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Il settore della moda è uno di quelli a maggiore impatto ambientale: l’uso di fibre sintetiche, capi d’abbigliamento che rischiano di fare solo poche stagioni nei nostri armadi e un sistema di riciclo dei materiali che è ancora poco capillare e avanzato fanno del settore uno di quelli più critici in materia di sostenibilità. Un problema piuttosto grave per un settore che è tutt’ora un sinonimo di creatività e saper fare italiano nel mondo.

Ma proprio da Venezia viene una reazione importante, e viene da un gruppo della distribuzione che è nei fatti uno dei pezzi grossi dell’abbigliamento in Italia e nel mondo.

Con circa 1800 punti vendita a marchio Ovs e Upim in Italia e nel mondo e un fatturato 2020 pari a 1,018 miliardi di euro la società veneziana della moda ha scelto di guardare al tema della sostenibilità come ad un elemento strategico della crescita complessiva del gruppo.

Già nel 2017, in occasione del Copenhagen Fashion Summit organizzato da Global Fashion Agenda, Ovs, unica azienda italiana, ha sottoscritto con altre 85 aziende del mondo della moda (che rappresentano il 12,5% del mercato globale del settore) il 2020 Circular Fashion System Commitment. L’iniziativa prevedeva l’impegno nei tre anni successivi di implementare una serie di attività e obiettivi concreti per accelerare la transizione dell’industria della moda verso un sistema circolare.

E l’impegno di Ovs in questo senso sta già dando i suoi frutti.

Grazie al progetto “Ecovalore” sviluppato con l’Università di Padova, il Report 2020 Circular Fashion System Commitment del Global Fashion Agenda, ha selezionato proprio Ovs tra le 10 best practice mondiali più rilevanti e innovative per la circolarità di prodotto.

Un riconoscimento che viene per avere centrato obiettivi importanti con i propri progetti. In Ovs ad oggi il cotone biologico o certificato è presente nell’85% dei prodotti offerti alla clientela consentendo ad esempio un risparmio stimato di 25 miliardi di litri di acqua. Nel frattempo l’incremento progressivo dei materiali riciclati come il poliestere, ha consentito di evitare la dispersione di oltre 20 milioni di bottiglie di plastica nei mari e negli ecosistemi mondiali. Non solo: entro il 2025, tutti i jeans Ovs (tra i best seller per ogni marchio di abbigliamento) utilizzeranno la tecnologia waterless arrivando così risparmiare oltre 1 miliardo di litri di acqua ogni anno. La produzione del denim consuma infatti tradizionalmente una grande quantità di acqua, ma nuove tecniche di produzione permettono di risparmiare fino al 95% dell’acqua di processo.

Già nel bilancio di sostenibilità 2020 Ovs certifica che Il 30% del proprio denim Ovs è stato prodotto in questo modo.

«Siamo consapevoli» ha detto l’Ad di Ovs Stefano Beraldo «che gli eventi subìti in questi ultimi anni hanno accelerato irreversibilmente alcuni trend peraltro già ampiamente in atto. In particolare: la sempre maggiore attenzione da parte dei consumatori verso i temi della sostenibilità e dell’economia circolare, un maggior peso dei canali di vendita digitali, un maggiore interesse verso capi di abbigliamento per un utilizzo domestico o activewear, a discapito di abiti da ufficio o da cerimonia, nonché il passaggio da un approccio alla moda “fast”, finalizzato a cambiare spesso abiti, a favore di una maggiore attenzione alla qualità e durata del proprio guardaroba.

 

Riteniamo che l’attenzione data alle fibre naturali, come il cotone certificato biologico o Better Cotton Initiative che oramai caratterizza l’85% della nostra offerta (con l’obiettivo di raggiungere il 100% nel 2021), il denim a basso consumo d’acqua, e le molte altre conquiste raggiunte in termini di sostenibilità, unitamente al nostro posizionamento rivolto alle famiglie, ci posizionino per vocazione tra i brand maggiormente credibili in Italia in questo campo».