E così, ci risiamo. Ancora una volta. Ancora lui. Donald J. Trump torna alla Casa Bianca, e con lui torna la più ottusa e pericolosa delle politiche energetiche. Torna l’America delle trivelle, l’America che sventola la bandiera dei combustibili fossili come se fosse l’ultimo simbolo della libertà, l’America che crede che il petrolio sia la risposta a tutto. E il mondo? Il mondo può anche bruciare.
Gli scienziati ci hanno avvisato. Gli ambientalisti hanno urlato. Gli oceani si sono sollevati, le città sono finite sott’acqua, la terra ha tremato, le foreste sono andate in fiamme. Ma niente. I signori del petrolio e del gas non vogliono vedere. Il presidente degli Stati Uniti, con la sua cravatta troppo lunga e le sue mani troppo piccole, sorride e dichiara: “Drill, drill, drill!”. Trivella, trivella e ancora trivella. Praticamente un mantra.
UN MONDO IN FIAMME
La verità è che siamo sull’orlo dell’abisso. Il 2024 è stato l’anno in cui, per la prima volta, la temperatura media globale ha superato di poco l’1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Il limite stabilito a Parigi, il confine oltre il quale gli esperti ci hanno detto che tutto sarebbe andato fuori controllo, è stato oltrepassato. Non nel 2050, non nel 2100. Adesso. Qui. Oggi.
E cosa fanno i grandi della Terra? Chi ha la responsabilità di amministrare al meglio le nostre vite e di proteggerci? Giocano. Giocano con il fuoco, con la nostra pelle, con il nostro futuro. A Baku, in Azerbaigian, durante la COP29, il presidente Aliyev, fiero e arrogante, ha dichiarato che il gas è “la manna dal cielo” e che il suo Paese continuerà a sfruttarlo. ENI, SNAM e le altre compagnie energetiche, con la stessa ipocrisia di sempre, stringono accordi per prolungare di decenni la loro dipendenza dal fossile. E Trump, dall’altra parte dell’oceano, sogghigna: “Trivella, trivella, trivella”.
Intanto, Valencia è stata spazzata via da un’alluvione che ha ucciso 227 persone. L’Europa brucia in estate e annega in inverno. Il continente si riscalda più velocemente del resto del mondo, le città sono impreparate, i governi impotenti. Le guerre, in Ucraina, a Gaza, nel Sahel, drenano risorse che potrebbero essere investite nella transizione ecologica. Ma chi se ne frega del clima quando ci sono bombe da sganciare?
L’AMERICA CHE VOLTA LE SPALLE
E così, mentre il mondo si contorce nella sua febbre, l’America volta le spalle. Ancora una volta, ancora come nel 2017, Trump se ne fregherà dell’Accordo di Parigi. E con esso dell’ultimo barlume di speranza di una politica climatica globale coordinata. Non che l’America fosse il faro della lotta al cambiamento climatico: troppi compromessi, troppe contraddizioni. Ma senza la sua presenza ai Tavoli internazionali, tutto diventerà più difficile.
Non bastava già la resistenza delle lobby del gas e del petrolio. Non bastava l’ipocrisia dell’Europa, che si riempie la bocca di Green Deal e poi cede ai ricatti dei partiti di estrema destra, dei nazionalisti, degli industriali. No, ora ci voleva anche questo: un’America che non solo si tira indietro, ma s’impegna attivamente per distruggere tutto.
E con chi lo fa, Trump? Con la sua nuova banda di negazionisti e affaristi, che sembrano usciti da un incubo. Chris Wright, il magnate del fracking, a capo dell’Energia. Lee Zeldin, privo di qualsiasi competenza ambientale, a capo della Protezione Ambientale, con la missione di eliminare ogni regolamento. Doug Burgum, uomo del petrolio, a capo degli Interni, pronto a svendere le terre federali alle trivelle. È un governo da incubo, un governo che sembra fatto apposta per accelerare la fine del mondo.
EUROPA, È ORA DI SVEGLIARSI
E l’Europa? L’Europa sonnecchia. L’Europa balbetta. E il Parlamento resta bloccato in risse politiche sterili, mentre l’azione climatica si impantana. Il Green Deal rischia di diventare carta straccia, schiacciato dagli interessi di chi vuole fare ancora soldi con il gas, il carbone, il petrolio.
Eppure, un’opportunità ci sarebbe. Se gli Stati Uniti si ritirano, allora l’Europa potrebbe smettere di essere un gigante economico e un nano politico. Dovrebbe diventare una vera Unione. Un’Unione con un budget federale, con una politica energetica unica, con un’ambizione chiara: diventare il primo continente decarbonizzato. Se Trump ci abbandona, allora che l’Europa abbia il coraggio di prendere il testimone. Non per moralismo, non per idealismo, ma per pura sopravvivenza.
L’ULTIMA CHIAMATA
Anche perché siamo arrivati al punto di non ritorno. Gli esperti ci dicono che per evitare il peggio, le emissioni globali devono calare del 43% entro il 2030, del 60% entro il 2035, e arrivare a zero netto entro il 2050. Ma con Trump alla Casa Bianca, con le lobby fossili che dettano legge, con l’Europa che traballa, sembra una missione impossibile.
Eppure, non possiamo arrenderci. Non possiamo permettere che un manipolo di politici ottusi e di imprenditori avidi decida per il resto dell’umanità. Perché non c’è un piano B. Perché non esiste un Pianeta B.
Trump tornerà a trivellare. Tornerà a ridere delle “bufale” sul clima. Tornerà a tagliare regolamenti, a distruggere progressi, a premiare chi avvelena la Terra. Ma la domanda è: il resto del mondo lo lascerà fare? L’Europa, la Cina, i grandi investitori, i cittadini, avranno il coraggio di opporsi e resistere?
La primavera sta arrivando. Ma se non ci svegliamo ora, rischiamo di non vedere più né fiori di pesco né animali uscire dal letargo. Solo ceneri.
di Isabella Zotti Minici