È quanto emerge dalla 17esima edizione italiana dell’Indice globale della fame (Global hunger index – Ghi) presentata da Cesvi. L’analisi ha preso in considerazione 121 Paesi in cui è stato possibile calcolare il punteggio Ghi sulla base dell’analisi di quattro indicatori: denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i cinque anni.
Indice globale della fame 2022: in 44 nazioni la fame è a livello grave o allarmante
Nel 2022 l’Indice globale della fame 2022 ha registrato un valore medio di 18,2 (livello moderato in una scala cha va da “basso” a “estremamente allarmante”), mentre era di 17,9 nel 2021. Il dato è in leggero calo rispetto a 19,1 del 2014, ma anche in rallentamento rispetto al passato: il punteggio nel 2000 era 28, nel 2007 era 24,3. L’indicatore di maggiore impatto è rappresentato dalla denutrizione, dato che mostra un’inversione di tendenza dopo oltre un decennio di progressi.
Secondo le stime, 46 Paesi non raggiungeranno entro il 2030 un livello di fame basso, mentre sono 44 le nazioni con livelli di fame gravi o allarmanti con la situazione peggiore in Yemen, Repubblica Centrafricana, Madagascar, Repubblica Democratica del Congo, Ciad.
Rispetto al 2014 la fame è aumentata in 20 Paesi di varie regioni del mondo, raggiungendo un livello moderato, grave o allarmante. L’incremento più deciso è del Venezuela, dove la fame è passata da 8,1 punti (bassa) del 2014 a 19,9 (moderata) nel 2022.
“Le ultime stime di Fao-Wfp prevedono che 45 milioni di persone in 37 nazioni nel gennaio 2023 avranno così poco cibo da essere gravemente malnutrite e rischiare la morte – ha dichiarato Gloria Zavatta, presidente di Fondazione Cesvi – È inaccettabile ed è necessario intervenire subito per invertire questa drammatica rotta”.
I cambiamenti climatici sono l’ostacolo maggiore all’obiettivo Fame Zero 2030
La disponibilità di cibo e acqua è minacciata dai cambiamenti climatici e dagli eventi meteorologici estremi sempre più frequenti e intensi che rappresentano l’ostacolo principale al raggiungimento dell’obiettivo di sviluppo sostenibile Fame Zero entro il 2030. In Etiopia, Somalia e Kenya, una delle peggiori siccità degli ultimi quarant’anni sta mettendo a rischio la vita di milioni di persone orti; le recenti alluvioni in Pakistan hanno sommerso un terzo del Paese e ucciso almeno 1.300 persone; un tifone in Giappone ha costretto 9 milioni di persone a evacuare le loro case.
Alla fame contribuiscono anche le guerre – su 193 milioni di persone esposte a conflitti armati, 139 milioni hanno vissuto condizioni di insicurezza alimentare – e gli aumenti straordinari dei prezzi del cibo (+13 per cento da febbraio a marzo 2022 e +33 per cento da marzo 2021 secondo i dati Fao) che a loro volta possono innescare ulteriori disordini e guerre, alimentando il ciclo di fame e conflitti.
“Stiamo vivendo la terza crisi globale dei prezzi alimentari in 15 anni, e ciò dimostra che la trasformazione dei nostri sistemi alimentari, oggi, è più che mai urgente – ha affermato Valeria Emmi, Networking and advocacy senior specialist di Cesvi – Per porre fine alla fame e all’insicurezza alimentare in modo duraturo, il processo di trasformazione dei sistemi alimentari deve mettere al centro le comunità locali. Numerosi esempi nel mondo dimostrano che una leadership locale è capace di sollecitare adeguatamente chi deve prendere le decisioni ad assumersi la responsabilità della lotta alla fame e all’insicurezza alimentare, non solo nei contesti democraticamente più stabili, ma anche in quelli fragili”.
L’indice della fame è stato presentato in occasione dell’inaugurazione della mostra fotografica “The last drop” di Fabrizio Spucches con cento scatti realizzati nel Corno d’Africa e in Ucraina per un drammatico e provocante parallelismo. La mostra sarà visitabile all’Acquario civico di Milano da sabato 5 novembre a domenica 11 dicembre 2022.
Fonte: https://www.lifegate.it/indice-globale-fame-2022-cesvi