Il New Yorker vanta una solida tradizione di articoli sulla vulnerabilità del mondo naturale che risale sino ai primi anni Cinquanta. Da quando, però, nel giugno del 1988, James Hansen, uno studioso delle condizioni atmosferiche del pianeta, mostrò al senato americano che il consumo sfrenato di combustibili fossili produceva un inusitato riscaldamento della terra dalle possibili, catastrofiche conseguenze, gli scritti sulla vulnerabilità lasciarono il posto, sulle pagine del New Yorker, ad ampi, meditati reportage sul cambiamento climatico e sui suoi nefasti esiti. Nel 1989 apparve un lungo saggio di Bill McKibben intitolato Riflessioni: La fine della natura. Era la prima accurata analisi, condotta in ambito non scientifico, della sparizione di ogni ecosistema non influenzato dall’attività dell’uomo e, di conseguenza, dei disastri ambientali generati dall’irruzione di tale evento nella storia naturale del pianeta. In quegli anni, tuttavia, in cui non si assisteva ancora allo scioglimento delle calotte glaciali e all’estinzione massiccia di alcune specie, il saggio apparve come una sorta di letteratura fantastica che non offriva altro che uno scenario distopico. Oggi le argomentazioni di Bill McKibben e le previsioni di Hansen -violenti uragani, siccità, incendi e alluvioni- non soltanto si sono dimostrate profetiche, ma in alcuni casi sono state tristemente superate. Ondate di caldo record, livello dei mari in aumento, ghiacciai che minacciano di scomparire, calotte sempre più sottili, estinzioni di numerose specie sono all’ordine del giorno. I reportage, apparsi sul New Yorker dagli anni Ottanta in poi, e raccolti in questo volume, ripercorrono la storia di questa drammatica crisi ambientale. Dalla Groenlandia alle Grandi Pianure, dai sepolcrali laboratori alle foreste pluviali color smeraldo, attraverso gli scritti di divulgatori scientifici, saggisti e altri autori impegnati a “riflettere in mezzo alle intemperie”, i diversi approcci al tema del cambiamento climatico presenti in queste pagine offrono un quadro esaustivo di ciò che ci aspetta nell’immediato futuro. Un quadro che ha un solo scopo: destare un comune desiderio di cambiamento e chiamare all’impegno per cercare di evitare, o almeno saper affrontare, i disastri causati dagli sconvolgimenti ambientali in corso.
D. Remnick – H. Finder (a cura di),
Terra fragile. Il cambiamento climatico nei reportage del New Yorker.
Ed. Neri Pozza, 2021, pagg. 512, euro 23,75.