Prudenza. Il mercato dei capitali non ama molto questo termine. Da un po’ di tempo quando si parla di investimenti sostenibili da parte degli enti di previdenza, la prudenza è invece l’atteggiamento prevalente. Non è stato sempre cosi. Chi gestisce la previdenza degli italiani in generale non trascura i principi Esg (Environmental, Social and Governance). L’attenzione è progressiva, ma lenta. Potremmo avere e godere della progressività di un’economia sostenibile di un più alto livello di denaro investito, a tutela di ambiente, salute pubblica e mobilità. L’ultima indagine del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali “Le Politiche di Investimento Sostenibile degli Investitori Istituzionali Italiani ”conferma con questo stato delle cose.
E’un documento che rappresenta una linearità, più che un riconoscimento verso un comparto dell’economia nazionale quali sono gli enti di previdenza, le banche, gli istituti assicurativi. La valutazione dell’indagine è di tipo prospettico, nel senso che per capitalizzare gli investimenti si studiano per bene i fattori ambientali, sociali e di governance di un’azienda. E’ una prospettiva finanziaria.Prima di mettere denaro, si apprezzano o si rifiutano gli impatti esterni sia sull’ambiente che sulle persone.
L’indagine è stata svolta su un campione di 128 enti che hanno confermato l’interesse verso la sostenibilità. I rendimenti sono, ovviamente, la bussola che guida lo spostamento di denaro da un settore all’altro. Chi non ha interesse ad avere buoni rendimenti ? Il denaro raccolto può avere destinazioni diverse, ma già riscontrare apprezzamenti per l’ambiente è un buon segnale. Lo scenario mondiale, del resto, nel 2023 non si è distaccato granché da queste tendenze. Gli intervistati italiani hanno detto che queste forme di investimenti mitigano i rischi nel portafoglio degli investitori.
La prudenza come atteggiamento non ha impedito ai due terzi degli intervistati di affrontare il tema della qualità degli investimenti nei CdA“ in ottica futura”. Più della metà ha dichiarato di aver già implementato le politiche ESG con un aumento sia in valore assoluto che in valore percentuale.Certo, è tutto il sistema paese che avrebbe bisogno di maggiore determinazione. Ci sono ancora molte sfide da affrontare; però per il quinto anno consecutivo il Centro studi ha rilevato che il 44% degli enti ha indirizzato verso la finanza sostenibile una quota compresa tra il 75% e il 100% del patrimonio. Siamo in presenza di investimenti strategici che hanno il vantaggio di aumentare la reputazione di chi li effettua.
Le sfide da affrontare si esplicitano anche in un divario significativo tra le aspettative teoriche e gli impatti pratici. “Tale divario potrebbe essere influenzato da fattori esterni, come l’instabilità dei mercati finanziari e l’incertezza normativa”. Quanto contano le persone in questi scenari ? I 128 che hanno risposto, hanno detto che l’ambiente è il fattore dominante nei giri di denaro, ma la componente sociale e la governance dei beneficiari hanno un peso molto alto: rispettivamente il 31,4% e il30,7% delle preferenze. E’ chiaro che questi movimenti di denari si rispecchiano in un contesto politico e normativo in evoluzione. “C’è una crescente consapevolezza della complessità delle nuove procedure e normative, con oltre il 60% dei partecipanti che dichiara di non avere conoscenze sufficienti sulle tecniche di regolamentazione finanziarie europee, gli RTS”. C’è bisogno di formazione o di supporti qualificati, come advisor Esg. Ma una tendenza positiva alla fine annullerà ogni prudenza. Che non resti una speranza.
di Nunzio Ingiusto