Ci sono documenti e atti del Parlamento sulla transizione energetica ed ecologica per riconvertire l’apparato produttivo italiano. Il Piano Clima ed Energia elaborato dal governo Meloni ha avuto un cammino complicato, ma alla fine è stato approvato e validato dall’Ue. Era ieri. Il Green deal è ora sotto esame della nuova Commissione di Ursula von der Layen per le troppe fughe in avanti della versione 2019. D’altra parte il vento che arriva dagli Usa soffia in direzione opposta e contraria alle fonti energetiche rinnovabili. E’ un dato che l’industria europea continui a chiedere petrolio e gas, nonostante le “raccomandazioni” di Mario Draghi sulla competitività. Il gas la fa ancora da padrone. I prezzi sono un’altalena sulla quale i governi salgono spesso in maniera disinvolta. Guardiamo all’Italia. Dato che nelle prossime settimane potrebbero verificarsi differenziali di prezzo molto significati sul mercato del gas, la politica prende contromisure. I Paesi che ne consumano in quantità pensano agli stoccaggi, alle riserve. Che sono poi aspetto prevalente, ma anche offuscato, della transizione verde. In Italia le polemiche sui costi dell’energia non si fermano e il gas occupa ancora un terzo dei consumi delle imprese. Non se può fare a meno nel medio periodo. E’ parte del mix necessario a portare il Paesi dalle fossili: quando?  Tra il 2021 e il 2024 la domanda di gas è scesa ma il combustibile resta centrale nella produzione industriale e nei consumi delle famiglie. Lo storage, evidentemente, è favorito da prezzi più competitivi. In questo contesto si inserisce l’ultimo decreto del Ministero dell’Ambiente che consente di anticipare le aste per il gas. Il provvedimento concede via libera a 500 milioni di metri cubi e li mette a disposizione del Paese dal prossimo 1° aprile 2025 al 31 marzo 2026. Dal punto di vista tecnico e del fabbisogno nazionale, l’operazione agevola il riempimento delle riserve nella prospettiva di immettere quel gas nelle reti.  “E’ una misura – ha spiegato il Ministro Gilberto Pichetto Fratin – che consentirà di evitare aggravi che potrebbero verificarsi a causa delle tensioni geopolitiche e delle possibili speculazioni”. Diciamo pure, un atto per l’abbassamento del prezzo del gas destinato a cittadini e imprese. Sempre il decreto prevede una capacità di conservazione del gas per la successiva distribuzione da due a cinque anni. In teoria il beneficio per i consumatori finali potrebbe arrivare fino al 2030. Buone previsioni di consumi, insomma, nonostante nel Piano Energia e Clima sia scritto di allontanarsi gradualmente dalle fonti fossili.  L’Italia, insomma, ha fiducia nella capacità del combustibile di soddisfare le necessità nazionali per molti anni ancora. L’orizzonte delle rinnovabili e delle politiche per l’ambiente si allontana. Gli industriali lamentano i costi alti di energia, ma il trend di risalita di eolico e fotovoltaico del 2024 rischia di interrompersi e l’industria ne soffrirebbe. Ad appannare la fiducia nel gas, per l’Italia almeno, è arrivato l’Institute for energy economics and financial analysis (Ieefa). Pochi giorni fa ha pubblicato uno studio sulla situazione italiana secondo il quale già nei primi tre mesi di quest’anno le importazioni di Gnl cresceranno del 22%. Scelte che “ignorano il calo della domanda degli anni scorsi” e che sono in controtendenza con gli obiettivi di diversificazione energetica. Una critica che probabilmente non avrà conseguenze. Essere  intransigenti non porta bene. La settima potenza industriale del mondo non può rischiare di restare a secco, ma avere cosi tanta fiducia nel gas da consumarne fino al 2030 è forse un po’ eccessivo. Si può dire?

 

di Nunzio Ingiusto