Non siamo qui per rassicurarvi. Nè per dipingere un quadro roseo di un futuro che non esiste. Siamo qui per raccontarvi la verità.
E la verità è che siamo sull’orlo del precipizio, stiamo velocemente scivolando gi con un sorriso idiota stampato sulla faccia. Continuiamo a parlare di sostenibilità ma solo perché va di moda, senza avere il coraggio di guardare la realtà.
Eppure i numeri ci sono. Nel 2023, le emissioni di CO2 sono aumentate del 2%. L’accordo di Parigi? Uno scherzo. Stiamo spingendo la temperatura globale verso un aumento di 2,7 gradi entro la fine del secolo. Insomma, è come giocare alla roulette russa con il pianeta. E mentre ci balocchiamo tra auto elettriche ed eco-gadget, il mondo sta crollando. Entro il 2050 si stima che 1 miliardo di persone potrebbero diventare rifugiati climatici. Un miliardo. Dove li metteremo? Cosa mangeranno?
E non parliamo solo di clima. Guardiamo ai nostri figli. Che futuro lasceremo loro? Nel 2050, la popolazione italiana sarà scesa sotto i 50 milioni, un inverno demografico senza precedenti. Meno nascite, meno giovani, più anziani. E mentre la popolazione invecchia, i cervelli migliori scappano. Nel 2022, oltre 30.000 laureati italiani sono emigrati all’estero. Se ne sono andati perché sanno che qui non c’è spazio per il talento. E allora? Allora resta solo un Paese che si svuota, dove la pensione è diventata una speranza di vita, non un diritto.
Ma questo non basta. C’è un altro pericolo che nessuno vuole vedere: la fuga delle competenze. Stiamo perdendo non solo le nostre menti migliori, ma anche la capacità d’innovare.
Entro il 2030, oltre il 40% dei posti di lavoro attuali diventeranno obsoleti a causa della rivoluzione digitale. Intelligenza artificiale, automazione, robotica. E noi? Noi non siamo pronti. Non stiamo formando i nostri giovani per questo futuro. Le scuole italiane sono ferme a un sistema vecchio di decenni, e solo il 12% propone programmi di educazione alle sostenibilità o alle tecnologie emergenti. Gli altri? Non sono neppure al passo con il presente.
Il futuro, quello vero, non sarà fatto di belle parole. Sarà fatto di sfide brutali.
Parliamo di risorse idriche: entro il 2030, la domanda globale di acqua supererà l’offerta del 40%. Intere aree saranno invivibili. Pensate ai vostri figli, ai vostri nipoti. In che mondo cresceranno? Un mondo di migrazioni di massa, di città sommerse, di deserti che avanzano. Sarà una lotta per la sopravvivenza. Altro che vivere meglio. Qui stiamo parlando appena di sopravvivere. E mentre ci illudiamo con le nostre promesse vuote, il mondo va a pezzi.
Humane non è qui per puntare il dito, ma per raccontare chi ha il coraggio di combattere. Perché ci sono aziende, ci sono start-up che non si sono arrese. Guardate ad esempio Beyond Meat, che non solo ha rivoluzionato l’industria alimentare, ma ha dimostrato che possiamo sfamare il pianeta senza distruggerlo. O pensate a Patagonia, che ha donato l’intera azienda per combattere il cambiamento climatico. E Impossible Foods? Sta ridisegnando il nostro rapporto con il cibo e l’ambiente in modo sostenibile. Queste realtà non stanno solo vendendo prodotti. Stanno costruendo un futuro piumano. Ma non è ancora abbastanza, perché non basta raccontare soltanto belle storie. Servono soluzioni. Servono azioni concrete. Humane scopre e racconta storie di innovazione, di resilienza, di chi sta facendo la differenza.
I nostri lettori, mediamente oltre 50.000, con un tasso di crescita del 15% annuo, non ci seguono per essere intrattenuti. Vogliono sapere, vogliono capire, ma soprattutto vogliono fare. Non si limitano a leggere: agiscono. Perché il punto è proprio questo. Non c’è più tempo. Il cambiamento non è una possibilità, è un obbligo per tutti noi. Humane non è qui per raccontare favole, ma per combattere. E voi? Che cosa farete?
Isabella Zotti Minici
Direttore responsabile di Humaneworldmagazine