia si è appena svolta la prima udienza di un’azione legale climatica contro lo Stato italiano, soprannominata “Giudizio Universale” e presentata il 5 giugno 2021 al Tribunale Civile di Roma a nome di più di 200 ricorrenti: 162 cittadini, 17 minori rappresentati dai genitori e 24 associazioni. La prossima udienza è fissata per il 21 giugno».

La giurisprudenza, dunque, sta riconoscendo una responsabilità transgenerazionale delle azioni compiute in momenti precedenti. Anche nei confronti delle aziende? «Certamente. Basti pensare alla sentenza di una corte dell’Aja che ha condannato in maggio la Shell a ridurre del 45 per cento le emissioni derivanti dalle proprie attività entro il 2030. La prossima sentenza climatica nei confronti di una compagnia petrolifera è attesa in Francia contro Total. E anche qui siamo solo all’inizio».

@elencomelli

Fonte: corriere.it