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Basta un click per accettare. E lo spazio senza confini della rete ha moltiplicato le proposte, che spaziano dagli animali selvatici alle piante. Tanto da far nascere il dubbio che il manto solidale nasconda una pratica commerciale innovativa. Qui una selezione di iniziative che si distinguono per finalità sociale

Corre l’anno 1937 quando un giornalista inglese e un lavoratore rifugiato fondano Plan International, con lo scopo di aiutare i bambini in difficoltà per la guerra civile in Spagna. I due si inventano una formula nuova: quella di creare un legame speciale fra un bambino e il suo sponsor, che lo adotta a distanza. Un’idea che ottiene un successo clamoroso. Col tempo, l’idea di offrire il proprio aiuto economico come gesto d’amore e solidarietà ha oltrepassato i confini di specie, estendendosi alle adozioni dapprima agli animali da compagnia per eccellenza, cani e gatti abbandonati, che associazioni oppure singoli gattili e canili propongono.

Le adozioni superano i confini di specie
Oggi con la complicità della rete hanno preso il volo un’infinità di progetti, che consentono adozioni a distanza di animali selvatici o da fattoria. Ma anche adozioni di pecore transumanti, orti e alberi. Viaggiando sul web, qualche dubbio può sorgere. Un’adozione a distanza comporta sempre una donazione in denaro, in cambio della quale si ottengono merci. Per esempio, se adotto una mucca riceverò prodotti caseari. Insomma, può sembrare un’operazione commerciale mascherata con buone intenzioni.
Cosa ci spinge ugualmente ad aderire? «L’acquisto di un prodotto può avere molti significati. Può rispondere a bisogni funzionali ma anche a obiettivi simbolici» spiega Nadia Olivero, professoressa di Psicologia dei Consumi all’Università di Milano Bicocca. «Ogni scelta per acquisire un oggetto o un servizio esprime qualcosa di chi la compie: è un atto utile alla propria identità e alla comunicazione di essa agli altri».

Una varietà di offerte
La nostra identità è in perenne cambiamento. «Gli atti di consumo, anche culturali, ci rappresentano. In quest’ottica, le adozioni a distanza che sono un atto di beneficienza sono un modo di partecipare a valori di solidarietà oppure di sostenibilità, e soddisfa il nostro bisogno di donare, un modo di esprimere gratitudine, di sentirci più buoni». Olivero non è sorpresa dalla varietà di offerte presenti in rete, che partono da singoli operatori ma anche da piattaforme che convogliano le proposte di realtà diverse.
Se c’è l’esigenza, il mercato risponde. Abbiamo selezionato alcuni progetti che attraverso le adozioni lavorano per un mondo migliore. Le finalità sono sociali, educative, di rispetto della natura o degli animali. E che offrono la possibilità di un coinvolgimento attivo degli adottanti. In fondo, la generosità può andare a braccetto con il desiderio di vivere esperienze diverse, magari anche con i bambini.

Adozioni: una coccola all’asinello
Una volta, somari e muli erano essenziali nel mondo agricolo. Oggi questi animali faticano a trovare spazio. A volte vengono abbandonati, o sono sottratti ai proprietari perché maltrattati, o lasciati a se stessi quando i loro umani non se ne possono più occupare. Il Rifugio degli Asinelli di Sala Biellese (Biella) è la sede italiana di The Donkey Sanctuary, un’associazione inglese che dal 1969 si occupa di somari in difficoltà.

«Abbiamo 107 animali, per lo più asini, il resto sono muli e un pony» racconta Chiara Acquadro, del Rifugio degli Asinelli. «Qualcuno è nato qui da noi, quando è capitato di ricevere asine incinte. Al momento, per motivi logistici, non riusciamo ad accoglierne altri». Gestirli non è uno scherzo: occorre personale che se ne occupi ogni giorno, servono fieno e paglia,e anche cure veterinarie. «L’adozione è un modo per darci una mano. Con 36 euro al mese – una somma simbolica – si adotta a distanza una delle nostre otto mascotte che si vedono sul sito e si riceve via mail un certificato. Ovviamente il denaro non serve per il singolo asino, ma per tutti».

Chi volesse un rapporto più esclusivo, può diventare adottante per un anno di un singolo asinello, con 1500 euro, che è la somma necessaria al suo mantenimento. Per pochi appassionati c’è la strada dell’affido: chi vuole ospitare una coppia di asini nel suo giardino, può fare domanda e mantenere gli asini per la durata della loro vita. Con un’adozione semplice si può partecipare alle giornate di open day del Rifugio (un fine settimana al mese, segnalato sul sito) per visitare gli asinelli con i bimbi e fare loro qualche coccola, gradita quasi da tutti, mentre si trovano liberi nei loro recinti.
Info: info@rifugiodegliasinelli.org

Salviamo le api (e il pianeta)
Adotti un alveare e sei ricompensato in barattoli di miele: così alcuni siti invitano alla difesa degli impollinatori e della biodiversità. «Questo tipo di adozione mi sembra più di sostegno all’attività apistica che alle api» commenta scettica Barbara Bonomi Romagnoli, apicoltrice romana e giornalista. «Queste ultime non si salvano con l’adozione dell’alveare, ma ripensando al nostro impatto sul pianeta, esigendo un’agricoltura con meno uso della chimica, oppure contrastando il cambiamento climatico. L’aumento della siccità influisce sulla salute delle api e di conseguenza sulla produzione di miele». Bonomi Romagnoli è più favorevole alle adozioni che includono nel progetto, per esempio, attività didattiche con i bambini. Oppure che hanno anche una finalità sociale.

Un bell’esempio è quello della COpAPS di Sasso Marconi (Bologna), una cooperativa sociale e agricola nata nel 1979 che offre lavoro a circa 130 persone, di cui 35 con disabilità psichica e altre forme di disagio. «Il nostro progetto “Adotta un’arnia” prevede un versamento di 100 euro all’anno. Consente di ricevere il certificato di adozione con il nome dell’ape regina e il luogo in cui si trova l’arnia col nome dell’adottante, e 7 chili di miele bio prodotto dalle nostre api» spiega Francesca Mantovani, socia di COpAPS.

«Gestiamo il Parco della Chiusa di Casalecchio di Reno, certificato bio, dove si trovano molte delle nostre arnie. Facciamo la manutenzione del verde e curiamo le coltivazioni, che includono essenze aromatiche e nettarifere, come lavanda, rosmarino, salvia, borragine, ottime per gli impollinatori. Le arnie sono costruite da ragazzi con disabilità che lavorano in falegnameria. E anche la gestione delle essenze nel parco prevede la presenza di squadre con altri giovani svantaggiati».

Insomma, adottare un’arnia significa dare una mano a persone che per la loro situazione faticherebbero a trovare un’assunzione altrove. «Il lavoro all’aperto è ideale: non ha ritmi pressanti e presenta una certa ripetitività, il che consente di ridurre l’ansia. Quando tutto funziona, si riesce ad abbassare anche la dose dei farmaci» puntualizza Mantovani.

Gestiscono anche le api? «No, interagire con uno sciame non è per tutti, c’è un apicoltore. Alcuni aiutano a mettere nei vasetti il miele e a incollare a mano le etichette sui barattoli».
Info: didattica@copaps.org

Gli ulivi in Salento
In cinque anni il batterio Xylella ha sterminato 21 milioni di alberi in Salento, da cui proveniva il 50 per cento della produzione di olio di oliva pugliese. Ha messo in ginocchio gli agricoltori e ha distrutto una coltura secolare che è anche cultura e tradizione. E ha devastato il paesaggio, costellato di scheletri di ulivi morti. Due anni fa è nata l’associazione no profit Olivami con sede a Martano (Lecce) con lo scopo di riforestare il Salento con nuovi ulivi. «Esistono due varietà, la leccina e la favolosa, che tollerano il batterio» spiega Chiara Nocco di Olivami.

«Le acquistiamo da vivai pugliesi e calabresi, dandole da piantare ai piccoli agricoltori locali». L’operazione si basa sulle donazioni raccolte con “Adotta un ulivo”. «Con 31,79 euro all’anno si pianta un albero e si riceve 1 litro d’olio dall’ulivo adottato, già produttivo. La bottiglia, che può essere ritirata venendo a visitare il proprio albero oppure spedita, ha un valore simbolico: è l’adesione al progetto di rinascita del territorio, che non a caso ha come motto “Salva il Salento”».

Se l’adozione prosegue, man mano che la pianta cresce aumenta la quantità di olio evo che si riceve. «Abbiamo oltre 30mila alberi già messi a dimora e adottati». È un contributo anche al problema dei gas serra: ogni ulivo, durante la sua vita, in media assorbe 300 chili all’anno di CO2.
Info: info.olivami@gmail.com

La pecora baluardo dei monti
Anversa degli Abruzzi (L’Aquila) è un borgo di 200 abitanti. Qui 25 anni fa l’agronoma toscana Manuela Cozzi fonda un’azienda agricola per valorizzare le risorse di un territorio montano incontaminato, ma in fase di spopolamento. Ci è riuscita: la Porta dei Parchi offre 20 posti di lavoro in numerose attività, dall’agricoltura all’ospitalità, dalla fattoria didattica alle proposte ludico ricreative per anziani e persone fragili. Le pecore sono gli animali del cuore di Manuela: l’azienda ne ha 1400, affiancate da 300 capre, tutte allevate in modo estensivo con la transumanza verticale, che le vede pascolare a 700 metri d’inverno e a 1800 d’estate. «Con l’iniziativa “Adotta una pecora” si riceve il certificato di adozione con il nome dell’animale, che si può venire a trovare» spiega Manuela Cozzi.
«È un’esperienza che consente di riappropriarsi delle radici del nostro cibo e del contatto con la natura». Le quote variano da 75 a 190 euro all’anno, cui corrisponde un pacco di prodotti di un consorzio di produttori locali, dal formaggio di pecora all’olio o al miele, ritirabili in azienda o spediti a casa. «Lo scopo è far rivivere tutta la microeconomia del territorio». Le pecore allevate allo stato semibrado sono le custodi della montagna: aiutare la pastorizia significa proteggere il territorio da incendi e dal degrado, favorire la biodiversità. Cozzi, tra l’altro, tutela le pecore anziane non più produttive, evitando di macellarle. Ci sono anche adozioni vegetariana. Le pecore di Manuela sono coccolate anche d’inverno. «Nella stalla ciascuna ha almeno 2 metri quadri, uno spazio superiore allo standard richiesto per il benessere animale».
Info: info@laportadeiparchi.it

Adozioni a distanza: un pollaio per fare comunità
A sud est di Milano, negli ultimi lembi del Parco Agricolo Sud che confina con le zone di Corvetto, Vigentino e Chiaravalle, su terreni del Comune di Milano, dal 2019 è partito un progetto per ricreare un sistema agroforestale. L’associazione e cooperativa sociale Soulfood Forestfarms ha piantato alberi da frutto consociati con pioppi, platani e salici, e arbusti, come i sambuchi. La natura è capace di ricreare un sistema dove ogni elemento ha un ruolo.

«Gli alberi fanno una leggera ombra e proteggono le piante da frutto da eventi climatici estremi» spiega Alessandro Di Donna, fondatore e presidente di Soulfood Forestfarms. «Il sottobosco difende il suolo, consentendo temperature più basse del terreno.Tutti questi effetti li misuriamo e li studiamo con l’Università di Milano». In un’ottica di agricoltura rigenerativa, che ridà vita al suolo, si è pensato di inserire in questo luogo delle galline che razzolando hanno effetti benefici sul suolo.

Per finanziare il progetto, è stato lanciato un crowdfunding, che ha ampiamente superato i 20mila euro previsti, ai quali il Comune di Milano ne ha aggiunti 30mila. E nel 2023 sono arrivate le prime galline. «Oggi abbiamo circa 40 galline di razza autoctona Milanino, più 120 di altre razze» continua Di Donna. «Si possono adottare: costa 170 euro all’anno e si ha diritto a circa 250 uova. Il numero varia a seconda di quante ne vengono deposte». Le galline, che avrebbero dovuto razzolare in totale libertà, al momento stanno all’aperto ma sotto “tunnel” coperti da teli, per proteggerle dal rischio di aviaria.

«C’è chi ritira le uova tutte le settimane venendo in bicicletta, chi invece delega a persone del quartiere. L’adozione aiuta così a creare una comunità in cui ci si conosce e si partecipa a iniziative. Alcune scuole in zona hanno adottato una gallina e le classi vengono a farle visita. Le uova non distribuite vengono date a persone fragili o a famiglie poco abbienti». In ogni caso, non sono vendute: il progetto è senza scopo di lucro.
Info: adottaunagallina@soulfoodforestfarms.it

Qui la spesa si fa nell’orto
Vedere gli ortaggi che crescono e gustarli dopo averli raccolti con le proprie mani. Il progetto “Adotta un orto“, lanciato dall’azienda agricola Terra & Acqua di Cascina Santa Brera a San Giuliano Milanese, non consiste solo nel pagamento di una quota per avere delle verdure fresche a chilometro zero. «Partecipare a quest’iniziativa consente di osservare il passaggio delle stagioni, riavvicinarsi alla terra e ricevere quello che ci dà» sottolinea Irene di Carpegna, fondatrice e titolare dell’azienda agricola.

«È educativo, soprattutto per i bambini». Non si tratta di fare l’agricoltore: l’orto, un ettaro, è piantato e seguito dal personale, che semina di tutto: cavoli, insalata, radicchi, porri, cipolle, spinaci, broccoli… La quota delle adozioni varia da 500 euro a semestre, per una famiglia di quattro persone, a 250 euro, per un single. «L’adottante può venire quando vuole a raccogliere, anche due volte alla settimana, tutto ciò che desidera» continua di Carpegna.

«L’unico vincolo è quello del fabbisogno proprio. Non si raccoglie per dare la verdura ad altri e si cerca di evitare lo spreco. Le persone restano stupite della differenza di sapore della verdura quando viene raccolta matura al punto giusto e consumata subito». I due semestri vanno da settembre a marzo e da marzo a settembre: entrambi hanno un periodo di abbondanza e uno di carenza. Insomma, si impara ad aspettare e a rispettare la stagionalità.
Info: info@cascinasantabrera.it

Produci il “tuo” Barolo
Adottare 15 metri di filare nelle Langhe, per stappare pregiate bottiglie di vino. Con etichette personalizzate.
È la composizione del terroir a rendere unico un vino. In Italia, il legame fra il paesaggio delle Langhe con il suo ecosistema e il Barolo è indissolubile. Per i wine lover che hanno a cuore questo mondo e questo vino esclusivo, prodotto con uve di Nebbiolo, la cantina Josetta Saffirio di Monforte d’Alba ha ideato una modalità innovativa di coinvolgimento. L’iniziativa “Adotta un filare” offre la possibilità di adottare 15 metri di filare Barolo e di essere convolti in varie fasi di vita della vigna: potatura, vendemmia, sfogliatura, a contatto con esperti come l’agronomo, l’enologo e la stessa titolare, Sara Vezza. Le quote oscillano dai 400 ai 600 euro all’anno (le più costose sono due vigne particolari). Il pacchetto prevede anche alcune bottiglie di Barolo DOCG con etichette personalizzabili, un reportage periodico sulla vigna, l’iscrizione al Wine Club e inviti per eventi esclusivi.
Info: info@adottaunfilare.com

di MARIA TATSOS

 

Fonte: https://www.iodonna.it/lifestyle/animali/2024/10/13/adozioni-a-distanza-vuoi-adottare-una-gallina/