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Si alza il sipario. Steve Jobs presenta al mondo intero il suo nuovo gioiellino: l’ iPod. Dietro le quinte, lontano dai riflettori, siede colui che, poco più che 30enne, si scoprirà aver progettato quello straordinario mp3 che avrebbe rivoluzionato il modo di ascoltare musica. Ingegnere informatico americano di origini libanesi, Tony Fadell, oltre che papà dell’iPod, è stato anche parte del team di Apple che ha ideato l’iPhone. Oggi è tra i top manager più corteggiati della Silicon Valley. Dopo una carriera folgorante trascorsa a inventare dispositivi deputati a semplificarci la vita, da qualche anno ha scelto di dismettere la felpa con cappuccio e indossare la giacca, diventando lui stesso mentore di nuove leve.

Oggi guida una società di investimento
A 53 anni, oggi guida la società di investimento Future Shape specializzata in startup tecnologiche e ha appena pubblicato il libro «Build: An Unorthodox Guide to Making Things Worth Making» (Harper Business), in cui ripercorre la storia della sua vita: il fatidico incontro con Steve Jobs, la vendita della sua azienda (Nest Labs a Google per 3,2 miliardi di dollari nel 2014, con cui progettò il primo termostato wifi della storia in grado di connettersi alla rete e di autoregolarsi), e tante altre curiosità legate ai 300 brevetti depositati a suo nome che, non contento, continua a sfornare. Lo abbiamo incontrato in occasione del Maker Faire Rome, organizzata dalla Camera di commercio di Roma. «Oggi le persone hanno necessità di avere risposte su tre temi: cambiamento climatico, salute e cambiamento sociale. Tre settori su cui intendo puntare nei prossimi anni. Oltre 15 anni fa, pensavamo che l’iPhone avrebbe cambiato il mondo ma l’iPhone ha fatto molto di più, l’ha rivoluzionato».

 

Guardando al passato, rifarebbe tutto quello che ha fatto o cambierebbe qualcosa?

«Non cambierei nulla. Quando incappo in problemi, cerco di risolverli. Quando abbiamo capito che la dipendenza digitale era un problema per l’umanità, era troppo tardi. Generava dipendenza tra le persone, ma come facevamo a rallentare i consumi? Abbiamo quindi pensato a dei sistemi di screen time per ridurre le ore trascorse dinanzi ai device. Inoltre a quei tempi non sapevamo che l’e-commerce sarebbe esploso, facevamo cose per i geek, mentre la cosa più importante è capire sempre come la tecnologia si va a inserire nel quotidiano della gente comune. Oggi, imparata la lezione, cerco sempre di capire se da una determinata tecnologia potrebbero scaturire eventuali problemi».

L’errore da cui ha più imparato?

«I fallimenti sono i migliori momenti di crescita. Per innovare, bisogna fallire. Si impara sempre sbagliando. Anzi, quando si fanno cose nuove si migliora. Iniziare con “cosa” e non con “perché” è profondamente sbagliato. Il “perché” deve stare sempre all’inizio di ogni progetto. Pensiamo alla struttura di un film (c’è la storia, il cast). Il perché deve sempre essere la guida di una trama che si va poi a sviluppare. Bisogna inoltre capire la propria missione nel mondo. Io ad esempio ho impiegato molti anni prima di realizzare la mia visione». Un’altra domanda: la tecnologia è sostenibile? «Sì e può essere la chiave per risolvere la crisi climatica. Tutti insieme siamo chiamati a ricreare questo mondo, nessuno escluso, e dobbiamo imparare a fare le cose con meno impatto ambientale, preservando il pianeta. Per fare questo sono necessari cambiamenti drastici. Bisogna infrangere i monopoli, rivoluzionando i settori».

Nel libro è scettico sul metaverso…

«Il Metaverso è puro marketing (e alza in contemporanea il dito medio di entrambe le mani, ndr) e nessuno sa ancora esattamente cosa sia. Abbiamo tecnologie straordinarie in grado di risolvere problemi delle persone e dispositivi che consentono di creare cose che non esistono. Con la gravity sketch per esempio possiamo creare in 3D in ambienti 2D. Mi vedete a giocare in Rete e inscenare i panni di un avatar? Il metaverso è solo spazzatura. Non ci si può relazionare con le persone solo tramite uno schermo, perché diventano relazioni tossiche. Quando non ci si relaziona fisicamente, si tende a dire cose che in una situazione reale non si direbbero mai. Così come Second Life prima e i social network adesso, creano conflittualità e discordia, lo stesso accadrà in modo amplificato con il metaverso. Provocherà solo problemi. Le menti andrebbero coinvolte non per fare cose stupide, come Facebook. Ma l’intelligenza delle persone andrebbe applicata per risolvere i problemi reali».

Oltre che in Edda (startup francese che ha raccolto 5,8 milioni di dollari), il suo fondo in che startup investe?

«Investiamo in 200 società del mondo. Conosciamo il metodo e vogliamo tramandarlo a giovani startupper promettenti. Voglio aiutare queste società ad avere successo, facendo le cose che vale davvero la pena di fare. È possibile avere diamanti senza miniere e carne senza mucche? Per me sì e lo dimostrerò. Anche perché non intendo affatto andare in pensione!».

Fonte: https://www.corriere.it/tecnologia/22_ottobre_31/il-padre-dell-ipod-gli-obiettivi-della-scienza-sono-clima-salute-e-cambiamento-sociale-il-metaverso-spazzatura-2956ad49-7c68-493f-83e3-948a92c3dxlk.shtml