Occorrono sforzi coerenti e integrati per limitare il riscaldamento globale a un massimo di 1,5 ° C e per conservare la biodiversità, assicurando uno sfruttamento sostenibile delle risorse naturali
Ci sono molte aspettative sui risultati della 28a Conferenza delle Parti (Cop28) della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si sta tenendo in questi giorni a Dubai, ma anche molta preoccupazione. Tutti i dati scientifici confermano che la finestra di opportunità che abbiamo per intervenire sui cambiamenti in corso è estremamente ridotta, forse solo di pochi anni, e si sta chiudendo rapidamente, tuttavia la percezione generale è che i governi non abbiano una sufficiente determinazione per arrivare a prendere decisioni all’altezza della gravità del momento. Occorrerebbe infatti un deciso passo in avanti per ridurre le emissioni e l’impronta di carbonio entro i prossimi anni ad un livello che prevenga il rischio di effetti catastrofici.
Ma per mettere in sicurezza il Pianeta e il nostro futuro occorre un’azione ancora più ampia, perché la crisi ambientale che stiamo attraversando non riguarda solo le emissioni, ma si estende alla drammatica perdita di biodiversità, e questi fattori sono tra loro intimamente collegati.
Per sensibilizzare i leader mondiali e le decine di migliaia di delegati presenti alla Cop l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) ha pubblicato una lettera, firmata dai sette presidenti delle commissioni che compongono l’organismo internazionale, e che con il supporto di una rete di 15.000 esperti mondiali forniscono supporto tecnico-scientifico in materia di crisi climatica, di conservazione delle specie ed ecosistemi, di aree protette, di politiche e legislazioni ambientali, di istruzione e comunicazione. La lettera ricorda che cambiamento climatico e perdita di biodiversità sono minacce interdipendenti e sinergiche, e che gli sforzi attuali per affrontarle non sono sufficienti. Tutte le evidenze scientifiche confermano infatti che per affrontare la sfida di ridurre i cambiamenti climatici e arrestare la perdita di biodiversità si richiede una trasformazione della società, con un approccio globale ed olistico, che parta da governi e istituzioni, ma che preveda anche un ruolo attivo delle industrie e di tutto il settore privato, e che veda il coinvolgimento attivo anche dei singoli individui e di tutti i cittadini.
Occorrono sforzi coerenti e integrati per limitare il riscaldamento globale a un massimo di 1,5 ° C e per conservare la biodiversità, assicurando uno sfruttamento sostenibile delle risorse naturali. È essenziale estendere le politiche di tutela e conservazione agli ecosistemi, perché ecosistemi sani sono cruciali per arrestare il declino della biodiversità e per assicurare quei benefici che la natura fornisce all’uomo. Un’azione ambiziosa di conservazione delle specie e degli ecosistemi è anche necessaria per mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici e per favorire un adattamento alle modificazioni in corso. Proteggere i paesaggi naturali e limitare la deforestazione, ripristinare ecosistemi chiave come le torbiere, aumentare la diversità biologica degli ambienti degradati, rinaturalizzare i fiumi modificati dall’azione dell’uomo, migliorare le pratiche agricole e di allevamento verso forme più sostenibili sono tutte azioni che possono arrestare la perdita di biodiversità e al contempo ridurre le emissioni, massimizzare il sequestro di CO2 e contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici come le inondazioni e l’erosione.
C’è un altro messaggio che viene dall’Iucn e che spinge verso approcci olistici e sinergici. Adottare soluzioni miopi, che non guardino alla sfida ambientale complessiva, rischia solo di spostare i problemi. Una transizione energetica che non sia anche attenta all’ambiente potrebbe avere effetti catastrofici che dobbiamo prevedere e prevenire. Progettare impianti solari in ecosistemi fragili o in habitat naturali sensibili potrebbe essere disastroso per molti ecosistemi e specie. La costruzione di parchi eolici o dighe idroelettriche, l’estrazione di minerali rari dalle acque profonde, richiedono una rigorosa valutazione degli effetti sull’ambiente e un’attenta selezione dei siti dove realizzare questi impianti in modo da ridurre gli impatti sulla biodiversità contribuendo comunque alla transizione energetica verde. Risolvere un problema creandone un altro non è la soluzione e dobbiamo imparare dagli errori del passato, pensando politiche sinergiche per affrontare la perdita di biodiversità e il cambiamento climatico, anche considerando gli impatti sociali delle diverse alternative, in modo da ottimizzare i benefici diretti e indiretti delle scelte che facciamo.
di Piero Genovesi,
Zoologo, Responsabile Area pareri tecnici e strategie di conservazione e gestione patrimonio faunistico nazionale e mitigazione danni e impatti dell’ISPRA – Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale
Fonte: https://www.repubblica.it/green-and-blue/2023/12/04/news/cop28_iucn_biodiversita-421543653/