Vagando sul sito di Econgood – e tra le tante informazioni che possono colpire – una in particolare salta all’occhio: la pubblicità di una conferenza a Roma, nell’Aprile 2024, denominatac. Beyond, Growth: oltre la crescita. Cosa c’è “oltre la crescita”? Cosa si scorge oltre il ciglio di una parola perpetrata e perpetuabile, almeno in campo economico? “I mercati, nel lungo periodo, crescono sempre”, con buona pace di chi ignora le leggi monetarie, e si chiede come sia possibile far crescere per sempre il valore di un oggetto.
“Oltre la crescita”, nella disciplina dell’essere umano – del diventare umano – c’è, o dovrebbe esserci, la maturità. E la maturità si accompagna con la responsabilità, per sé nella migliore delle ipotesi e per gli altri oltre ogni più rosea previsione, con il sacrificio che una persona adulta compie per le generazioni future. Ecco, su questa cornice si staglia il concetto di “Economia del Bene Comune”. Scomponiamo le parole per cercarne un significato (arbitrario): “Economia”, ovvero dal punto di vista etimologico “cura della casa”, deviato nel corso del Novecento a “disciplina che organizza le conoscenze in materia di mercato”; “Bene”, che rimarrà senza definizione, come i colori; “Comune”, ovvero “proprio di una comunità”.
Economia del Bene Comune, o Economy of the Common Good, come la definisce in un’intervista del lontano 2019 Christian Felber, co-fondatore del EBC: “Il nostro attuale sistema economico ‘sta funzionando al contrario’. Il denaro è diventato un fine in sè stesso piuttosto che un mezzo per ciò che conta davvero: una buona vita per tutti”. La citazione, ripresa sulla pagina principale del sito, riassume bene il non-obiettivo del EBC: perseguire una buona vita, uscendo dal modello utilitaristico del solo profitto aziendale per riportare il denaro alla sua funzione principale: surrogato di merce di scambio, per un fine altro (e possibilmente buono).
Il movimento nasce in Austria nel 2010, e oggi, dalla mappa della sua espansione mondiale, conta circa 30 Stati del mondo, con migliaia di affiliazioni tra aziende private, enti pubblici e organizzazione sociali. Già, perché lo strumento adottato da Economia del Bene Comune – ora chiamato Econgood, per incentivare la sua diffusione – verte sul Bilancio EBC e sulla sua Matrice, ovvero una griglia di autovalutazione e controllo peer-to-peer ed esterno – tramite collaboratori riconosciuti – per valutare l’impatto sociale e ambientale dell’istituzione. Questa è disponibile sia per enti privati che pubblici, e consente di uniformare la valutazione benevola delle proprie azioni collettive. In Italia, è il sito della Fondazione Economia del Bene Comune a farsi da garante per la sua corretta pratica.
La matrice del Bilancio EBC – una misurazione non statistico-numerica, bensì narrativa – incrocia da un lato i valori sociali, dall’altro i partecipanti alla catena economica-lavorativa di un ente. I primi riguardano la dignità umana, la solidarietà e la giustizia, la sostenibilità ecologica e la trasparenza, la condivisione delle decisioni; a questi valori rispondono i fornitori, i proprietari con i partner, i collaboratori, i clienti e concorrenti, il contesto sociale. Ogni “portatore di interesse” esprime una valutazione sui valori sopra citati. Il bilancio viene poi condiviso e verificato dal “group assessment” ovvero da persone interne all’ente accompagnate da un consulente EBC, garante esterno per la procedura. L’ultima verifica avviene tramite Auditor EBC, che valuta il report narrativo.
Le imprese che terminano tale procedura ottengono la Econgood Label, applicabile anche ai prodotti, con validità di due anni dalla pubblicazione; questo consente ai consumatori di scegliere se privilegiare, e premiare, le aziende che contribuiscono al Bene Comune (oppure no). Va da sé che ciò spalanchi un ulteriore problema, quello del vantaggio economico da parte del consumatore, e quindi un ritorno alla massima per la quale “il denaro è la misura di tutte le cose”. Un problema che si può risolvere, forse, educando ai benefici sul lungo periodo, e all’idea generale che nell’analisi dei costi e dei benefici, nella vita dell’essere umano, non esista solo “la vita dell’essere umano”: è una questione, di nuovo, collettiva, ambientale, animale, vegetale… in altre parole, complessa. Più complessa di una formula economica volta al profitto. Perché il profitto eterno, se mai realmente realizzabile, ha un costo: sta a noi decidere se questo costo vale il bene di un’azienda, di una multinazionale, o di un effettivo Bene comune.
di Damiano Martin