A New York, nei giorni in cui l’Onu fa il punto sul grado di avanzamento rispetto all’Agenda 2030, il network italiano del Global Compact ha presentato un modello innovativo di «governance per il clima» che diverse società nel nostro Paese hanno già approcciato. E che può accelerare la transizione
Riflettori accesi sull’impegno Esg delle aziende italiane. E sui loro progressi nell’ambito della governance trasformativa, un modello innovativo e avanzato di corporate governance che coinvolge tutti i livelli aziendali e anche gli stakeholder, con lo scopo di orientare il business in modo più responsabile, equo e inclusivo, e verso azioni più ambiziose per mitigare il cambiamento climatico.
È successo a New York, il 17 luglio scorso, nell’ambito dell’High-Level Political Forum 2024 delle Nazioni Unite, dove la rete italiana del Global Compact Network — l’iniziativa di sostenibilità d’impresa più ampia al mondo — ha presentato un position paper che delinea possibili percorsi virtuosi per sviluppare la governance trasformativa e racchiude venti casi pratici di aziende aderenti al network onusiano, da Lamborghini, ad A2a, Fs, Leonardo, Nestlè Italia, Edison, Terna, Pirelli.
Quello della governance trasformativa è un tema ancora poco noto e dibattuto, anche nella sustainability community globale, ma può avere un impatto decisivo per il raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030. Per questo l’esempio e i progressi del settore privato italiano sono stati uno dei focus delle giornate onusiane, che ogni anno si occupano di fare il punto sul grado di raggiungimento degli Sdgs, soffermandosi in particolare su cinque dei 17 obiettivi. Quest’anno l’attenzione era, tra gli altri, sugli Sdgs 13, azioni per il clima, e 16, l’impegno per un mondo pacificato e inclusivo: entrambi centrali nel lavoro presentato dallo Ungcn Italia.
Il contesto internazionale
«La scelta di portare il position paper, per la prima volta, in un contesto di alto profilo istituzionale e respiro internazionale conferma il doppio livello su cui opera e agisce il Network italiano del Global Compact — spiega Daniela Bernacchi, executive director di Ungcni —. Da una parte, la “dimensione Paese”, che si declina in un intenso programma di attività rivolto alle aziende italiane di ogni dimensione e settore, impegnate per l’avanzamento degli Sdgs. Dall’altra, l’ambizione a giocare un ruolo al livello internazionale, prima ancora europeo, per contribuire a creare, e riuscire a cogliere, molteplici opportunità di sinergia con gli altri network ma anche con le istituzioni nazionali e quelle attive all’estero». Come la Rappresentanza Permanente d’Italia presso le Nazioni Unite a New York, con cui l’evento di lancio è stato promosso e organizzato.
Il position paper, realizzato in collaborazione con 54 aziende primarie italiane aderenti (sono quasi 600 i partecipanti in Italia) e intitolato “Governance trasformazionale come driver di condotta responsabile per un business più etico, prospero e sostenibile”, delinea diverse strategie chiave adottate dalle aziende. Si va dalla formazione di comitati che assistano il cda nell’elaborare strategie di sostenibilità a programmi di formazione completi per educare dipendenti, fornitori e generazioni future; il coinvolgimento degli stakeholder e del terzo settore. «È chiaro che in questo nuovo approccio la sostenibilità funge da acceleratore interno, influenzando lo scopo aziendale, la pianificazione strategica e l’allineamento dei processi», aggiunge Marco Frey, presidente dello Ungcni.
In prima linea contro il climate change
Il tutto in un quadro in cui il cambiamento climatico rappresenta una sfida sempre più urgente per le aziende. «I cda sono chiamati a integrare la governance “a misura di clima” nelle strategie aziendali attraverso un approccio olistico — dice Bernacchi – e quindi è fondamentale coinvolgere non solo tutti i livelli aziendali interni, ma anche la dimensione esterna. Le aziende che lavorano con una logica trasformativa sono in grado di coinvolgere gli stakeholder tradizionali, come le catene di fornitura, le istituzioni e i consumatori, ma anche di dare vita a nuove partnership con il terzo settore per aumentare l’impatto sul territorio. Oppure creare alleanze strategiche con associazioni di categoria per condividere le best practice».
L’incontro ha avuto come relatori Claudio Barbaro, sottosegretario di Stato al Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Sanda Ojiambo, assistant Secretary-General e ceo del Global Compact delle Nazioni Unite, e Alexandra Bolton, direttrice di Climate Governance Initiative.
Proprio Ojambo, che guida a livello globale l’iniziativa onusiana, ha commentato: «Nel contesto attuale in cui siamo chiamati a trovare soluzioni urgenti all’emergenza climatica, i governi e le imprese hanno la responsabilità di accelerare la transizione verso modelli economici più sostenibili che limitino il riscaldamento globale a 1,5°C. Il cambiamento climatico porta con sé rischi ma anche opportunità per le imprese, in uno scenario che vede i loro stakeholder sempre più esigenti rispetto ad approcci strategici ed integrati ai temi della sostenibilità, da parte del settore privato».
Per affrontare questi cambiamenti, ha notato Bolton, «tre requisiti sono fondamentali: il giusto mix di competenze ed esperienza al livello di board; il riconoscimento, da parte dei massimi vertici aziendali, del carattere di priorità all’impegno per il clima; infine, un mindset che riconosca le opportunità di business connesse all’approccio sostenibile».
Tre caratteristiche che le aziende rappresentate nel paper dello Ungcni hanno mostrato di avere, rivelandosi un avamposto del cambiamento necessario e un esempio di modello di impresa trasformativa. L’unico che può definirsi vincente «al fine di ripensare il contratto sociale per affrontare in modo più efficace e coerente le sfide globali più urgenti», ha concluso il sottosegretario Claudio Barbaro.
di Francesca Gambarini