Tutti li vogliono e li cercano. Identikit attuale e futuro dei CSR manager, i professionisti che portano e realizzano la sostenibilità in azienda
Questa figura professionale esiste da diversi anni, prova ne sia che esiste in Italia l’Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano (Altis), che da quasi ventanni ha dei corsi dedicati.
Ma proprio in questi ultimi tempi la popolarità e, ancor di più, la necessità di questa figura professionale sta raggiungendo il suo apice.
La responsabilità sociale d’impresa è diventata sempre più importante per le aziende che oggi devono rispondere all’esigenza di portare avanti il proprio business senza arrecare danni ad ambiente e società, ed impegnandosi per essere positiva per tutti i suoi stakeholder.
La responsabilità sociale d’impresa, o CSR, è anche qualcosa che non si può improvvisare, servono manager competenti che siano capaci di integrarla nelle strategie aziendali, portare avanti un percorso, e rendicontarlo. Se fino a oggi in molte aziende il manager della sostenibilità è stata una figura quasi ‘riconvertita’ da altri ruoli (tipicamente funzioni HR e Marketing-Comunicazione), ora va sempre più professionalizzandosi, anche per rispondere a esigenze di normative che si fanno più stringenti.
Di cosa si occupa un manager della sostenibilità
Il/la manager della sostenibilità è la persona che identifica le strategie e i progetti di sostenibilità nelle imprese. Lo può fare come parte dell’organizzazione aziendale, cioè come dipendente, o come consulente esterno.
Tra i suoi obiettivi ci sono la riduzione dell’impatto ambientale, il rapporto con i dipendenti volto all’equità e all’inclusione, la promozione dei diritti umani, la collaborazione con la comunità locale, il territorio, il volontariato e le iniziative sociali. Il CSR Manager organizza e gestisce queste attività, stabilisce dei criteri di misurazione dell’impatto generato, redige il ‘bilancio di sostenibilità‘, si adopera per sviluppare una cultura aziendale sostenibile e assicurare una corretta e trasparente comunicazione verso l’interno e l’esterno, assicurando una percezione pubblica positiva della società ed evitando il greenwashing.
Proprio una ricerca di Altis, condotta tra i professionisti della CSR, ha evidenziato che il loro lavoro deve rispondere alle “4 C” della sostenibilità: coerenza, fare ciò che si dice, dire ciò che si fa; concretezza, generare un impatto significativo e quantificato; coinvolgimento, integrare gli stakeholder nella gestione; cultura, fare della sostenibilità un elemento identitario. Le competenze specifiche della sostenibilità riguardano spesso normative, certificazioni, e strumenti specifici (ad esempio i GRI Standards per la redazione dei bilanci di sostenibilità). Molto importanti sono anche le competenze soft, tra cui le capacità di comunicazione e leadership (24,3%) e di pensiero integrato (26,2%). Il manager della sostenibilità deve per saper dialogare con attori molteplici, dentro e fuori l’impresa, e con diverse funzioni aziendali. Competenze che devono essere necessariamente supportate da skill sempre più tecniche, in particolare normative e ambientali (9,3%) e di misurazione (8,4%).
Il network professionale Sustainability Makers ha tracciato un identikit del Sustainability Manager di oggi in Italia: tra i collaboratori interni all’azienda, essi sono per il 64,6% donne, il 36,5% laureate in management e il 19,8% con laurea scientifico-tecnica; tra i consulenti esterni, il 51,9% è donna, il 39,1% ha laurea in management e 20,3% laurea scientifico-tecnica.
In futuro ciò è probabilmente destinato a cambiare, anche perchè nei prossimi anni un significativo numero di aziende e società di consulenza (i contesti lavorativi di riferiemento per un sustainability manager), prevede di incrementare l’organico con competenze di sostenibilità. Nelle realtà più grandi, nelle aziende quotate, ci saranno dei veri propri team della sostenibilità composti da persone con competenze specifiche e differenti. Probabilmente si creeranno due filoni di carriera nei prossimi anni: uno su ruoli ‘puri’, specializzati sulle tematiche
di sostenibilità; e un altro di tipo ibrido, ovvero ruoli tecnici ibridati con temi di sostenibilità. Possiamo dire che la maggior parte dei ruoli aziendali, o nelle società di consulenza, sono destinati a ibridarsi con la sostenibilità. E’ questo un tema pervasivo che investe, con pesi e contenuti diversi, qualunque tipo di realtà aziendale, per grandezza e settore, e qualsiasi mansione. Questo riguarda anche il top management.
Attualmente non esiste una formazione standard per i professionisti della CSR, che hanno un percorso di studi variabile: la maggior parte sono sono laureati in Economia e management, in seconda battuta e in netto aumento quelli che hanno fatto studi scientifici e a seguire studi umanistici e scienze sociali. Esistono Master che offrono formazione specifica. Sicuramente l’ambito formativo deve recuperare terreno nel settore della sostenibilità, rispetto alle attuali richieste, e le competenze sono spesso frutto di ‘learning by doing’, cioè competenze guadagnate sul campo, con l’esperienza lavorativa.