Se fino a qualche tempo fa lo sviluppo di un approccio strutturato all’economia circolare poteva sembrare un fiore all’occhiello per poche aziende illuminate, oggi è diventato un imperativo per tutti gli attori del mercato.
La crisi pandemica, gli eventi climatici estremi, l’accordo ormai unanime sulle conseguenze di una gestione non sostenibile delle risorse naturali hanno spinto la maggior parte dell’opinione pubblica occidentale a un approccio diverso nei confronti dell’ambiente. E ancor più nei comportamenti che le aziende adottano per affrontare questa emergenza. In questa percezione sono inoltre inscindibili l’impatto sul territorio e le risorse naturali da quello sulla società, le comunità e le persone.
Proprio la crescita di questo interesse ha determinato la necessità di trasformare un elemento tra i tanti affrontati da chi si occupa di innovazione, progettazione, produzione e mercato in una priorità indiscussa. In altre parole, la questione della sostenibilità e dell’impatto è oggi un tema che ha bisogno di un approccio scientifico e non di un intervento d’eccezione.
Ma esiste un modo per sistematizzare i tanti sforzi prodotti da un’azienda nel contesto ambientale e sociale? Come uscire da uno scoordinato insieme di iniziative lodevoli, ma indipendenti? Come integrare le operations e la corporate social responsibility, le vendite e la ricerca e sviluppo, il finance e il marketing?
La risposta, a mio avviso, non sta nello sviluppo di un ulteriore nuovo framework che ricostruisca una capacità di analisi complessiva. Non richiede cioè strumenti nuovi. Esistono già un approccio metodologico, una cultura a esso legata e una serie di strumenti operativi che, se ben adattati, permettono di costruire questa impostazione coerente e scientifica all’economia circolare.
Mi riferisco al Lean Thinking, ossia a quell’approccio all’organizzazione del business e dei processi aziendali, nel manufacturing così come nei servizi, che ha messo al centro la costruzione del valore per il mercato. Un’idea che si fonda sulla riduzione di sprechi e su un utilizzo intelligente delle risorse a disposizione. È quanto da anni esplorato dal Lean Center di CUOA Business School.
In passato il concetto di “valore per il mercato” era legato a un modo distintivo e sostenibile per raggiungere la soddisfazione delle esigenze dei clienti, punto centrale di tutti gli sforzi aziendali. Oggi quel modo di leggere lo sviluppo del business rimane differenziante ed efficace. Ma cambia l’ambito cui si riferisce. Esso infatti si sposta dall’ottimizzazione di processi rivolti a specifici segmenti di clienti per abbracciare elementi che impattano sull’equilibrio ambientale e sociale in cui i clienti, l’azienda e tutti gli stakeholder coinvolti si muovono.
Gli strumenti del Lean Thinking, riletti nei fini più ancora che nelle meccaniche, sono quelli che abbiamo imparato a usare in questi anni e che devono essere assoluto bagaglio di ogni manager. Questi stessi strumenti possono però essere riletti in modo nuovo.
Eppure non si tratta di un’evoluzione semplice. Il ponte virtuoso tra l’impostazione snella e la cura delle risorse ambientali e sociali è di solo apparentemente facile costruzione. In realtà si declina e articola in diversi modi.
- Prima di tutto c’è un approccio nuovo che deve nascere attorno all’analisi dei processi e dei gap. La tradizionale mappatura dei processi, con la seguente individuazione e riduzione degli sprechi, non va vista nella sola dimensione delle risorse interne all’azienda o alla value chain, ma anche nelle implicazioni che l’azione aziendale ha sull’equilibrio del consumo delle risorse ambientali e sociali.
In altre parole si tratta di rileggere gli stakeholder che consideriamo nella nostra analisi. Consapevoli che gli impatti su di essi, risorse naturali o sociali che siano, sarà un elemento di sempre maggior attenzione per il mercato. - Al secondo livello però sta una lettura dell’azienda che si sposti dall’analisi dei processi a quella dell’intero business model. Se infatti l’analisi focalizzata sul processo operativo è di fondamentale importanza per costruire terreni di intervento precisi ed efficaci, dall’altra serve alzare la visione a un livello più sistemico per comprendere le implicazioni che possono avere eventuali incoerenze tra scelte logistiche, tecnologiche, di mercato, comunicazione e così via.
Sono due livelli, quello dei processi operativi e quello dell’impostazione del business model, che richiedono un attento esame attraverso strumenti operativi facili da applicare e capaci di creare un allineamento profondo in tutti gli ambiti organizzativi aziendali.
C’è in questo senso un ulteriore elemento di grande importanza che deriva dall’impostazione scientifica permessa dal Lean Thinking e che si ricollega al raggiungimento di una visione comune e di priorità condivise da tutta l’organizzazione.
È un fattore chiave per spostare l’attenzione da temi di breve periodo orientati all’ottimizzazione locale dei processi aziendali a un controllo più sistemico di elementi di impatto nel lungo periodo. Mi riferisco al controllo e agli indicatori.
“Si ottiene ciò che si misura” e se non si agisce in modo da ripensare quali siano i KPI e le metriche che dirigono l’analisi e il controllo aziendale, si rimarrà bloccati su impostazioni non adeguate al compito che ci attende. La rilettura del frame di valutazione degli impatti dell’azienda è adeguata a un processo di controlling che ha già da tempo superato i limiti di un’impostazione tutta economico finanziaria.
C’è poi una conseguenza molto sfidante di questa impostazione. Si lega alla credibilità dello sforzo verso l’economia circolare. Se un tempo era possibile un intervento sui processi tutto interno alle mura dell’azienda, oggi l’obiettivo di impattare sull’ambiente naturale e sociale richiede una trasparenza massima.
Lo sforzo deve essere visibile per poter produrre risultati adeguati alle intenzioni. Il backend dell’azienda diventa protagonista dell’identità del brand. Non è così scontato in tempi in cui sembra prevalere un disaccoppiamento tra lo storytelling commerciale e le reali condizioni dei processi operativi del backstage.
Serve invece mostrare apertamente cosa avviene realmente nella struttura produttiva, nei nodi della supply chain, nella gestione delle materie prime e dei cicli di trasformazione, nell’utilizzo di risorse energetiche più o meno rinnovabili. Sono tutti elementi inevitabilmente da far emergere e rivelare al mercato.
Può sembrare un percorso sfidante e di difficile realizzazione. Ma c’è un lato positivo da considerare. Lo sforzo sarà premiato da contenuti di comunicazione rinnovati e adeguati alla nuova sensibilità del mercato. E di conseguenza da elementi di posizionamento e distintività che possono oggi fare la differenza nei processi di acquisto dei clienti.
Ci sono due condizioni perché queste potenzialità si realizzino. Da una parte serve un marketing capace di costruire, anche in ambiti B2B più tradizionali, uno storytelling nuovo fondato su elementi di valore non consueti. Dall’altra serve educare un mercato non ancora sempre recettivo, specie nelle fasi a monte delle catene del valore o in ambiti geografici non evoluti, e spesso incapace di comprendere appieno quanto narrato.
Oggi serve dare una sistematicità all’impostazione aziendale verso i temi della sostenibilità e dell’economia circolare. Un utilizzo adattato a questo fine dell’approccio del Lean Thinkingpuò essere il modo giusto per sviluppare una sensibilità e un valore nuovo conservando al tempo stesso la necessaria attenzione al mercato e alla crescita.
È uno sforzo operativo e culturale. Passa dall’adozione e dall’adattamento di strumenti di analisi e governo dei processi, ma richiede anche uno sforzo di allineamento che coinvolga ogni dipendente e collaboratore, ogni cliente e fornitore da accompagnare in questa trasformazione.
A cura di Stefano Schiavo, Faculty Member CUOA