La sostenibilità sta diventando un driver di investimento importante per le imprese. Ma non può esserci vera sostenibilità senza l’innovazione digitale, perché sono proprio molte tecnologie e applicazioni digitali – dai sensori e dall’IoT ai big data, dall’automazione alla computer vision e all’intelligenza artificiale – che abilitano i percorsi di sostenibilità delle aziende.
Per fare qualche esempio concreto, i sistemi digitali rivolti alla sostenibilità consentono risultati e vantaggi che prima non erano realizzabili, o non con la stessa qualità ed efficacia finali: migliore gestione dell’energia, minori scarti e rifiuti industriali, meno sprechi di materie prime e materiali, maggiore efficienza e sicurezza dei processi produttivi, prevenzione dei guasti e dell’inquinamento.
Su questi temi si è incentrato il convegno ‘Green ex machina’ (Gem), il “think tank italiano interamente dedicato alla conversione green delle aziende manifatturiere”, ideato e promosso da Miraitek 4.0, uno spin-off del Politecnico di Milano che implementa modelli innovativi nella gestione delle risorse produttive, e MyChicJungle, hub per l’innovazione e la comunicazione digitale.
Tecnologie digitali driver per la sostenibilità
“Tutti gli obiettivi di gestione sostenibile, fissati dall’Organizzazione mondiale delle Nazioni Unite, sono supportati da almeno una tecnologia digitale”, fa notare Elisa Negri, docente del Manufacturing group del Politecnico di Milano.
A essere impattate sono tutte le tre dimensioni della sostenibilità.
Vantaggi e benefici nell’impatto ambientale sono abilitati da tecnologie come intelligenza artificiale, sensoristica, IoT, big data, cloud, machine learning.
La sostenibilità economica, delle attività e delle imprese, è favorita innanzitutto da: tecnologie Mobile, sistemi di simulazione e digital twin, reti blockchain.
Mentre la sostenibilità sociale può trarre vantaggi da sistemi cloud, big data, cobot e Mobile technologies.
Nonostante questo, circa la metà delle aziende manifatturiere – secondo un campione di 175 imprese scandagliate dall’Osservatorio Transizione Industria 4.0 del Politecnico di Milano – ha all’attivo progetti di innovazione digitale collegati alla sostenibilità. Ma per il momento solo il 15% del totale ha già realizzato impatti e risultati concreti di sostenibilità, mentre un altro 30% di aziende ha avviato dei progetti ma i risultati attesi devono ancora arrivare, e allo stesso tempo un altro 50% delle imprese non ha ancora fatto nulla al riguardo.
“Se ne fa un gran parlare, ma ad esempio i big data sono ancora poco sfruttati per sviluppare e aumentare la sostenibilità delle attività aziendali”, rimarca la docente del Politecnico milanese.
La sostenibilità da vincolo a vantaggio competitivo
“Siamo in pieno fermento di innovazione tecnologica, ma ora e nei prossimi anni occorre finalizzare l’innovazione rispetto a quelli che sono i vantaggi competitivi per le imprese italiane, come la sostenibilità, che è e sarà uno dei principali e più forti vantaggi competitivi per le aziende, su scala nazionale e mondiale”, sottolinea Marco Taisch, co-founder di Miraitek 4.0, presidente del Competence center Made 4.0 e tra i promotori della prima edizione dell’evento Green ex machina.
Taisch rileva: “è indispensabile dare il giusto valore al dato, altrimenti si fa una rivoluzione industriale a metà. La rivoluzione industriale del 4.0 e del digitale deve diventare anche una rivoluzione culturale all’interno dell’impresa. Non bisogna più vedere la sostenibilità con un approccio ‘difensivo’, di chi deve, quasi obtorto collo, adeguarsi a nuove norme e parametri, perché oggi questa prospettiva deve essere ribaltata: oggi e in futuro è il consumatore che chiede prodotti, servizi e aziende sostenibili”.
Consumatori e mercati più attenti ed esigenti
È un consumatore diverso dal passato, più informato, più attento e consapevole, vuole informazioni e dati su ciò che sceglie e acquista, e le aziende devono darglieli, certificati con sistemi blockchain, e stampati sulle confezioni dei prodotti o su nuove etichette apposite che mettano in evidenza il livello di sostenibilità.
Le tecnologie più utilizzate per raggiungere gli obiettivi di maggiore sostenibilità – secondo le analisi dell’Osservatorio Transizione Industria 4.0 del Politecnico di Milano – sono l’IoT (internet of Things, per il 27% dei casi analizzati) e l’automazione avanzata e collaborativa (29%), mentre gli ambiti maggiormente impattati dalle tecnologie digitali che abilitano la sostenibilità sono il monitoraggio dei consumi delle operazioni (56% del totale) e la gestione del fine vita del prodotto (46%).
Tra gli ostacoli e le barriere maggiori che ancora frenano l’ulteriore sviluppo della sostenibilità nelle aziende e nelle filiere produttive, spiccano la mancanza di cultura aziendale (nel 22% dei casi totali), leggi ancora troppo complesse da applicare e la mancanza di KPI che colleghino le performance di sostenibilità al valore aziendale (18%). E poi, ancora: mancanza di chiarezza sui benefici attesi (17%), scarse conoscenze sui materiali (11%), mancanza di dati adeguati (7%).
La barriera principale è la mancanza di cultura aziendale
Dal quadro complessivo emerge quindi che “nelle imprese la principale barriera allo sviluppo della sostenibilità è ancora la mancanza di cultura aziendale in questa direzione, ed è un freno all’innovazione che va superato al più presto se non si vuole poi accumulare un ritardo incolmabile rispetto alla concorrenza”, rimarca ancora Elisa Negri.
Tutto ciò mentre altre stime di Nielsen data indicano che il tasso di crescita dei brand con prodotti sostenibili è quattro volte superiore rispetto al tasso di crescita degli altri brand che ancora non fanno o fanno poca sostenibilità. Quindi, indicano gli esperti, la sostenibilità non solo ‘fa bene’ all’ambiente, alla qualità della vita e del lavoro, alla società intera, ma fa bene anche ai conti e risultati economicidelle aziende e di chi la mette in pratica.
di Stefano Casini