Con il riscaldamento dell’artico e il disgelo del permafrost, un inquietante fenomeno sta trasformando il paesaggio dell’Alaska. Circa 80 fiumi della Brooks Range, una catena montuosa nell’Alaska settentrionale, si stanno tingendo di un preoccupante colore arancione. La causa? Il rilascio di ferro e altri metalli potenzialmente tossici, che solleva serie preoccupazioni per la biodiversità, gli ecosistemi e le comunità rurali che dipendono da queste risorse idriche.
Il fenomeno è stato osservato per la prima volta nel 2018, quando i fiumi una volta cristallini, come l’Akillik nel Parco Nazionale della Kobuk Valley, hanno iniziato a tingersi d’arancione. Uno studio pubblicato sulla rivista Communications Earth & Environment ha confermato il legame tra il cambiamento climatico e questo fenomeno.
Il disgelo del permafrost, un terreno permanentemente ghiacciato, sta infatti accelerando a causa del riscaldamento globale. Questo scongelamento libera nell’ambiente una serie di sostanze, tra cui ferro, zinco, rame e cadmio, che si mescolano all’acqua dei fiumi conferendole la colorazione arancione.
Altri studi suggeriscono che batteri e processi geochimici complessi potrebbero contribuire a questo fenomeno. Il disgelo del permafrost permette ai batteri di ridurre il ferro ossidato presente nel terreno, che viene poi trasportato dall’acqua sotterranea nei corsi d’acqua, dove si ossida nuovamente, assumendo la caratteristica tonalità arancione.
Un team di ricercatori, composto da esperti dell’USGS, del National Park Service, dell’Università della California-Davis, dell’Università dell’Alaska-Anchorage e dell’Alaska Pacific University, ha mappato l’estensione dei fiumi arancioni e studiato il loro impatto sull’ecosistema.
Il fenomeno non è limitato all’Alaska: i fiumi arancioni si stanno manifestando anche in altre regioni artiche, dove il riscaldamento climatico procede a un ritmo quattro volte superiore rispetto al resto del mondo.
Le conseguenze sono gravi, con impatti diretti sulla qualità dell’acqua potabile e sulla pesca nelle aree rurali. L’acqua arancione è infatti associata a un abbassamento del pH, maggiore torbidità e concentrazioni elevate di solfati e metalli, risultando tossica per la vita acquatica. La ricerca ha rilevato un drastico calo della diversità dei macroinvertebrati e dell’abbondanza di pesci, con implicazioni negative per l’approvvigionamento di acqua potabile e la pesca di sussistenza nelle zone rurali dell’Alaska. Gli scienziati sono particolarmente preoccupati per gli effetti del meltwater tossico sui pesci che depongono le uova, con potenziali ripercussioni sulle industrie ittiche degli stati Uniti.
L’osservazione e lo studio di questi fiumi arancioni sono essenziali per comprendere meglio le conseguenze del cambiamento climatico sulla qualità dell’acqua e sulla catena trofica degli ecosistemi. Con la continua crescita delle temperature, il fenomeno potrebbe intensificarsi, richiedendo misure urgenti per mitigare gli effetti negativi e proteggere l’ambiente e le comunità locali.