Il segreto è nell’olio di semi non alimentari, nello specifico ricino, noci di croton e derivati del cotone. La buona notizia è che si tratta di una transizione ovviamente lenta, ma già iniziata. La bioraffineria Eni di Gela ha ricevuto nell’ottobre del 2022 il primo carico di olio proveniente dal Kenya.
L’obiettivo è ottenere 700.000 tonnellate di feedstock entro il 2026, creando allo stesso tempo opportunità di lavoro attraverso l’espansione delle attività agricole in terreni marginali e abbandonati senza entrare in competizione con la produzione alimentare.
Il carburante ricavato dà ottimi risultati soprattutto nei trasporti pesanti, come aerei, treni e navi.
La seconda buona notizia è che il progetto, uno dei tanti destinati alla decarbonizzazione della mobilità intrapresi da Eni, prevede appunto delle ottime ricadute sociali nei territori in cui stanno sorgendo gli agri-hub della compagnia energetica.
Gli agri-feedstock sono il futuro della mobilità
In questo senso Eni sta sviluppando una rete di agri-hub nei Paesi africani. Ha già sottoscritto accordi in Kenya, Congo, Angola, Mozambico, Costa d’Avorio, Ruanda e avviato studi di fattibilità in Kazakistan e in Italia.
Nell’agri-hub si spremono i semi, prodotti nei campi dai contadini, da cui estrarre oli destinati alla raffinazione.
Solo in Kenya, al momento, 40mila piccoli e grandi agricoltori stanno diversificando le loro coltivazioni per trasformarle in agri-feedstock, la materia prima che sarà trasformata prima in olio vegetale e poi in biocarburanti. Il progetto è virtuoso in ogni sua parte.
Da un lato interviene in modo intelligente sul recupero di terreni degradati, a rischio di desertificazione o inquinati.
Dall’altra dà vita a un’economia stabile e costante, che, vista la crescita della domanda di oli agricoli da trasformare in biocarburante, ha un futuro e uno sviluppo prevedibile.
Gli agri-hub, inoltre, funzioneranno anche come polo di formazione e supporto tecnico. Qui si produrranno mangimi e bio-fertilizzanti, derivati dalla produzione degli agri-feedstock, che potranno essere valorizzati e andare a incrementare le produzioni zootecniche e alimentari.
Una soluzione per l’energia, una soluzione per gli esseri umani
A partire dal 2023 la direttiva europea sulla produzione di oli vegetali per biocarburanti definisce le norme fondamentali della produzione di biocarburanti. Regole semplici: gli agri-feedstock non devono impattare sulla coltivazione di prodotti alimentari e non devono causare deforestazione.
Ovviamente non basta: si tratta infatti di realizzare quella che viene definita laJustTransition, un paradigma di progetti in cui alla sostenibilità e all’ambiente si affianca l’uso razionale della ricerca per sviluppare semi sempre più adatti ai terreni delle zone intercettate dal nuovo business dei biocarburanti.
Regioni aride e a rischio erosione, in cui gli agri-hub potranno migliorare la qualità di vita di un milione di famiglie entro il 2030. Alberto Piatti, responsabile dello sviluppo sostenibile di Eni ricorda che: “Stiamo portando avanti una valutazione in termini socio-economici per monitorare e verificare il miglioramento della capacità di reddito che questo sistema introduce nella vita degli agricoltori, con un’attenzione particolare al rispetto dei diritti umani”.
Eni non si ferma agli agri-hub
In Kenya Eni sta inoltre raccogliendo nei bar, ristoranti e hotel di Nairobi anche glioli alimentari esausti, che tecnicamente si definiscono UCO.
In parole povere olio di frittura recuperato attraverso un lavoro di sensibilizzazione.
La trasformazione di un rifiuto in un valore, uno dei concetti base della sostenibilità, in questo caso ha concrete ricadute sanitarie e economiche.
L’olio raccolto al deposito Eni di Nairobi, viene poi caricato su rotaia e trasportato al porto di Mombasa, per arrivare poi a Gela. Dove incrementerà le scorte di olio per biocombustibile.
di Elisa Massoni
Fonte: https://www.internimagazine.it/approfondimenti/la-sostenibilita-arriva-dallafrica/