Quartultimi in Ue, sempre peggio la gestione dell’acqua
Rapporto ASviS 2023: il 42,4% dell’acqua inserita nelle reti di distribuzione non giunge nelle nostre case. Troppi italiani non si fidano di bere dal rubinetto. Preoccupa la siccità.
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Secondo un sondaggio Ipsos, condotto in occasione della pubblicazione del Rapporto ASviS 2023, tra i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile il Goal 6, “Acqua pulita e servizi igienico-sanitari”, si colloca al settimo posto nella scala delle priorità su cui intervenire, con il 19% delle persone che ritiene l’acqua tra le più rilevanti questioni presenti nell’Agenda 2030.
L’accesso all’acqua, un elemento in passato dato per scontato, negli ultimi anni sta diventando una questione che interroga sempre più italiani. Le recenti crisi idriche hanno infatti portato al 41% la quota degli italiani che ritiene che la scarsità d’acqua stia diventando un problema con cui fare i conti, anche per via del cambiamento climatico che mette sotto stress le nostre riserve di acqua dolce. Per il 37% degli intervistati, poi, la siccità prolungata rappresenterà il fenomeno più preoccupante per i prossimi 10 anni tra quelli legati alla crisi climatica.
In generale, il Rapporto ASviS sottolinea che dal 2010 al 2022 sul Goal 6 c’è stato un peggioramento, come dimostra anche la collocazione dell’Italia al quartultimo posto nella classifica europea sull’obiettivo, e in questo contesto l’efficienza delle reti rappresenta una delle tematiche più critiche a livello nazionale. La dispersione delle reti idriche, infatti, si attesta al 42,4%, una media che continua a salire negli ultimi anni secondo i dati Istat (nel 2018 era al 42%, e nel 2015 al 41,4%). Inoltre, la quota di famiglie insoddisfatte per la continuità nell’erogazione dell’acqua è passata dall’8,7% del 2014 al 9,7% del 2022. Per affrontare le criticità legate all’inefficienza delle reti idriche, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) sono previste diverse misure, ancora però insufficienti, dice il Rapporto. Andando nello specifico, il Pnrr interviene investendo oltre 4,3 miliardi di euro attraverso quattro misure di grande portata: due miliardi di euro per le nuove infrastrutture idriche primarie (per esempio nuovi invasi) su tutto il territorio; 900 milioni di euro per la riparazione, la digitalizzazione e il monitoraggio integrato delle reti idriche in modo da diminuire sostanzialmente le perdite di acqua; oltre 800 milioni di euro per il potenziamento e l’ammodernamento del sistema irriguo nel settore agricolo; 600 milioni di euro di investimenti per la depurazione delle acque reflue, da riutilizzarsi in agricoltura e manifattura.
Attualmente l’89% dei residenti ha un allaccio al sistema fognario mentre, se guardiamo allo stato ecologico delle acque superficiali interne (fiumi e laghi), questo è valutato come “buono” o “superiore” solo per il 43% dei casi (il 10% dei corpi idrici è ancora in uno stato sconosciuto). Per le acque sotterranee, invece, il 70% è in buono stato chimico e il 79% è in buono stato quantitativo (si basa sulle misure di livello/portata in relazione alle caratteristiche dell’acquifero).
Sulla gestione della risorsa idrica ci sono poi delle altre considerazioni da fare, questa volta connesse alla sfera privata: siamo tra i primi consumatori al mondo di acqua in bottiglia, anche perché il 29,4% (dato al 2022) delle famiglie non si fida di bere acqua del rubinetto.
Sul fronte delle politiche di water pricing, infine, alcune Regioni stanno attuando meccanismi che tengono conto del principio “chi inquina paga”, sia nella determinazione del canone di derivazione sia nell’applicazione della tariffa all’utente finale (anche in base ai volumi effettivamente impiegati). Per il settore irriguo questo processo è stato accompagnato negli anni incentivando la misurazione e la registrazione dei volumi irrigui in un database (Sigrian) condiviso tra tutte le istituzioni. A oggi, 13 Regioni hanno emanato delibere per far applicare una tariffa che prevede una quota basata sull’impiego di risorse idriche o meccanismi di premialità/penalità.
LE PROPOSTE
Rafforzare le attività di monitoraggio delle perdite di rete.
Promuovere politiche di prevenzione dell’inquinamento dell’acqua integrate con le politiche agricole per la riduzione dell’uso dei pesticidi.
Rispettare il principio di non nuocere all’ambiente per l’uso irriguo, industriale e civile dell’acqua e assicurare l’internalizzazione del corso ambientale nella determinazione dei canoni di utenza dell’acqua pubblica a livello regionale.
Finalizzare e approvare il prima possibile il Piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici (Pnacc).