Tempo di lettura: 4 minutiL’Europa guida la rivoluzione contro il fast fashion, con una regolamentazione ferrea pronta a entrare in vigore entro il 2028
Di recente, la crescente consapevolezza ambientale ha spinto l’Unione Europea a introdurre nuove regole sulla sostenibilità che si prospettano destinate a influenzare profondamente l’industria della moda e che hanno l’obiettivo di abbattere o quanto meno cambiare radicalmente il volto del fast fashion. Tra i maggiori responsabili di emissioni e sprechi di risorse dovuti alla produzione di massa, nonché spesso di realtà dannose per la salute del lavoratore, il fast fashion che promuove una moda a basso costo e di bassa qualità ha un impatto fin troppo elevato sulle persone e sul pianeta. Non solo, i ritmi incessanti a cui ci ha abituato nel corso dell’ultimo ventennio hanno profondamente rivoluzionato (in negativo) l’approccio alla moda anche da parte di chi di fast fashion ne farebbe a meno, promuovendo il culto del ricambio continuo e della gratificazione istantanea che portano all’iper-consumismo anche nell’approccio ad altri tipi di acquisti, come la moda vintage. Porre fine al fast fashion è difficile proprio perché ha messo radici solide nel comportamento del consumatore contemporaneo e nella società che ci circonda, risultando particolarmente appealing per le generazioni più giovani, che secondo studi recenti non possono farne a meno. Sradicarlo, per molti, deve essere compito delle istituzioni governative e finalmente sembra che queste abbiano risposto al richiamo, con l’Europa in testa per una regolamentazione più rigorosa della moda.
Il Parlamento Europeo ha infatti di recente approvato una serie di raccomandazioni improntate verso la sostenibilità per aiutare i consumatori a fare scelte più responsabili ed etiche, richiedendo una definizione più chiara del fast fashion secondo criteri di costo, qualità, volume, e l’imposizione di sanzioni e misure più severe per limitare la produzione e il consumo eccessivi. Le normative si inseriscono in un panorama più ampio, che cerca di fissare per le aziende del settore obiettivi climatici quantificabili e giuridicamente vincolanti e requisiti ambientali orientati alla salvaguardia della biodiversità, del benessere degli animali, alla riduzione dell’impiego di microplastiche e sostanze chimiche dannose. Le novità però non si fermano alla sfera ambientale: è stato anche approvato un progetto di legge che richiede alle grandi aziende di vari settori di monitorare attentamente le proprie catene di approvvigionamento al fine di prevenire violazioni dei diritti umani, ridurre l’impatto ambientale e promuovere condizioni di lavoro dignitose. I voti in questo caso, riporta Business of Fashion, sarebbero stati meno decisi: i costi aggiuntivi per le aziende potrebbero renderle poco inclini ad affrontare gli investimenti necessari per conformarsi alle nuove normative. Le misure contro il fast fashion avrebbero invece ricevuto molto più sostegno, con nuove norme che richiedono un approccio più responsabile alla produzione e alla gestione dei rifiuti, nonostante il rischio che le aziende in questione possano comunque trovare nuovi modi per adattarsi a nuove dinamiche tra sostenibilità ed efficienza produttiva che potrebbero rivelarsi dannoso nel tempo è sempre dietro l’angolo.
Ogni anno, in Europa si accumulano 5,8 milioni di tonnellate di rifiuti tessili, circa 11 kg a persona. Ogni secondo, riporta BOF, da qualche parte nel mondo, un camion carico di prodotti tessili viene gettato in discarica o incenerito. Sono dati impressionanti, che le nuove regolamentazioni si impongono di ridurre drasticamente servendosi, se necessario, di multe salate: la Commissione mira a vietare la distruzione dell’invenduto e, per esortare al riciclo, richiederà invece alle aziende di raccogliere una quantità di rifiuti tessili equivalente a una certa percentuale della loro produzione, altrimenti dovranno pagare una tassa per la raccolta da parte delle autorità locali – un 5% circa, con incrementi costanti nel corso degli anni. L’obiettivo è quello di spingere i brand (soprattutto di fast fashion) a produrre capi più durevoli e più facili anche da riciclare se necessario.
Nuove regole affrontano poi anche un altro problema che affligge il mondo della moda, ovvero il greenwashing, che prevede l’adozione di una terminologia fumosa che getta ombra sull’effettiva composizione dei capi e si limita a etichette fuorvianti come “green” o “eco-friendly”, che vogliono dire tutto e nulla e che la Commissione punta a sradicare in favore di una maggiore trasparenza circa la comunicazione delle qualità sostenibili di un certo prodotto.
Non solo la moda usa-e-getta, ma l’intero settore dovrà quindi affrontare diverse sfide nel conformarsi alle nuove regole europee sulla sostenibilità, destinate a entrare in vigore entro il 2028. Innanzitutto, l’implementazione delle nuove norme richiederà una maggiore trasparenza e tracciabilità delle catene di approvvigionamento. Nuove tecnologie saranno necessarie a monitorare l’intero processo produttivo e garantire il rispetto delle regole e alle aziende sarà richiesto di investire ingenti capitali in sistemi di gestione avanzati e collaborare con fornitori e partner per garantire l’adempimento alle normative. Anche l’adozione di materiali sostenibili e pratiche di produzione ecocompatibili saranno finalmente una priorità assoluta per l’industria, rendendo essenziali campi come quello della ricerca e sviluppo per scoprire alternative sostenibili ai materiali tradizionali e adottare processi produttivi a basse emissioni di carbonio.
Sebbene lo sradicamento del fast fashion sia difficile da immaginare – più facile è pensare, appunto, a nuovi metodi di adattamento – quel che è certo è che le nuove regolamentazioni europee sulla sostenibilità indurranno la fashion industry a riconsiderare il proprio approccio e adottare pratiche più sostenibili, con la speranza di approdare a una maggiore consapevolezza e a un cambiamento culturale che promuova una moda più etica ed ecologicamente responsabile, tornando a puntare sulla qualità e sulla durata dei prodotti. Il futuro della moda dipenderà dalla volontà delle aziende di abbracciare il cambiamento e di adottare pratiche sostenibili per un futuro più green.
DI FRANCESCA MILANO FERRI