Nel 1992, al Summit della Terra di Rio de Janeiro, il governo canadese propose una Giornata mondiale degli oceani. Dal 2008, l’ONU ha riconosciuto questa ricorrenza, che viene celebrata ogni anno l’8 giugno. La salute degli oceani è cruciale per la nostra esistenza: coprendo ¾ della superficie terrestre, contengono il 97% dell’acqua del globo e ospitano il 99% delle forme di vita. La conservazione delle risorse marine è il focus del Goal 14 dell’agenda ONU, un obiettivo vitale per la nostra sopravvivenza, considerando che tre miliardi di persone dipendono dalla biodiversità marina e costiera. Questo Goal sottolinea come lo sfruttamento eccessivo e l’inquinamento delle acque generino gravi problemi, tra cui la minaccia alla diversità delle specie, l’aumento dei rifiuti di plastica e l’acidificazione degli oceani.
Le distese marine sono all’origine del 50% dell’ossigeno presente sulla Pianeta e, grazie al loro ruolo di equilibratore naturale, hanno consentito di contenere fino ad oggi i cambiamenti climatici estremi. Per capire la loro funzione, basta considerare che negli ultimi vent’anni hanno assorbito enormi quantità di anidride carbonica, pari a circa il 25% di quella prodotta, e il 90% del calore immesso in atmosfera. Gli oceani al tempo stesso forniscono cibo direttamente a un miliardo di persone, oltre a costituire una fonte significativa di energia e occupazione.
L’inquinamento e acidificazione degli oceani
Secondo il canale di divulgazione scientifica Geopop, “l’inquinamento marino è un fenomeno a scala globale che riguarda, tra l’altro, l’immissione in mare di plastica, sostanze inquinanti e petrolio.”
Le principali fonti di inquinamento includono gli scarichi urbani e industriali di sostanze organiche, quest’ultime degradate da microrganismi che consumano ossigeno, sottraendolo agli altri organismi marini. Inoltre, gli scarichi urbani e industriali possono contenere sostanze non degradabili, come metalli pesanti e materiali radioattivi, che contaminano l’acqua e causano la morte delle specie ittiche. Un ulteriore problema è rappresentato dall’inquinamento da plastica.
Stando ai dati del WWF, ogni anno si stima che finiscono nelle acque marine dai 4,8 ai 12,7 milioni di tonnellate di rifiuti plastici. Nei mari sono già presenti complessivamente almeno 86 milioni di tonnellate di plastica, di cui una buona parte depositata sui fondali.
Queste immense distese di scarti costituiscono un grave problema per la salute umana dato che alla fine si riversano sulle spiagge portati dal movimento delle onde, generando in conclusione inquinamento per i nostri litorali e le zone costiere. Al tempo stesso. non essendo un materiale biodegradabile la plastica rischia di essere ingerita da balene, gabbiani, tartarughe marine e altri animali. I frammenti di plastica possono restare nella gola degli animali o ostruirne il sistema digerente, comportando il blocco delle vie respiratorie e l’impedimento dell’assunzione di cibo.
Oltre all’inquinamento degli oceani vi è poi il problema dell’acidificazione delle acque.
Da migliaia di anni gli oceani hanno costituito il ruolo di assorbimento ed espulsione del diossido di carbonio facendo fare “da spola” all’anidride carbonica. La particolarità di questa azione sta però che tale scambio avveniva in tempi lunghissimi, generalmente nel giro di migliaia o nell’ordine delle decine di migliaia di anni.
L’uomo ha modificato questo scambio, immettendo oltre 400 miliardi di tonnellate di carbonio nell’atmosfera a partire dall’inizio della Rivoluzione Industriale, a metà del XVII secolo. Tale dato rappresenta un effetto collaterale dell’immensa quantità di combustibili fossili che sono stati bruciati per ricavarne energia, della deforestazione e del cemento prodotto.
Come riporta National Geographic, “entro il 2050 gli scienziati prevedono che l’86% degli oceani del mondo saranno più caldi e più acidi di quanto lo siano mai stati nella storia moderna. Entro il 2100, il pH degli oceani di superficie potrebbe scendere al di sotto di 7,8, ovvero più del 150% dello stato già corrosivo attuale, e potenzialmente anche di più in alcune parti particolarmente sensibili del pianeta come l’Oceano Artico.”
Le soluzioni alla crisi degli habitat marini
Nonostante la grande quantità di acqua presente sulla Terra, solo negli ultimi decenni l’umanità ha iniziato a preoccuparsi seriamente delle sue condizioni. Fino agli anni ’70, era comune scaricare enormi quantità di liquami e sostanze chimiche nei mari ogni giorno. Se oggi sembra impensabile, all’epoca non c’erano regolamenti rigorosi sul tema, quindi era considerato normale. Le cose cominciarono a cambiare nel 1975 con la stipula della Convenzione di Londra, il primo trattato internazionale dedicato alla protezione dell’ambiente marino, che includeva programmi, divieti e regolamentazioni per salvaguardare gli ecosistemi acquatici globali. La convenzione è stata aggiornata nel 2006, proibendo lo scarico in mare della maggior parte dei materiali e dei rifiuti tossici.
Sebbene questa convenzione sia uno dei principali accordi in materia, negli anni i singoli Stati hanno intrapreso diverse azioni per contrastare l’inquinamento marino. Un esempio noto a tutti è il divieto dell’uso della plastica monouso in Italia, entrato in vigore il 14 gennaio 2022.
Una tra le più rilevanti soluzioni all’inquinamento marino è stata proposta da Lifegate con il progetto “Lifegate PlasticLess” nato nel 2018. In collaborazione con decine di imprese, istituzioni e porti, sono stati installati oltre 100 dispositivi “mangiaplastica” per la riduzione dei rifiuti composti da questa materia, che hanno permesso di raccogliere oltre 150 tonnellate di rifiuti presenti in acqua per un equivalente di oltre 10 milioni di bottigliette da mezzo litro.
A distanza di sei anni, Lifegate ha individuato due altri grandi complessità degli oceani dove concentrare la propria azione, vale a dire l’inquinamento chimico e la sostenibilità degli habitat. Da questa analisi ha preso dunque vita il progetto “Water Defenders Alliance” un’iniziativa che assieme a Comuni, enti del territorio, istituti di ricerca, porti, darsene e singoli cittadini promuoverà la diffusione di tecnologie per la ridurre l’inquinamento chimico e favorire soluzioni per la cura degli ambienti marini.
Le startup che salvano gli oceani
Vi sono poi delle startup esclusivamente dedicate a preservare gli oceani.
Un esempio è WSense, nata come spin-off dell’Università La Sapienza di Roma. Questa startup, specializzata nel monitoraggio delle acque sottomarine e nello sviluppo di sistemi di comunicazione subacquea, ha introdotto innovativamente Internet of Underwater Things (IoUT) . Utilizzando tecnologie brevettate che sfruttano onde acustiche simili a quelle utilizzate dai delfini e tecnologie ottiche senza fili, WSense si propone di facilitare la trasmissione di dati attraverso ambienti acquatici per monitorare lo stato di salute degli oceani. Fondata nel 2017 da Chiara Petrioli, ex ricercatrice e docente presso la Boston University, WSense sviluppa componenti hardware e software adatti sia alle acque basse che a quelle profonde, permettendo di creare e gestire reti internet sottomarine fino a una profondità di 3.000 metri. L’obiettivo principale è raccogliere dati in tempo reale sulla qualità dell’acqua, suoni, immagini, correnti, maree, moto ondoso, e movimenti di strutture e ancoraggi.
Vi è poi Cascadia Seaweed, startup canadese, che si distingue per il suo approccio sostenibile e rispettoso del clima nella coltivazione delle alghe marine. Simili alle foreste terrestri, le foreste di alghe subacquee sono ecosistemi critici che forniscono habitat e alimentazione per la fauna, assorbono CO2, generano ossigeno, contrastano l’acidificazione degli oceani e smaltiscono nutrienti in eccesso. Le alghe offrono un vasto ventaglio di potenziali applicazioni alternative, inclusi alimenti umani, mangimi per animali, cosmetici, farmaci, imballaggi e alternative naturali ai fertilizzanti chimici sintetici. La domanda di alghe cresce costantemente del 6% annuo, con oltre 10.000 specie nel mondo, tra cui le kelp coltivate da Cascadia nella Columbia Britannica. In queste acque, Cascadia collabora attivamente con le First Nations costiere, le comunità indigene native del luogo, un partenariato di grande valore e rilevanza.
Infine Planblue, una startup tedesca, che si propone di unire dati marini e intelligenza artificiale per trasformare il monitoraggio dei fondali oceanici. L’azienda combina rigore scientifico e innovazione tecnologica per migliorare radicalmente la comprensione e la gestione delle praterie di fanerogame marine. Queste aree sono cruciali per la biodiversità marina e svolgono un ruolo essenziale nel sequestro di carbonio, con capacità di immagazzinamento di CO2 significativamente superiori rispetto alle foreste pluviali.
In sintesi, la protezione degli oceani è una priorità critica per l’umanità, essenziale per la salute del nostro pianeta e delle generazioni future. Il Goal 14 dell’ONU sottolinea l’importanza di affrontare l’inquinamento e l’acidificazione degli oceani attraverso azioni coordinate e soluzioni innovative. Progetti come il Water Defenders Alliance e le startup presentate dimostrano come la collaborazione tra diverse entità – da comunità locali a istituzioni globali – possano portare a progressi significativi nella conservazione degli habitat marini e nella riduzione dei rifiuti plastici e chimici. È tuttavia cruciale continuare a perseguire politiche e pratiche sostenibili per garantire la prosperità delle risorse marine e il benessere dell’intero pianeta.
di Marco Camporese
Per approfondire:
https://www.treccani.it/enciclopedia/inquinamento_(Enciclopedia-dei-ragazzi)/
https://unric.org/it/obiettivo-14-conservare-e-utilizzare-in-modo-durevole-gli-oceani-i-mari-e-le-risorse-marine-per-uno-sviluppo-sostenibile/
https://blog.geografia.deascuola.it/articoli/agenda-2030-goal-n-14-la-vita-sottacqua
https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2022/06/07/oceani/
https://www.lifegate.it/startup-tutela-risorse-degli-oceani
https://www.eticasgr.com/storie/news-eventi/giornata-mondiale-oceani
https://www.nationalgeographic.it/ambiente/che-cose-davvero-lacidificazione-degli-oceani
https://www.wwf.ch/it/i-nostri-obiettivi/inquinamento-dei-mari
https://www.ecomondo.com/blog/21350494/inquinamento-da-plastica-in-mare-cause-conseguenze-e-soluzioni