MaTech presenta: l’innovazione fatta materia.
Recuperare conchiglie, per proteggere l’uomo: shellstic, o bioplastica “di mare”
Spesso pensiamo che le idee brillanti stiano nelle nostre teste. Errore: prima di arrivare al cervello, l’intuizione brillante sta nell’occhio, nella semplicità di una risposta già presente in natura, la quale si deve semplicemente riapplicare all’artificialità umana. In testa, per l’appunto: non dentro, ma sopra i nostri crani, come un elmetto a proteggere la nostra preziosa scatola, fatto di gusci di conchiglie. Elmetti di conchiglie: chi l’avrebbe detto che ci saremmo potuti proteggere, così come fanno i molluschi?
Un materiale innovativo al mese, per allargare la prospettiva sul mondo e cercare soluzioni alternative e mirate, con le quali far coesistere essere umano e pianeta Terra in una relazione sana e simbiotica. Per il mese di aprile 2025, MaTech presenta la bioplastica di conchiglia, o shellstic: un composito riciclato di plastica e gusci di conchiglie, in grado di rimpiazzare oggetti e accessori protettivi, secondo il principio dell’upcycling, abbattendo dunque le emissioni di CO2 e riutilizzando il presunto rifiuto, o scarto.
Nella fattispecie, lo scarto principale che compone la bioplastica è la conchiglia di capasanta. Questo perché l’idea di trasformare i gusci dei molluschi in un materiale resistente nasce nel connubio tra il villaggio di pescatori di Sarufutsu, in Giappone, e l’industria chimica Koushi. A Sarufutsu si producono circa 40.000 tonnellate di rifiuti in gusci di capesante. Dal problema, alla soluzione: trovare un’applicazione pratica, per dare nuova vita a materiale destinato alla discarica.
L’intuizione dell’industria chimica ha portato a lavorare le conchiglie, sterilizzandole e poi sbriciolandole in fine polvere di carbonato di calcio. Questa viene poi trasformata in pellet, mescolandola alla plastica riciclata. Adeguatamente modellata, diventa infine un elmetto, che ricorda – sia per materia che per forma – le medesime conchiglie di cui è fatto. È l’origine del progetto Shellmet, il casco che protegge sia le teste, che il pianeta Terra.
Il concetto alla base degli elmetti in conchiglia (e della bioplastica da cui derivano) è quello di biomimesi, una disciplina che basa il proprio studio sui sistemi degli esseri viventi, per incrementare l’innovazione tecnologica e vivere in maniera più sostenibile e simbiotica con il pianeta. Secondo la biomimesi (biomimicry in inglese) la Natura ha già risolto gran parte dei problemi che affrontiamo noi, esseri umani, ogni giorno. Questo perché può contare su 3,8 miliardi di anni d’esperienza. A noi non resta che emulare, adattando problema umano e soluzione naturale nella nostra quotidianità.
Anche la forma “a conchiglia” degli elmetti, e non solo l’upcycling tecnico, segue la biomimesi e permette di aumentare le loro performance di resistenza del 30% circa, rispetto a un caschetto normale. Inoltre, le emissioni di CO2 nella produzione del materiale, e del prodotto finale, si abbatte del 50% (dato approssimato), rendendo questa bioplastica “di mare” ecofriendly e una delle soluzioni più geniali, nel panorama dell’innovazione materiale. Sarebbe bastato, tutto sommato, usare la testa: frugare tra le nostre idee, per cercare il colpo di genio a cui già madre Natura è pervenuta: proteggere le sue creature, unendo i gusci animali, e la plastica dell’essere umano.
di Damiano Martin