In qualità di chief customer & innovation officer di Dazn, il servizio di streaming live e on demand dedicato allo sport, Veronica Diquattro gestisce oggi un team composto da circa 500 persone distribuite in tutto il mondo, dagli Stati Uniti al Giappone. Più nel dettaglio, brand development, customer journey, creative services, event production e publishing sono solo alcune delle aree di cui è responsabile da agosto 2020.
Ma prima di approdare in Dazn, oggi 2.600 dipendenti in oltre 24 Paesi (in Italia dal 2018), la bolognese Veronica ha lavorato per due anni come managing director, Southern and Eastern Europe di Spotify, guidando la strategia e la crescita del brand in 16 nazioni, tra cui l’Italia, e in qualità di portavoce in Europa meridionale ha rappresentato l’azienda nei principali incontri istituzionali e musicali italiani e europei. Prima di Spotify, tra il 2011 e il 2012, ha lavorato per Google a Dublino, dove ha avuto il compito di lanciare Android Market e Google Play in Italia, e di supportare Google Play nei mercati dell’area Emea.
In cosa si traduce, in concreto, il tuo ruolo operativo per Dazn?
È un ruolo che mi vede impegnata a supervisionare un team composto da circa 500 persone distribuite in tutto il mondo su un obiettivo comune: porre al centro il consumatore, l’appassionato di sport, garantendogli un’esperienza di fruizione unica e memorabile. Il centro del nostro lavoro è l’appassionato di sport che ogni giorno vuole trovare su Dazn contenuti interessanti e unici; che ama seguire gli eventi sportivi live così come gli approfondimenti, le interviste, i documentari, ovvero tutti quei contenuti originali e on-demand che completano la sua esperienza di visione e che contribuiscono al suo intrattenimento. Insieme al team, lavoro su tutti gli elementi che compongono l’esperienza della visione e che possono contribuire a renderla perfetta: dall’ottimizzazione tecnologica della piattaforma allo sviluppo di nuove caratteristiche e strumenti che possono non solo migliorarne la fruizione, ma renderla allo stesso tempo più coinvolgente, immersiva, divertente.
Come si svolge la tua giornata tipo…ne hai una?
Effettivamente non esiste una giornata tipo, lavorando su tanti progetti diversi, con un team ampio e sparso in ogni parte del mondo, ogni giorno è diverso dal precedente ma ugualmente ricco di sfide e di stimoli. Nell’ultimo anno c’è stato un grande cambiamento: prima della pandemia e del conseguente lockdown buona parte del mio tempo era speso nei viaggi, mentre nell’ultimo anno, come tutti, ho modificato le mie abitudini e lavorato in smart working. I viaggi sono stati sostituiti dalle video call che consentono comunque di mantenere vive le relazioni anche a distanza. Lavorando su diversi fusi orari, la mia giornata inizia tendenzialmente presto e finisce piuttosto tardi, in modo da lavorare su tutti i progetti in essere e ascoltare tutti i team che li stanno sviluppando.
Quali capacità servono per mantenere una leadership duratura e solida?
Innanzitutto è importante sottolineare che il gruppo di lavoro è composto non solo da molteplici professionalità – dagli ingegneri, ai designer, dai responsabili dello sviluppo strategico del brand fino ad arrivare a coloro che si occupano dalla creazione e della produzione dei contenuti editoriali – ma anche da culture e provenienze geografiche diverse e molto lontane tra loro. Questa di per sé, può essere considerata sia la sfida che l’incredibile ricchezza di questo team di lavoro, perché sono convinta del fatto che la contaminazione, accompagnata dall’inclusione, porta sempre con sé cambiamenti estremamente positivi. È un ruolo quindi complesso ma estremamente stimolante, che ho accettato con entusiasmo anche per la possibilità di lavorare con persone dal background professionale e culturale diverso, accumunati tutti dall’obiettivo di migliorare l’esperienza di consumo della nostra piattaforma e offrire a coloro che decidono di seguirci un’esperienza di fruizione unica. Per guidare un team così composito serve prima di tutto grande disponibilità all’ascolto e attenzione ai singoli processi. Oltre a quelle che possono essere le competenze professionali, è importante coltivare le soft skills e impostare una modalità di lavoro che dia spazio alla sperimentazione, al confronto, al learning by doing, all’accettazione dell’errore non come fallimento ma come processo costruttivo verso il prossimo traguardo.
Che tipo di leader ti consideri?
Credo che ci siano alcune caratteristiche innate che ti rendono un leader, ma che, allo stesso tempo, non si debba mai smettere di studiare, di migliorarsi, di mettersi alla prova. Le competenze si acquisiscono con un solido percorso di studi e con le esperienze sul campo, ma la leadership si costruisce progressivamente attraverso un confronto diretto e sincero con le persone con cui si lavora e si hanno relazioni costanti e quotidiane. In questo confronto, nel dialogo e nell’ascolto, nella condivisione generale, penso si vedano le caratteristiche principali di un leader. Io mi pongo, nei confronti del mio team di lavoro ma in generale delle persone con cui ho relazioni professionali, in una posizione di ascolto e di fiducia, fondamentale, soprattutto quando si gestiscono persone con profili diversi tra loro, e sparse in giro per il mondo. Mi piace lavorare e guidare team eterogenei, perché sono convinta che la diversity sia il driver dell’innovazione: coniugare punti di vista diversi ti porta a prendere decisioni più efficaci e avere risultati di business migliori.
So che hai preso parte al Forbes Women Summit spagnolo. Di cosa hai parlato?
Durante l’incontro Forbes Power Summit Women 2021 ho avuto l’opportunità di confrontarmi su un tema che mi sta molto a cuore, e a cui dedico tempo sia in Dazn che in contesti esterni, ovvero come avvicinare le giovani alle discipline Stem, come colmare il divario, dare maggiore visibilità ai percorsi ed esempi di successo per attrarre talenti, che possano poi crescere, sostenute da opportune politiche aziendali, fino ad arrivare a ruoli apicali di aziende, dove ancora c’è un grande divario tra percentuali femminili e maschili. Anche se è vero che sono stati fatti progressi importanti, è altrettanto vero che c’è ancora molto da fare, soprattutto in Paesi come l’Italia e la Spagna.
Per esempio?
Prima di tutto bisogna lavorare sulla cultura e sull’abbattimento degli stereotipi, molto spesso, purtroppo, alimentati dalle stesse donne, ad esempio, le donne tendono a non presentarsi per un lavoro se non si sentono pronte al 100%. Quindi è fondamentale che le donne lavorino sulle proprie insicurezze e osino accettare sfide e opportunità che a prima vista possono sembrare lontane e fuori dalla loro zona di comfort. D’altro canto si deve intervenire sull’educazione, incoraggiare le ragazze ad acquisire conoscenze e competenze in scienza, tecnologia, ingegneria e matematica (le cosiddette eSkills). Nelle aziende, occorre promuovere dall’interno una cultura e ambienti collaborativi e diversificati. Il vero valore viene, infatti, da luoghi di lavoro diversi, per sesso, età, esperienza, e dove le persone possono esprimersi liberamente, confrontare punti di vista diversi e portare a sinergie. Credo che iniziative come quella organizzata da Forbes in Spagna siano importanti per aumentare la consapevolezza e alzare l’attenzione sul tema dell’empowerment e della riconoscibilità dei ruoli femminili in tutte le posizioni del business.
Sei anche membro di A4W e A4I, quali impegni hai portato avanti finora?
Faccio parte di A4W e Angels for Impact dal alcuni anni, supportando e aiutando nel percorso di crescita startup ad alto potenziale e ad alto impatto sociale. L’Italia è ricca di professionisti che hanno l’energia, la creatività e le competenze per emergere e farsi strada nel mondo dell’imprenditoria e in qualità di business angel ho avuto la possibilità di vedere grandi progetti e ottime idee sviluppate in ambiti molto diversi tra loro. Con Angels4Women siamo impegnati a dare visibilità e supporto a realtà imprenditoriali che hanno la necessità di emergere e di essere conosciute. Nel 2020 abbiamo iniziato un progetto di partnership con Dazn con l’obiettivo di individuare startup al femminile con una chiara vocazione sportiva. Quindi abbiamo unito due mondi, startup e sport, che non sempre sono immediatamente associati al mondo femminile, ma dove invece abbiamo visto un proliferare di idee e di spunti interessanti. Il progetto e la partnership sono ancora attivi, anzi nel pieno dello svolgimento, quindi l’invito, rivolto a tutte coloro che hanno una bella idea legata allo sport, è quello di farsi avanti e provare.
È difficile essere donna in questa industry?
Sicuramente all’inizio non è stato facile e mi sono scontrata con più di una perplessità, come capita sempre quando si entra in un nuovo ambiente da “outsider”. Quando sono arrivata in Dazn infatti non venivo dal mondo dello sport, ma da quello della musica, da Spotify dove aveva portato avanti una rivoluzione digitale del tutto simile a quella di Dazn. Questo, unito al fatto di essere una donna, e per di più giovane, ha creato inizialmente qualche diffidenza, che ho cercato di fugare mantenendo la mia personalità e senza farmi influenzare dal contesto, facendo parlare i risultati per me. Non ho comunque trovato solo ostacoli, e, con il passare dei mesi e con i risultati che arrivavano, la situazione si è modificata e ora sono molti coloro che si dimostrano aperti, collaborativi e che, anzi, apprezzano una presenza capace di portare un punto di vista e un’opinione diversa. Nel modo di condurre e concludere determinate discussioni o situazioni, la leadership al femminile può fare davvero la differenza, e di questo ci si sta lentamente ma inevitabilmente rendendo conto.
E fare sistema?
In un ambiente maschile, devo dire che non è facile, ma anche qui si stanno vedendo importanti passi avanti. Penso alla presenza femminile in Dazn in Italia, ad esempio, che in soli tre anni è aumentata fino ad essere il 36% del totale della popolazione aziendale, circa 100 persone. Le donne in Dazn, in Italia ma anche a livello internazionale, rivestono posizioni di primo piano, coordinando mercati diversi e occupandosi di tematiche anche molto tecniche. Se penso poi al mondo delle nostre giornaliste sportive, giovani e di grande talento, conducono dai campi della Serie A e della Serie B con ruoli sempre più importanti. Sono piccoli ma concreti passi avanti nel sostenere l’empowerment femminile anche in mondi culturalmente ritenuti, fino ad oggi, esclusivamente maschili.
Come hai gestito il team di Dazn i primi mesi della pandemia?
Il consumo di contenuti sportivi sulle piattaforme di streaming era un trend già in crescita, che ha subito una ulteriore accelerazione nel corso dell’ultimo anno. L’esperienza del primo lockdown, con lo stop agli sport dal vivo praticamente in tutto il mondo, è stata una prova sicuramente difficile, che ci ha insegnato la necessità di essere reattivi e pronti. Abbiamo lavorato per proporre un’offerta alternativa in tempo zero, fatta di approfondimenti e contenuti originali. Abbiamo lavorato per dare alla piattaforma una veste nuova continuando a raccontare lo sport e i suoi protagonisti da tanti punti di vista diversi, continuando a emozionare e coinvolgere. Il risultato? 11 nuovi format, 265 contenuti originali e interviste a 50 atleti, nei soli mesi di marzo, aprile e maggio 2020. Oggi, con gli stadi ancora chiusi, i tifosi si riuniscono davanti alla tv e noi siamo assolutamente consapevoli della responsabilità che abbiamo nei loro confronti. Sappiamo che lo spettacolo dal vivo non può essere sostituito, ma la tecnologia aiuta e consente al tifoso non solo di seguire gli eventi che ama, ma anche di vivere ulteriori esperienze che prima gli erano precluse. A questo proposito, già a partire dalla scorsa stagione, abbiamo creato un format, “Senti qua”, che porta i tifosi al centro dell’azione, facendogli ascoltare tutto quello che accade in un campo di Serie A: dall’incitamento dei compagni di squadra ai consigli dell’allenatore, alle raccomandazioni di arbitri e guardalinee. Una dimensione surreale trasformata in una opportunità in più per il tifoso.
Cosa porti con te dell’esperienza in Spotify?
È stata un’esperienza importante e sfidante, non solo per il fatto di esser stata l’impiegata numero 1 di un’azienda che ancora in Italia non esisteva, ma per il fatto che, prima di tutto, stava arrivando nel nostro Paese una vera e propria rivoluzione di consumo. Avevo 29 anni e la presenza in Italia di Spotify era tutta da costruire: allora quasi nessuno aveva idea di cosa fosse lo streaming musicale, mentre oggi è diventato la principale modalità di fruizione. Abbiamo costruito il team a poco a poco e definito la strategia di ingresso nel mercato italiano, mentre successivamente mi sono occupata della crescita del brand in 16 altri paesi, in Sud ed Est Europa. Il lavoro svolto in Spotify mi è sicuramente servito nel passaggio a Dazn, dove ho dovuto fare per lo sport dal vivo quello che avevo già fatto per la musica. L’ambito è molto diverso, ma il modello di business da elaborare è analogo.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Dazn è in Italia dall’agosto 2018 e nel corso di questi tre anni abbiamo agito essenzialmente da game-changer di regole, comportamenti, abitudini. Abbiamo investito molto per accelerare il processo di digitalizzazione del nostro Paese e operando nel mercato dello sport, del calcio in particolare, sappiamo di avere la possibilità di interessare e coinvolgere persone molto diverse tra loro, per età, estrazione sociale e culturale, provenienza geografica. Ci siamo posti al centro di un processo di innovazione che non è né rapido né immediato, ma che sappiamo essere oramai avviato, e i segnali che ci arrivano dal mercato dimostrano che la strada è sicuramente quella giusta. Sono sempre più evidenti, infatti, gli elementi che mostrano una maggiore apertura della popolazione verso le nuove forme tecnologiche e i nuovi player che operano nel mondo del digitale. Mettendo al centro il consumatore, abbiamo lavorato per migliorare la sua esperienza di fruizione: facilitando l’accesso ai contenuti – attraverso forme di abbonamento mensili e non vincolanti –, rendendo flessibile la visione – non solo orari prestabiliti ma un palinsesto che si può costruire in base alle proprie esigenze di vita –, e garantendo l’accesso ai contenuti sempre, anche in mobilità. Sappiamo di trovarci in un momento storico molto complesso, in cui anche l’innovazione è stata impattata dal Covid-19 ma, per alcuni versi, la situazione in cui abbiamo vissuto e che ancora viviamo ha accelerato processi sociali di adozione tecnologica e ci ha costretti a immaginare un futuro diverso sia dal punto di vista privato che professionale. I progetti futuri che ci poniamo, quindi, implicano un modo nuovo di vedere la tecnologia e l’innovazione, che deve essere sempre più consapevole e rispettosa del cliente/cittadino e della società. In questo senso, immagino che si debba costruire il futuro di un’azienda come Dazn ponendo particolare attenzione alla sua crescita valoriale. Guardiamo al business con un approccio attento sia ai valori che allo sviluppo culturale, con l’obiettivo di avere un impatto sempre più positivo, sostenibile e culturalmente innovativo nella società.