La storia è feroce. E soprattutto, non perdona. La Germania lo sta imparando nel modo più brutale possibile. Per anni si è creduta intoccabile. Invincibile. Un modello da seguire, una potenza economica e morale, il perno su cui ruotava l’Europa. Ma il tempo delle illusioni è finito. Oggi Berlino è un gigante dai piedi d’argilla, un Paese che crolla sotto il peso delle sue stesse scelte, che affonda nell’errore più grave che una nazione possa commettere: credere di poter sfidare la natura e vincere.
Le elezioni tedesche hanno mostrato il disastro: una CDU-CSU ferma al 30%, Alternative für Deutschland che sfiora il 20%, la SPD ridotta a un patetico 16%, i Verdi scomparsi sotto il peso del loro stesso tradimento. La Germania che si vantava della sua stabilità politica è diventata instabile. Ma se qualcuno pensa che questo sia solo un problema di urne, si sbaglia di grosso. Perché la vera radice della crisi non è la politica. È l’economia. È l’ambiente. È il collasso del modello tedesco.
IL GRANDE BLUFF DELLA GERMANIA VERDE
Per anni ci hanno raccontato la favola della Germania verde. Dell’industria sostenibile. Della transizione ecologica. Ma era tutto un bluff. Un’illusione coltivata da leader ciechi e da un’Europa che ha preferito non vedere. La Germania non è mai stata il faro della transizione ecologica. È sempre stata il Paese delle contraddizioni.
•Ha chiuso le centrali nucleari, ma ha riaperto le centrali a carbone
•Ha parlato di energia pulita, ma ha continuato a importare gas dalla Russia
•Ha imposto regole ferree alle industrie europee, ma ha permesso alle sue di continuare a inquinare
Poi è arrivata la guerra in Ucraina. Il gas russo è scomparso. Il costo dell’energia è esploso. E il miracolo tedesco si è rivelato per quello che era: un gigantesco bluff.
L’industria è crollata. Il PIL è in recessione per il secondo anno consecutivo: -0,3% nel 2023, -0,2% nel 2024. La produzione industriale è sotto i livelli del 2020. La parola dell’anno, scelta da economisti e giornalisti? Deindustrializzazione.
Le grandi aziende chiudono, gli imprenditori scendono in piazza, il governo non sa cosa fare. E la Germania, da locomotiva d’Europa, è diventata il suo freno.
IL CROLLO DELLA GERMANIA DELL’AUTO
Ma il vero cuore del disastro è uno: l’auto.
Per decenni la Germania ha costruito la sua potenza sull’industria automobilistica. Benzina, diesel, SUV enormi, motori rombanti che consumano e inquinano. Poi il mondo è cambiato. L’auto elettrica ha iniziato a dominare il mercato. E Berlino? È rimasta ferma.
Tesla ha superato Volkswagen. Le case cinesi producono auto elettriche che costano il 20% in meno di quelle tedesche. Gli stabilimenti chiudono o si spostano all’estero. E Berlino, che per anni ha difeso l’industria dell’auto a ogni costo, scopre che quella stessa industria ora la sta tradendo.
L’Europa ha imposto la transizione elettrica. Ma la Germania, invece di prepararsi, ha fatto quello che sa fare meglio: ha temporeggiato, ha negoziato, ha protetto le sue vecchie industrie. Ora paga il prezzo della sua arroganza.
E mentre Berlino cade, da Washington arriva l’ultima mazzata. Donald Trump è tornato alla Casa Bianca. E ha già annunciato dazi del 25% sulle auto tedesche. Un colpo mortale.
LA FALSA TRANSIZIONE VERDE E LA FINE DI UN’ERA
Ma non basta. Perché il fallimento tedesco non è solo economico. È anche ambientale.
La Germania ha predicato la sostenibilità e poi ha continuato a devastare il pianeta. Ha protetto l’industria del carbone mentre accusava gli altri di non fare abbastanza. Ha lasciato che le sue fabbriche avvelenassero l’aria e l’acqua mentre imponeva limiti severissimi agli altri Paesi europei.
E ora, con l’energia rinnovabile ancora insufficiente, Berlino è costretta a tornare indietro. A bruciare più carbone. A riaprire impianti che avrebbero dovuto essere chiusi.
Per anni ci hanno detto che la Germania sarebbe stata il leader della transizione ecologica. Ma oggi la verità è sotto gli occhi di tutti: il modello tedesco è morto.
E il risultato è quello che vediamo: caldo record, siccità sempre più gravi, alluvioni devastanti.
•2023: 239 morti in Germania e Belgio per inondazioni
•2024: l’estate più calda mai registrata in Europa
•2025: previsioni di scarsità d’acqua nel Nord Europa
La natura si sta vendicando. E la Germania scopre che la sua arroganza l’ha portata dritta nel baratro.
IL COLLASSO POLITICO: LA DESTRA AVANZA, LA SINISTRA MUORE
E così, mentre l’economia crolla e l’ambiente si ribella, anche la politica si sgretola.
•La SPD è morta. Scholz è stato il peggior cancelliere della storia recente. Un leader grigio, senza visione, incapace di affrontare la crisi.
•La CDU ha virato a destra, avvicinandosi sempre di più alle posizioni di Alternative für Deutschland.
•I Verdi si sono suicidati con il loro sostegno al riarmo e alle politiche di guerra.
•La Linke di Heidi Reichinnek cresce, ma è troppo debole per fermare il disastro.
E il peggio deve ancora venire. Perché ora la CDU ha due strade: un’ennesima Grande Coalizione che ucciderà definitivamente la socialdemocrazia, o un’apertura all’estrema destra.
Intanto il mondo va avanti. La Cina domina il mercato delle rinnovabili. L’America di Trump si chiude in sé stessa. E l’Europa? Aspetta. Guarda. Senza sapere cosa fare.
IL TEMPO È FINITO
La verità è che la Germania ha fallito. Ha fallito nella sua transizione ecologica. Ha fallito nella sua strategia industriale. Ha fallito nella sua politica.
E ora deve scegliere. Reagire o sprofondare.
Perché questa volta non c’è più tempo. Il pianeta non aspetta. L’industria non aspetta. E il mondo va avanti, con o senza Berlino.
Se la Germania non cambia rotta adesso, sarà solo una questione di tempo prima che il suo crollo diventi definitivo. E questa volta, nessuno verrà a salvarla.
di Isabella Zotti Minici