Categorie: Editorial
Tempo di lettura: 8 minuti

Un racconto personale e intimo del nuovo sovrano d’Inghilterra e delle sue qualità di leader nella battaglia ambientale, scritta dall’imprenditore che presiede la Fashion Task Force

 

Parlo a voi oggi con un sentimento di profondo dolore (…)To my darling mama, grazie.Discorso di Re Carlo III, 9 settembre 2022.

Tutte le morti sono improvvise, anche quelle naturali, quelle che ti dovresti aspettare. Per un figlio perdere la madre è un dolore lacerante, anche se sa che è anziana, malata. Interrompere quel legame è quasi inimmaginabile.

Appena scopro che la Regina Elisabetta è deceduta a Balmoral, nel luogo che amava, prendo carta e penna – un’abitudine che abbiamo iniziato a condividere anni fa – e scrivo al Principe Carlo, ora Re Carlo III. Durante la pandemia arrivavano dall’Inghilterra delle meravigliose buste con la ceralacca a cui rispondevo dal lago di Como con il timbro postale italiano. Anche questa volta ho scelto di scrivere una lettera a mano ma non volevo che si trattasse delle classiche, seppur sentite, condoglianze. Gli ho parlato delle mamme, di queste figure universali, che travalicano le frontiere e parlano ai cuori. Mi sono immedesimato nel suo dolore anche perché, come penso succeda a tutti, io vorrei allontanare quell’idea e pensare follemente che a me non succederà mai e che mia madre starà sempre al mio fianco. Poi, come sempre, ho anticipato il testo della lettera via mail al suo staff.

In questi giorni sto seguendo Re Carlo con affetto, lo osservo, cerco di capire le sue mosse, le sue reazioni. Sicuramente la prima parte della sua vita è stata molto diversa da quella che ha di fronte ora, ma la monarchia è una chiamata, devi rispondere. Sono certo che sarà un buon re ma non posso non notare il dolore, la responsabilità, la fatica, che in questo momento sono superiori alle soddisfazioni che proverà in futuro. Ha 73 anni, ha aspettato per lungo tempo che toccasse a lui, per poi rendersi conto che il dolore per la morte di sua madre ha sovrastato inesorabile il piacere di esser diventato Re.

Conosco il Re Carlo da cinque anni, quando era ancora il Principe del Galles. Tutto è iniziato il 27 giugno 2017. In quel giorno Yoox Net-a-Porter, il gruppo che ho fondato e diretto per 21 anni, apre le porte del nuovo Tech Hub di Londra, nel quartiere di White City: un tempio dell’innovazione dove lavorano oltre 600 ingegneri, scienziati, programmatori di tutte le nazionalità, che si aggiungono ad altrettanti esperti del nostro centro gemello di Bologna, è il primo grande investimento in tecnologia di un’azienda del lusso. Sono gli anni pre-Brexit: molte imprese e banche d’affari stanno pianificando di lasciare la City per paura che la Gran Bretagna abbandoni l’Unione europea. Noi, invece, facciamo il percorso inverso: andiamo con l’intenzione di crescere. Attraverso il British Fashion Council invito il Principe a farci visita, e lui molto gentilmente conferma la sua presenza. Ma oltre ai momenti clou, a volte sono più importanti le alchimie, le coincidenze incrociate che avvengono quasi per caso: a me è capitato tante volte nella vita.

Ci prepariamo ad accogliere il Principe Carlo nella nostra nuova sede, già operativa, vogliamo raccontargli come sviluppiamo competenze legate all’intelligenza artificiale, alla visual recognition e alla ricerca e sviluppo, illustrargli la nostra partnership con l’Imperial College per l’insegnamento del coding – le basi del linguaggio di programmazione – a migliaia di ragazzi e ragazze. Il New Yorker mi ha chiamato “the Geek of Chic”, il nerd del lusso, ma so che Carlo d’Inghilterra non è affatto appassionato di tecnologia. Così, per rompere il ghiaccio, anziché immergerlo nei codici e nell’AI, AR e VR, gli racconto di aver visto molte fotografie di lui quando era giovane poco tempo prima: ero stato in Sicilia, a Villasmundo, a casa di Giuseppe di San Giuliano; suo figlio Diego è un mio carissimo amico, non potevo mancare al funerale del padre che ho conosciuto e stimato, e in quella casa c’erano tanti ricordi di Carlo e Giuseppe.

E qui scatta un’equazione infallibile: gli amici dei miei amici sono anche miei amici. Si crea una specie di empatia immediata, un legame che va oltre il business, oltre la tecnologia, oltre i ruoli e i titoli. Così mi ritrovo a parlare con un principe di un comune amico, che manca ad entrambi e che era un vero dandy. E da lì il passo è corto per finire a confrontarci sul concetto di stile. Il Principe mi racconta delle scarpe che ha da vent’anni e che conserva con cura, anch’io gli confido di avere un paio di John Lobb, che da oltre 15 anni mi tengo care… Quest’idea della longevità degli oggetti, del lusso come “buy less buy better” è il senso vero della sostenibilità nella moda e il cuore di un’affinità che abbiamo scoperto subito e poi approfondito negli anni.

Tutto è cominciato così. Poco tempo dopo quell’incontro, mi è arrivata la telefonata del suo braccio destro, Julian: il Principe mi invitava per un weekend in Scozia nella sua residenza, Dumfries House.

Ma qui devo fare una pausa e riavvolgere il nastro, per tornare ancora più indietro nel tempo e registrare un’altra data cruciale. Nel febbraio del 1970 il Principe del Galles tiene il suo primo discorso sull’emergenza climatica. Io ho un anno. Mai avrei pensato di conoscerlo e di incontrarlo. Mai avrei potuto immaginare di lavorare con lui sull’obiettivo che oggi più che mai è la mia, ma anche la priorità di tutti noi: salvare il Pianeta. Sfido chiunque a trovare qualcuno con così tanta visione: il Principe Carlo è stato un precursore dell’impegno per l’ambiente e non ha mai desistito, dagli anni Settanta fino al suo ultimo progetto SMI – Sustainable Markets Initiative, e a quelli che condividiamo insieme sulla moda sostenibile, dal rivendicare l’importanza del rispetto per la natura.

C’è chi lo ha accusato di essere eccentrico, chi lo ha deriso perché parlava alle piante, chi ha fatto ironia sull’eco-spiritualismo del suo libro Harmony e sulle sue fattorie bio, io posso invece affermare che è un uomo autentico e di gran cuore, con una genuina passione per la natura. Ricordo una lunga passeggiata fatta insieme nei giardini della sua residenza privata a Birkhall, in Scozia. È un posto bellissimo, e il Principe conosceva ogni pianta per nome, con una competenza e una naturalezza incredibili. Il che si associa, nella mia mente, ad un altro ricordo più recente: durante il lockdown io ero isolato con la mia famiglia sul lago di Como, lui nella sua tenuta in Scozia. Ci siamo scritti tanto, scambiandoci non preoccupazioni, ma immagini anche molto poetiche. Io gli parlavo dei cigni, del suono proveniente dal battito delle loro ali, così chiaro senza il motore dei battelli e provavo a trasmettergli la meravigliosa sensazione dello specchio d’acqua immobile che avevo davanti, il silenzio surreale di questa natura senza uomini né macchine.

Facciamo però un altro flashback, perché questa storia è fatta di tante prime volte e voglio rievocare la mia prima volta a Dumfries House dopo il suo invito e il mio primo, temerario!, regalo all’allora Principe del Galles. Io sono romagnolo di origine, sono stato allevato da una madre amante della buona educazione: quando vado a cena da qualcuno, non mi presento mai a mani vuote. Sì, ma a un principe che cosa si può portare? Metto il tuxedo in valigia e parto. Ricordo come se fosse oggi il mio ingresso in quel salone delle feste: gli invitati sono circa una cinquantina, tutti in kilt, io sono l’unico italiano, non conosco nessuno. Bicchiere in mano, aspettando il Principe Carlo e il momento di metterci a tavola, faccio small talk sul tempo (gli inglesi parlano sempre del tempo come noi italiani parliamo sempre del cibo) con dei perfetti sconosciuti. Lui arriva, – sembra la scena di un film – mi vede da lontano e inizia a sbracciarsi nella mia direzione. Ci salutiamo, scambiamo qualche parola, ci sediamo e, quando arriva il momento giusto, tiro fuori il mio regalo. Se fossimo in un film e non nella realtà, questo sarebbe il culmine della suspense: mi sto muovendo in bilico – come sempre nella mia vita – su una sottile linea fra coraggio e imprudenza (qualche volta mi è anche andata male). Ho letto da qualche parte la storiella, magari non vera, che il Principe ha un valletto preposto a mettere il dentifricio sullo spazzolino e viene beffeggiato dalla stampa inglese per questo motivo. Io sono un fan di Lorenzi Milano, un negozio che è un’istituzione del Made in Italy dal 1967, con oggetti artigianali, in corno, madreperla, acciaio, argento per le piccole liturgie quotidiane. Ebbene, prima di partire sono andato lì a comprargli un regalo che potrebbe farlo molto arrabbiare o molto divertire. A un Principe che ovviamente ha tutto, che non se ne fa nulla dell’ennesimo oggetto in più, in mezzo a migliaia di cose di valore che possiede, penso che sia meglio fare un gesto e un pensiero scanzonato. È un azzardo, lo so, ma gli porgo il mio meraviglioso pacchetto, che contiene… uno spremi-dentifricio! E qui succede quello che, negli anni a seguire, capiterà tantissime volte. Provate a guardare l’archivio delle fotografie che ci ritraggono insieme: io ho sempre il mio sorrisetto ironico e lui sembra sbellicarsi di gusto. Il Principe trova l’idea così originale che comincia a ridere di cuore.

In quell’occasione – io sono al tavolo reale, nel posto d’onore – mi parla del suo enorme amore per il nostro Paese. I quadri del Canaletto, i lampadari di Murano sono lì a testimoniarlo. Mi dice: «Federico, inventa un progetto che leghi l’Inghilterra all’Italia!».

Ci metto poco: il classico detto-fatto, un tempismo a cui non è avvezzo, ma che gli piace molto tanto da avermi più volte definito la sua “secret weapon”. In fondo io ho solo unito i puntini, senza inventare nulla! Il Principe è attentissimo al tema dell’educazione e formazione, per me è un perno delle mie strategie aziendali; il Principe è in prima linea sulla sostenibilità e Yoox è stato il primo a lanciare una piattaforma per brand sostenibili e fin dal 2009 ha introdotto le Ecobox™, il packaging in materiali riciclabili; il Principe è appassionato di giovani e l’età media dei nostri cinquemila dipendenti è di circa trent’anni… Ci aggiungo il twist dell’innovazione e della tecnologia, imprescindibili nella mia visione di business e di futuro, così nasce Modern Artisan, una capsule collection che si avvale di big data e intelligenza artificiale per unire artigianalità e sostenibilità. Una linea di abiti maschili e femminili, disegnata in Italia, realizzata nel Regno Unito, i cui proventi sono destinati interamente ai programmi di formazione della Prince’s Foundation, di cui diventerò membro del Consiglio tre anni dopo. È la prima volta che il nome del Principe del Galles finisce in un’etichetta di un capo di abbigliamento e in due settimane dalla messa online ne vendiamo il 50 per cento: un successo enorme!

Da qui in poi tutto scorre con naturalezza, una concatenazione di progetti e attività sempre più ambiziosi che hanno a cuore il Pianeta. Prima la Fashion Taskforce che mi chiede di mettere in piedi e di presiedere, a cui riesco a far aderire 15 coraggiosi e illuminati ceo di top brand del lusso, da Armani a Burberry a Chloé. Poi l’impegno sottoscritto da tutti i membri sul Passaporto Digitale e adesso un programma di moda rigenerativa, finanziato da Brunello Cucinelli, che mira a ripristinare i paesaggi degradati in aree come l’Himalaya.

Sono solo tappe di un percorso destinato a continuare. Il racconto del Re è appena cominciato. Il racconto del suo amore per la natura, invece, conta già centinaia di pagine. Credo che sarà questo il vero elemento di modernità della monarchia britannica. Re Carlo III può diventare il primo re del clima, il re mondiale della sostenibilità. Io glielo auguro e me lo auguro, per tutti noi e perché è il Pianeta ad averne enorme bisogno.

Ps. C’è un angolo d’Italia nel giardino del Re, è un abete rosso di Paneveggio: è stato il mio ultimo regalo di Natale. Li chiamano alberi di risonanza, perché esaltano il suono. Pare che Stradivari si recasse qui, nella foresta dei violini, per scegliere personalmente il legno delle casse armoniche dei suoi violini. Questa piantina, messa a dimora, unisce le due più grandi passioni del Re, natura e musica. Dopo il mio primo, temerario spremi-dentifricio, ho imparato a conoscerlo meglio…

di Federico Marchetti,
Imprenditore tecnologico e pioniere della moda sostenibile, è fondatore del gruppo Yoox Net-a-Porter, presidente della Fashion Taskforce di S.A.R. il Principe del Galles (oggi Re Carlo III), membro del Consiglio di Amministrazione della Giorgio Armani S.p.A. Nel 2017 è stato nominato Cavaliere del Lavoro dal Presidente della Repubblica Italiana. Nel 2021 ha accettato di far parte del Consiglio di Amministrazione di Highgrove Gardens e del Board of Trustees della Prince’s Foundation.

 

Fonte:https://www.ilsole24ore.com/art/perche-re-carlo-iii-puo-diventare-primo-re-mondiale-sostenibilita-AEjO8p9B