Il gruppo trevigiano non solo produce compound termoplastici formulati con materiali rigenerati, ma si occupa anche di riciclare gli sfridi industriali dei clienti con un approccio basato sulla responsabilità sociale d’impresa.
Mepol ricicla materie plastiche e produce compound termoplastici formulati con materiali da recupero: per questa ragione non si definisce un’azienda che ha integrato la sostenibilità nella sua strategia industriale, ma una realtà nata per pianificare e controllare le sue azioni ai fini della sostenibilità; e non è una distinzione sottile. Perché la responsabilità sociale d’impresa per Mepol è da sempre asset strategico con una visione a lungo termine.
IL PRODOTTO: LO SPECCHIO DELLA SOSTENIBILITÁ. Secondo l’azienda trevigiana, sostenibilità e crescita aziendale non sono obiettivi alternativi tra loro ma, al contrario, si rafforzano a vicenda, come dimostrano i progetti dedicati alla sostenibilità di prodotto, tra cui spiccano gli Eco-compounds®, materiali formulati utilizzando almeno il 30% di plastica riciclata e certificati CSI Recycled plastics per contenuto e tracciabilità di filiera.
“La nostra mission è quella di accompagnare il cliente alla transizione verso un materiale più ecologico, proponendo la versione ECO del materiale che utilizza per le sue applicazioni, senza indebolire caratteristiche tecniche ed estetica”, afferma l’azienda. Grazie alle autorizzazioni per il recupero di materie plastiche, di cui sono dotati tutti gli stabilimenti Mepol – Riese Pio X (TV), Ferrara e Gniewkowo in Polonia – viene garantita la tracciabilità del contenuto di riciclato dal rifiuto al compound termoplastico tailor made.
Ma ciò non è sufficiente. Le prestazioni ambientali del prodotto devono essere documentate attraverso una comparazione tra compound vergini e le corrispondenti versioni con contenuto riciclato. Insieme con Assindustria Veneto Centro e altre importanti aziende nel settore delle materie plastiche, Mepol ha sviluppato un modello di calcolo dell’impronta di carbonio, il CFP Systematic Approach per il prodotto in plastica, validato da Ente notificato secondo la Norma ISO 14067:2018.
PERCHÈ SI PARLA DI IMPRONTA DI CARBONIO? Questo parametro, di cui si sente sempre più parlare (anche come Carbon footprint), viene utilizzato per stimare le emissioni di gas serra legate a un prodotto, a un servizio o a un’organizzazione, espresse in tonnellate di CO2 equivalente.
E’ uno strumento volontario, ma sempre più richiesto dal mercato per dimostrare l’impegno verso la neutralità climatica. La Carbon footprint è, prima di tutto, uno strumento per comunicare la sostenibilità ambientale del prodotto: poiché rappresenta il 50% di tutta l’impronta ecologica, fornisce un’idea di massima della ‘pressione’ esercitata sul pianeta derivante dall’uso dei combustibili fossili ed è percepita dai consumatori come un indice di qualità e sostenibilità delle imprese.
La plastica è, ormai da qualche anno, al centro dell’attenzione proprio in tema di sostenibilità, in virtù anche delle numerose regolamentazioni che la colpiscono in modo mirato; dal contributo diversificato per gli imballaggi in plastica versato a Conai, alla strategia europea della plastica; dalla plastic tax italiana ed europea alla Direttiva SUPsugli articoli monouso in plastica, solo per citare le principali. Sotto questa pressione esercitata dall’opinione pubblica e dai decisori politici, le imprese che operano nel settore delle materie plastiche e degli imballaggi devono essere in grado di fornire ai propri interlocutori dati oggettivi e misurati sull’effettivo impatto ambientale dei loro prodotti e sul loro grado di sostenibilità reale.
PERCHÈ NON COMPENSARE L’IMPRONTA DI CARBONIO? Questo impegno richiesto alle aziende deve essere supportato da una forte politica di sostenibilità interna: così, ad esempio, lo stabilimento di Riese Pio X, il più produttivo del Gruppo Mepol, viene oggi alimentato unicamente con energia elettrica da fonti rinnovabili e da circa dieci anni vengono monitorate le performance ambientali di stabilimento, con obiettivi di miglioramento continuo.
Uno di questi obiettivi, la riduzione dell’impatto complessivo dell’impronta di carbonio, ha portato alla nascita del progetto “The green corridor”. Nello stabilimento trevigiano, l’azienda ha deciso di destinare volontariamente circa 8.000 metri quadrati alla creazione di un’area verde con piantumazione di arbusti ad alto assorbimento di CO2. Le piante, infatti, sottraggono durante il ciclo di vita la CO2 dall’atmosfera grazie al processo di fotosintesi, fissando il carbonio all’interno delle loro fibre. Un processo di riforestazione compensa quindi l’emissione di CO2 di altri processi: solo nel primo anno, The green corridor potrà compensare 812.080 kg Co2 eq e in prospettiva, concorrerà a rendere lo stabilimento carbon neutral entro il 2025.
RESPONSABILITÁ ESTESA. Da anni Mepol si impegna comunicare all’esterno la sua idea di sostenibilità e mette il proprio know-how al servizio di associazioni di categoria ed enti di standardizzazione. É membro attivo di Plastic Recyclers Europe, la più influente rete di riciclatori di materie plastiche in Europa e dal 2019 partecipa alla Circular Plastics Alliance (CPA), iniziativa avviata dall’industria dalla Commissione europea nell’ambito della Strategia europea per la plastica con l’obiettivo di incrementare l’utilizzo di plastica riciclata in ambito comunitario portandola ad almento10 milioni di tonnellate entro il 2025.
Mepol aderisce anche a C.A.R.P.I. – Consorzio Autonomo Riciclo Plastica Italia – sorto nel 2007 dalla volontà di alcuni imprenditori di riunire le maggiori aziende italiane operanti nel settore del riciclo dei rifiuti plastici da prodotti secondari e terziari e imballaggi, provenienti da superfici private.
Con il contributo di:
Mepol Srl
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Tel.: +39 0423 746168
Fax: +39 0423 746682
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