“Dai rifiuti otteniamo una pasta morbida che riusciamo a modellare, il tutto con un processo a freddo che permette un notevole risparmio energetico”
Ogni anno a Murano si producono mille tonnellate di scarti di vetro. Un volume pari al Campanile di San Marco a Venezia. Finiscono tutti in discarica. Esiste infatti la falsa percezione che il vetro sia riciclato al 100%. In realtà solo gli imballaggi in vetro lo sono. Tutto il resto finisce in discarica come rifiuto speciale. Davanti a questo problema c’è un designer con l’amore per il Pianeta e per la sua città. Dopo alcune esperienze di studio e ricerca all’estero, rientra in Italia e inventa un modo per ridare al vetro una seconda vita.
Lui è Matteo Silverio, 37 anni, con la moglie Marta Donà nel 2022 ha fondato la startup Rehub. “Abbiamo ideato un processo in grado di trasformare il vetro di scarto in una specie di pasta morbida che riusciamo a modellare a mano, ma anche tramite le nostre stampanti 3D o utilizzando tecniche a iniezione. Tutto a temperatura ambiente. Mixiamo il vetro con dei leganti naturali che lo rendono facilmente lavorabile. Così possiamo realizzare qualsiasi oggetto di design e accessori per il mondo della moda. La stampa 3D del vetro non è una novità, ma esiste come processo a caldo ed è molto energivoro. Noi abbiamo ideato un processo a freddo, che permette un notevole risparmio energetico”.
Rehub ha vinto moltissimi premi, tra cui il premio Green&Blue per l’attività più innovativa contro il cambiamento climatico. Laurea in architettura, nativo ecologista, project manager, Matteo lavora con Carlo Ratti, e con i ricercatori del MIT di Boston.
Oggi è concentrato sulla ricerca e lo sviluppo e sta lavorando a un nuovo processo tecnologico. “Così potremo creare con gli scarti del vetro anche grandi superfici, come il piano di un tavolo o la sua struttura”. Ricercatore all’Università di Venezia, docente al Master in Architettura Digitale, Silverio ha deciso di fondare la sua startup proprio a Murano, la città di Marta, un luogo dove il tempo sembra essersi fermato.
“L’isola ha accolto molto bene il nostro progetto innovativo e questo ci dà la forza per crederci ancora di più. I vetrai ci regalano gli scarti di vetro, divisi per colore”. In questi giorni Matteo sta parlando con i fondi di investimento per chiudere la sua prima raccolta di capitale e con grandi aziende per future partnership. “Rehub oggi riesce a processare 200 kg di scarti al mese. Da questi si ricavano 200 kg di prodotti. L’obiettivo, però, è processare tonnellate di scarti. Abbiamo fondato un’azienda per creare degli utili, facendo però qualcosa di utile al Pianeta. C’era un problema davanti a noi. Nessuno lo vedeva. Siamo partiti da una questione locale, ma ignoravamo che il tema dei rifiuti non riciclabili in vetro fosse così grande. Si stima che in Europa il solo comparto delle costruzioni generi circa 5 milioni di tonnellate all’anno di rifiuti in vetro. La maggior parte di questi finisce in discarica o viene trasformata in semilavorati per l’edilizia, in un processo di down-cycling che non rende giustizia a questo materiale”.
Intanto il team si è allargato con l’ingresso di Erica Villa, divulgatrice scientifica e ora responsabile comunicazione e marketing, e sta anche lavorando a una “linea di produzione semi-industriale in grado di processare una tonnellata di vetro al giorno”. Rehub è un gioco di parole che strizza l’occhio anche al mercato internazionale.
“Il prefisso “Re” è un richiamo alle 4R dell’economia circolare (Reduce, Reuse, Recycle, Recover), mentre con il termine “hub” vogliamo indicare uno snodo. Un luogo dove gli scarti entrano come rifiuti ed escono con una nuova vita. Il nostro sogno? Dare ai giovani l’esempio di un modo più sostenibile e tecnologico di fare impresa, e ai nostri figli un Pianeta migliore di come l’abbiamo ereditato”.