Professionisti della sostenibilità cercasi. In un contesto in cui, spinto dalle novità normative europee, il sistema impresa è chiamato ad accelerare sul fronte della sostenibilità, cresce la necessità di integrare figure professionali competenti in materia che possano supportare la strategia di trasformazione sostenibile. Secondo quanto emerge dal rapporto Alte competenze per un futuro sostenibile dell’osservatorio di 4.Manager, progetto di Confindustria e Federmanager nato nel 2017, che ha sondato un panel rappresentativo di oltre 4000 imprese manifatturiere con più di 50 addetti, in Italia aumenta del 5% ogni anno la richiesta di manager dotati di competenze manageriali con sempre più precise green skill e qualificati in materia di criteri ESG.
Complessivamente, le aziende prese in esame hanno dichiarato di aver acquistato nel corso degli ultimi 3 anni competenze manageriali (64%) competenze scientifiche (45%) e competenze tecniche (73%). Ma mancano figure specificamente legate alla sostenibilità. Infatti, nonostante oltre il 50% delle grandi e medie imprese stia elaborando una strategia di trasformazione sostenibile, dall’analisi emerge che uno dei maggiori ostacoli alla conversione sostenibile, subito dopo il contesto normativo e burocratico, è la scarsità di competenze.
A tale fine la ricerca di professionisti in grado di comprendere tutti i processi aziendali, migliorando al contempo tanto i processi, quanto la pianificazione e la gestione. I dati dell’osservatorio prevedono che tra il 2023 e il 2026, tanto le imprese quanto la PA avranno necessità di circa 4 milioni di lavoratori con competenze green di alto e medio profilo.
Sostenibilità e innovazione sono strettamente legate
Non sussiste innovazione senza sostenibilità e viceversa. È questo un aspetto evidenziato dal report di 4.Manager da cui emerge che gli ambiti d’innovazione sui quali le imprese più virtuose stanno investendo energie e risorse sono la direzione strategica, utile a definire la rotta e il posizionamento competitivo futuro dell’impresa; gli strumenti per amplificare la percezione del mercato, ossia per comprendere gli orientamenti di consumo, di approvvigionamento e normativi; le competenze manageriali, scientifiche e tecniche e gli input tecnologici.
Dallo studio si evince che il 46% delle imprese consultate ha elaborato una strategia di trasformazione di lungo periodo per diventare un’impresa sostenibile. E le aziende più innovative sono anche quelle che investono di più in sostenibilità. L’11% delle imprese che si qualifica come altamente innovativa mostra un impegno al 100% sia in ambito di sostenibilità ambientale sia sociale, tra quelle moderatamente innovative (sono il 36%) il 53% ha elaborato un piano sulla sostenibilità ambientale e per il 38% anche su quella sociale, infine la grande parte di quelle che sono scarsamente innovativa (53% del campione) nel 51% dei casi ha iniziato ad operare sulla sostenibilità ambientale, dato che scende al 36% per la responsabilità sociale.
Tuttavia, la maggior parte delle imprese, incluse quelle scarsamente orientate all’innovazione, è consapevole che solo la trasformazione sostenibile eviterà limiti operativi di accesso ai mercati e al credito. Entro il 2030 le aziende non sostenibili rappresenteranno la parte residuale di un mercato nel quale beni e servizi “sostenibili” rappresenteranno la norma.
Gli ostacoli alla conversione sostenibile
La rilevazione effettuata dall’Osservatorio evidenzia una percezione molto simile tra grandi e medie imprese e piccole Imprese per quanto riguarda gli ostacoli alla trasformazione sostenibile. Gli elementi individuati sono il contesto normativo e burocratico (38%), la ridotta profittabilità della sostenibilità (33%), le risorse finanziarie (28%), le competenze manageriali interne (18%) e quelle necessarie per cambiare il modello di business (18%).
Cresce la necessità di competenze ESG
Dal report emerge che le imprese più orientate all’innovazione e alla trasformazione sostenibile sono quelle che negli ultimi tre anni hanno assunto manager (83%), lavoratori con elevate competenze tecniche (87%) e scientifiche (76%), e che hanno incrementato le risorse finanziarie per la trasformazione di manager (75%), lavoratori con elevate competenze tecniche (78%) e scientifiche (75%).
Il 70% delle imprese italiane dichiara di aver ben chiare le competenze necessarie in ambito di sostenibilità ambientale, dato che scende al 66% per la sostenibilità sociale e sale al 78% per la transizione energetica.
Sulla base del rapporto, le competenze essenziali per il processo di trasformazione sostenibile considerate più importanti sono tecnologia e innovazione produttiva di processo e di prodotto (49,3% degli intervistati), l’energy management (45,5%), le competenze sulla legislazione di riferimento (41,0%), l’economia circolare (34,3%), la gestione delle persone dell’azienda (32,8%) e i gli aspetti finanziari (31,3%).
Su LinkedIn aumentano le ricerche dei manager della sostenibilità
Dai dati raccolti su LinkedIn, nell’ultimo anno si osserva in Italia la costante richiesta e crescita di alcune qualifiche professionali dell’area sostenibilità, tra cui il ruolo di Responsabile sostenibilità (+52%), seguito dal ruolo di Sustainability Specialist (+43%) e da quello di Consulente sostenibilità (+34%). Le principali tre città che registrano la più altra concentrazione di professionisti sono Milano, Roma e Torino.
Si osserva un crescente spostamento delle competenze in crescita verso l’ambito della finanza, con un focus particolare relativo all’analisi finanziaria e al social responsible investing. Tale spostamento si riflette anche sui settori relativi alla sostenibilità, tra cui, in particolare, si evidenzia in crescita quello del capitale di rischio e private equity.
Tra il 2023 e il 2026, tanto le imprese quanto la PA avranno necessità di circa 4 milioni di lavoratori con competenze green di alto e medio profilo. In tale contesto, diviene strumentale l’inserimento in azienda di una figura professionale dotata di competenze trasversali come il Sustainability Manager.
Le figure manageriali del futuro
Confindustria e Federmanager, con il coinvolgimento di 4.Manager, stanno portando avanti un progetto incentrato proprio sulla figura strategica del Sustainability Manager. L’iniziativa, che ha preso il via la settimana scorsa a Venezia, ha l’obiettivo di rilevare il fabbisogno delle imprese di competenze manageriali specifiche, evidenziando le skill di questa professionalità emergente e strutturando un percorso di formazione ad essa dedicato. L’azione punta anche a sensibilizzare territori e istituzioni sulla necessità di introdurre politiche di incentivazione a supporto delle imprese che si dotano di competenze manageriali nel campo.
Sustainability Manager
Il Sustainability Manager è una figura di alto livello manageriale, che trasversalmente promuove, definisce e coordina ogni iniziativa di sostenibilità, idealmente posta alle dirette dipendenze del vertice e di raccordo con gli amministratori aziendali con deleghe su ESG. In particolare, si occupa di definire, gestire e monitorare le politiche aziendali finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità nel loro insieme.
Si occupa inoltre di delineare e sviluppare iniziative volte alla costante evoluzione e valorizzazione del business in chiave sostenibile, circolare e responsabile, coinvolgendo stakeholder, realtà territoriali e istituzioni, nella piena consapevolezza delle tematiche ESG. Tra le principali responsabilità ci sono promuovere una cultura aziendale orientata alla sostenibilità, conciliare la gestione ordinaria con attività innovative, considerare fattori ambientali, sociali e di governance nelle decisioni finanziarie, analizzare le aree di miglioramento e di rischio sui fattori di sostenibilità, oltre a misurare e rendicontare la sostenibilità aziendale.
Ci sono poi tre successivi filoni verticali di figure manageriali più tecnico-operative focalizzate sui tre specifici ambiti ESG.
Environmental Manager
Il principale compito dell’Environmental Manager è quello di gestire e monitorare l’impatto ambientale dell’azienda, attraverso l’implementazione di politiche sostenibili, la promozione di tecnologie pulite, l’individuazione di rischi e opportunità in ambito ambientale, al fine di potenziare e migliorare le attività, i prodotti e le performance ambientali dell’organizzazione. Definisce inoltre le politiche di economia circolare e mobilità, delineando al contempo le strategie di riduzione dei consumi energetici.
Social Manager
Il Social Manager si occupa di assicurare l’applicazione delle politiche di sostenibilità aziendale volte al perseguimento di specifici obiettivi di impatto sociale. Il suo compito principale consiste nello sviluppare un modello di impresa che identifichi, valuti e monitori i rischi e le opportunità sociali dell’attività aziendale e delle relazioni tra gli stakeholder, anche in relazione alle nuove opzioni offerte dal lavoro agile.
Tra le mansioni enucleate in questa figura è possibile citare: le definizioni di politiche di diversità e inclusione, di welfare, oltre all’implementazione di progetti e strategie che riguardano i diversi aspetti della CSR. Da ultimo, il Social Manager è responsabile di individuare e applicare le idonee opportunità innovative, tecnologiche e regolatorie in grado di potenziare il miglioramento degli impatti sociali e la gestione e misurazione degli specifici rischi e opportunità.
Governance Manager
Il Governance Manager si occupa di coordinare le attività legate alla governance di un’organizzazione attraverso l’implementazione e l’aggiornamento di policy e strumenti di sostenibilità al fine di garantire la completa trasparenza e accountability dell’organizzazione.
L’obiettivo del suo operato è quello di prevenire atti come la corruzione e il conflitto di interessi, monitorare i rischi etici della realtà organizzativa e delle relazioni tra gli stakeholder, garantire la conformità dei prodotti o servizi offerti alle normative e agli standard o certificazioni a cui l’azienda aderisce in termini di impatti e rischi socio-ambientali.