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Esg è un acronimo utile e importante, specialmente se praticate il mondo del lavoro a un certo livello

Esg è un acronimo utile e importante, specialmente se praticate il mondo del lavoro a un certo livello. Ed è proprio per questo che Massimo Lapucci (presidente di Egea e docente di Finanza e sostenibilità a Yale) e Stefano Lucchini (chief institutional affairs and external communication officer di Intesa San Paolo) ne hanno fornito un’interpretazione originale e interessante nel loro libro non casualmente intitolato Ritrovare l’umano. Ma prima di capire perché l’aggiunta dell’umano non è piccola cosa, bisogna tornare su Esg. Credo che i lettori di questo giornale abbiano un’idea almeno vaga di che cosa significhi. Vuol dire che un’impresa per essere sostenibile in termini generali deve curare la E per Environnement (ambiente) la S per Social e la G per Governance. Il che implica rispettare l’ambiente, favorire l’equità in azienda anche prestando attenzione alla diversità e alle discriminazioni, tutelare gli interessi di tutti gli stakeholder cioè non solo proprietà e dirigenti ma anche lavoratori e comunità. Il tutto per mantenere un sano equilibrio tra l’interesse delle generazioni attuali e delle generazioni future. Beh, diciamoci la verità, così messa la questione pare difficile fare troppe obiezioni all’adozione di pratiche ispirate a Esg. Epperò, se parlate con gli imprenditori e leggete le riviste specializzate vi accorgete che così non è. Le obiezioni ci sono, e serie. Perché? Innanzitutto, qualsiasi imprenditore onesto può pensare in cuor suo e magari qualche volta anche dire a alta voce «Con i profitti faccio investimenti, do lavoro a tante persone e pago le tasse (cosa che nel nostro Paese non può darsi per scontata). Questa è la mia sostenibilità. Perché mai dovrei accettare criteri esoterici come Esg, magari valutati da agenzie di rating internazionali e promossi da grandi fondi di investimento?».

In secondo luogo, da banda opposta, ci sono i puristi e i radicali. Per costoro, adottare politiche ispirate a Esg non basta. Potrebbe essere fatto per mere ragioni di convenienza e adottando misure che riguardano esclusivamente la comunicazione, senza mettere seriamente mano al business vero e proprio.

Queste sono due obiezioni standard al mondo Esg, e se vogliamo possiamo etichettare la prima come di destra e la seconda come di sinistra. Ma, a parer mio, non sono queste le ragioni più interessanti. Che, andando più a fondo, sono altre due. La prima è che la sostenibilità Esg ora come ora serve a lucrare profitti in Borsa. Tramite le agenzie internazionali di rating e i grandi fondi di investimento se non sei Esg coerente rischi di essere escluso dal giro finanziario globale. A questo punto, come non sospettare che gli obiettivi di sostenibilità non siano perseguiti per il loro valore intrinseco ma solo per fare soldi? La seconda ragione è che tutto il macchinoso meccanismo di rating e fondi presuppone la misurabilità della performance Esg. E la cosa è maledettamente difficile, ve lo assicuro dopo che per anni a Ethos Luiss abbiamo studiato vari criteri di misurabilità nel settore.

Ora, non so se proprio questa è la premessa del ragionamento che Lapucci e Lucchini hanno fatto per la loro interpretazione innovativa di Esg. Ma potrebbe esserlo, e comunque potrebbe essere qualcosa di simile. Perché che ci dicono i due autori? Provate a aggiungere a Esg una H. Questa H sta innanzitutto per Human ma anche per Health e Happiness (come recita il sottotitolo del volume). E vedrete che le cose si aggiustano. Perché dopo circa due decenni di adozione di pratiche Esg si rischia di buttare via il bambino (Esg) con l’acqua sporca (quello che non funziona). E se vogliamo evitare un danno del genere allora dobbiamo rendere più naturale e meno astratto il modello, applicandolo per esempio alla gestione delle città e ai problemi della sanità. Più in generale, dobbiamo mettere al centro del progetto l’essere umano. Cosa che vale in tutto l’ambito del business ma è oggi ancora più significativa nell’ambito della condizione digitale in cui viviamo. In sostanza, cerchiamo di rendere il tutto alla portata della persona e comprensibile. Cosa ancora più interessante, questa interpretazione sposa tesi di avanguardia intellettuale come quelle del World Well Being Movement di Oxford con un robusto senso comune. E viene da un Paese che dopotutto ha inventato l’Umanesimo.

di Sebastiano Maffettone

 

 

Fonte: https://www.ilsole24ore.com/art/l-umanesimo-rende-piu-completi-criteri-esg-AG1Rw98B