Nel bel mezzo della tempesta energetica che sta investendo l’ Europa, così Renato Mazzoncini, amministratore delegato di A2a, vede il nostro Paese nel medio periodo, verosimilmente tra cinque anni. «Per decenni – commenta – luce, gas e acqua sono costati relativamente poco e non ci si preoccupava tanto dei consumi. Ora c’ è l’ emergenza, ma dobbiamo immaginare un mondo normale con prezzi che magari non torneranno ai livelli di prima, ma che potrebbero essere certamente sotto i 100 euro al megawattora per l’ elettricità».
Ingegner Mazzoncini, più che immaginarlo, dobbiamo costruirlo un futuro energetico più autonomo, efficiente e sostenibile. Come? «Innanzitutto vediamo a che punto siamo. Il nostro Paese è al secondo posto in Europa per disponibilità di energie rinnovabili mentre si trova al 23esimo per autonomia: produce solo il 22,5% dell’ energia consumata, a fronte di una media europea del 39,5%. Nello studio “Verso l’ autonomia energetica italiana” curato da A2a con The European House Ambrosetti e presentato a Cernobbio a inizio settembre, i risultati dimostrano che l’ Italia può aumentare la produzione da fonti rinnovabili con un incremento di 105,1 gigawatt di solare (quasi cinque volte la capacità installata), 21,1 gigawatt di eolico (quasi il doppio di oggi) e 3,3 gigawatt di idroelettrico (oltre il 20% della capacità installata). Con un contributo fondamentale da parte delle Regioni».
Che cosa devono fare? «È necessario che le Regioni assumano adesso una posizione più operativa. Anche perché ognuna ha le sue specificità. Abbiamo condotto la nostra analisi focalizzandoci sulle singole Regioni proprio per andare a vedere quali sono le potenzialità di sviluppo per ciascun territorio. La Lombardia, per esempio, ha un’ ampia possibilità di crescita nel fotovoltaico che andrà sviluppato principalmente sui tetti, visto l’ elevato numero degli edifici, mentre il Molise o la Puglia sono più adatti per gli impianti a terra. Stiamo organizzando un roadshow nelle regioni dove siamo presenti per raccontare i risultati dello studio e mettere a disposizione dei decisori il nostro contributo, perché l’ Italia può realisticamente aumentare il livello di autonomia energetica sfruttando le proprie “materie prime”: acqua, sole, vento. Oltre ai rifiuti che oggi sono un punto debole e devono diventare risorsa».
In che senso? «I nostri territori non sono dotati di impianti adeguati per l’ avvio al recupero energetico dei rifiuti: abbiamo stimato un totale di circa 8 milioni di tonnellate che possono essere recuperati come energia, come già avviene a Milano o a Napoli nei nostri termovalorizzatori. Inoltre adesso che gli incentivi al biogas stanno per cessare è opportuno passare al biometano con un upgrade degli impianti. Il potenziale del biometano è praticamente inespresso in Italia ed esistono due percorsi di crescita: la conversione degli impianti di biogas esistenti per la produzione di biometano e l’ installazione di nuovi impianti. Oggi produciamo 200 milioni di metri cubi, secondo i nostri studi l’ Italia ha un potenziale di 6,3 miliardi di metri cubi, che corrispondono a circa l’ 8% del consumo nazionale di gas e al 22% del metano importato dalla Russia nel 2021».
Sembra di capire che finora abbiamo perso tempo e non abbiamo sfruttato le nostre potenzialità. Arriveranno i razionamenti? «Preferisco parlare di efficienza energetica. Consideriamo che il gas russo era quasi il 40% del totale dei nostri consumi, ma il gas è una porzione dell’ energia primaria. L’ energia complessiva importata dalla Russia sul totale (comprese rinnovabili, biomasse, geotermia e altro) pesava per il 15%. La percentuale già oggi è più bassa. Facendo efficienza energetica potremmo farne a meno quasi del tutto. Gli spazi ci sono. In base alla nostra analisi, negli edifici c’ è un margine del 40% di risparmi e nella mobilità del 60%, mentre le industrie sono già efficienti anche se hanno un margine ulteriore del 10% circa». Ci vorrà del tempo per mettere le rinnovabili e fare efficienza. Mentre ora si fanno i conti con l’ elettricità che costa 500 euro a megawattora «La Ue sta ragionando sul price cap a circa 200 euro a megawattora per l’ elettricità prodotta da fonti alternative al gas. Ma per abbassare le bollette sarebbe opportuno proprio un tetto al prezzo del gas. L’ energia che si consuma oggi è solo per il 20% elettricità, mentre l’ 80% è diviso tra riscaldamento (metano) e mobilità (carburanti)».
Ci vuole un price cap anche sul gas? «Sì. Ma bisognerebbe imporre il tetto come regola di mercato per tutti, non solo per Mosca, in accordo con i principali Paesi produttori amici come Norvegia, Usa, Algeria e Azerbaijan».
Per abbassare le bollette il governo ha messo una tassa del 25% sugli extra-profitti delle aziende energetiche, molte aziende hanno fatto ricorso perché dicono che gli extra-profitti non ci sono. E voi? «Noi non abbiamo fatto ricorso e abbiamo pagato l’ acconto, l’ importo complessivo nell’ anno è circa 45 milioni. Ma è vero: gli extra-profitti per le utility non ci sono. Prova ne è che gli utili sono calati e i titoli in Borsa sono scesi. Se ci fossero stati extra-profitti avremmo avuto utili enormi e un trend di rialzo sui mercati finanziari. Gli extraprofitti li stanno facendo i produttori di gas».
A proposito di Borse, che cosa sta succedendo sul mercato europeo dell’ elettricità? Davvero le utility rischiano di non avere forniture di gas? «Sì, soprattutto le più piccole. Con il costo della materia prima, cioè il gas, decuplicato in un anno sono decuplicate anche le garanzie richieste dalle piattaforme di trading. Per questo motivo si sta creando tensione finanziaria, tanto che alcuni Paesi stanno pensando di offrire garanzie statali a supporto delle utility del settore energia. Il mercato oggi non sta funzionando, né per i cittadini né per le imprese fornitrici. Ritengo che l’ energia debba rimanere a mercato, ma il mercato si deve assestare in funzione delle situazioni contingenti, e, in caso contrario, bisogna intervenire con delle regole».
di Fausta Chiesa
Fonte: Il Corriere della Sera